☆═━┈twenty two┈━═☆

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xxii.
wonderwall

Millie

«Che stai facendo?» chiese, quasi rimproverandomi. Le mie iridi incontrarono i suoi occhi color pece: erano rassicuranti, e spiccavano tra il grigio che mi avvolgeva.

La visione di Finn mi rincuorò un po'; l'ombrello nero che manteneva saldamente nella mano destra per proteggermi dalla pioggia e il suo sguardo preoccupato bastarono a ricordarmi di contare qualcosa per qualcuno.

Contare qualcosa per qualcuno? Non avevo mai pensato di poter contare qualcosa per Finn, l'odioso cattivo ragazzo della scuola; eppure era lì, con il suo volto rassicurante e la sua espressione preoccupata. Non mi aveva superata a passo svelto chiedendosi se fossi impazzita, quella volta non mi aveva presa in giro e non aveva riso di scherno alla mia visione.
Io...contavo qualcosa per Finn?

«Lasciami in pace.» lo freddai distogliendo lo sguardo, ma entrambi sapevamo che, dal profondo del mio cuore distrutto, gli stavo gridando di rimanere.

Finn sembrò capirlo, infatti il suo volto si illuminò al suono di una breve risata:
«Ti ho già detto che so riconoscere i bugiardi.» rispose e, al contrario di come pensavo, fece per sedersi accanto a me. Era la prima persona che rimaneva nonostante le mie parole taglienti.

«Fermo, lì è bagnato-»

«Non mi importa.» si poggiò alla panca gelida, i ricci corvini adesso inumiditi dal clima piovoso. Qualcosa mi colpì particolarmente: Finn non odorava più di fumo, bensì di un aroma delicato, confortevole, quasi autunnale.

«Mettitelo.» disse poi distogliendomi dai miei pensieri, mentre mi porgeva il suo cappotto scuro.

Schiusi le labbra, spostando lo sguardo dal caldo indumento agli occhi color pece di Finn; perché si comportava in modo così carino con me?

«Morirai di freddo.» ribattei, pentendomi per l'ennesima volta della mia risposta.
E lui per l'ennesima volta non mi ascoltò, non diede peso alle mie parole gelide, così rispose con fare serio:

«Non mi interessa. Devi metterlo.»

Sotto il suo sguardo autoritario, afferrai il cappotto nonostante detestassi gli ordini, e lo appoggiai sulle mie spalle infreddolite; l'indumento mi donò immediatamente una confortevole sensazione di tepore, di casa, riuscendo a scaldarmi anche il cuore.
Il suo aroma così sottile, particolare, mi avvolse completamente; il disgustoso odore di fumo era ormai solo un ricordo lontano, che arrivava appena alle mie narici.

«E adesso dimmi che ci fai qui.» continuò con quell'odioso tono dispotico da prepotente, tanto in contrasto con le sue gentili intenzioni.

«Tu cosa ci fai qui?»

«Io camminavo da comune essere umano con un ombrello ed un cappotto, sei tu quella che dovrebbe rispondere alla mia domanda in questo momento.» mi rispose indisponente, squadrandomi con attenzione.

Irritata, risposi con una smorfia.
La vicenda di Sadie sembrava sempre più lontana, e il dolore stava lentamente svanendo senza che me ne accorgeressi neppure; perché la verità era che la causa era stata davvero Finn, la sua insopportabile indisponenza, le sue odiose risate di scherno, le migliaia di lentiggini che tempestavano quel viso fin troppo spigoloso, quasi scultoreo, quei suoi ridicoli, perfetti ricci e, Dio, quegli occhi così duri, impenetrabili, quei pozzi scuri così profondi in cui amavo tanto perdermi.
Era stato lui la causa, ed il suo pensiero che mi tormentava troppo, fin troppo spesso.

«Finn...» lo richiamai in un sussurro, e fu sufficiente per attirare la sua attenzione.
«Io... non so nemmeno più perché sono venuta qui.»

Scorsi le sue labbra incurvarsi appena in un lieve sorriso, probabilmente perché non riusciva più a mantenere quell'aria severa di fronte alla mia espressione spaesata, innocua, ormai disarmata dai suoi modi di fare.

«Ti ammalerai» disse mentre mi stringevo nel cappotto. I vestiti fradici iniziavano ad essere fastidiosi.

«Torna a casa» disse poi, e questa volta non fu l'autorità a trasparire, bensì un tono appena preoccupato, quasi affettuoso.

Annuii, rabbrividendo dal freddo della sera. La pioggia picchiettava con meno intensità sull'ombrello scuro, e feci per tastare le tasche alla ricerca delle chiavi, quando, con un tuffo al cuore, sbottai:
«Cazzo!»

Non notai nemmeno l'occhiata interrogativa di Finn, troppo indaffarata ad incolparmi per la enorme cretinata che avevo combinato senza nemmeno pensare.

«Cazzo... Cazzo! Sono una cogliona, sono proprio una-»

«Che stai dicendo?» mi interruppe.

«Non ho le chiavi e quelle due sono andate alla festa di compleanno di Stacy, l'amica di Ava!» mi lamentai, tastando disperatamente le tasche nella speranza di trovare ciò che sapevo di non avere con me.

«Tuo padre?»

«A lavoro.»

«Uhm, tuo fratello?»

«Studia all'estero.» risposi prontamente, per poi interrompermi:
«Aspetta, e tu come fai a sapere che ho un fratello?»

Finn scoppiò in una fragorosa, solare risata, che un po' fece sorridere anche me; tuttavia, non mi diede alcuna risposta, e deviò velocemente l'argomento:

«Beh, vieni da me allora»

«Da... te?» schiusi le labbra, mentre il mio cervello, in tilt, cominciava a perdere il controllo. Milioni di pensieri, preoccupazioni, e un pizzico di desiderio lottavano nella mia mente per guadagnarsi la meglio su di me.

«Vuoi restare tutta la sera fradicia ed al freddo?»

«Almeno c'è qualcuno in casa?»

«Che c'è, hai paura che ti stupri?» inarcò le sopracciglia, trattenendo appena una risata.

«Dopo quello che mi hai detto nello sgabuzzino, si!» esclamai rossa in viso in risposta.

«Oh mio Dio, non dirmi che l'hai davvero presa sul serio!» questa volta non riuscì a trattenersi, e si alzò dalla panca bagnata mentre sghignazzava. Mi porse poi la mano come per invitarmi ad alzarmi, e mi ci volle qualche secondo per realizzare cosa quel palmo aperto potesse significare.

Quando mi accorsi delle sue intenzioni arrossii inevitabilmente, e, sebbene con un attimo di esitazione, le nostre mani si incontrarono.

Mi sollevai in piedi nonostante le mie gambe fossero sul punto di cedere: il contatto tra le nostre mani fu breve ma intenso; realizzai che i nostri palmi, le nostre dita non si erano mai sfiorati prima, e per un attimo percepii la sensazione del mio cuore, del mio stomaco sprofondare.
Perché in quel momento Finn era così diverso, ai miei occhi?

where the lanters end up [fillie] Where stories live. Discover now