prologo

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Dice che era un bell'uomo e veniva
Veniva dal mare
Parlava un'altra lingua
Però sapeva amare
E quel giorno lui prese a mia madre
Sopra un bel prato
L'ora più dolce prima d'essere ammazzato

Dice che era un bell'uomo e venivaVeniva dal mareParlava un'altra linguaPerò sapeva amareE quel giorno lui prese a mia madreSopra un bel pratoL'ora più dolce prima d'essere ammazzato

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DUE FORTI BRACCIA MI SPINGONO nell'acqua e nel momento in cui la freddezza della linfa mi avvolge, realizzo che presto morirò.

Tra qualche attimo galleggerò come un'alga, non sarò altro che un ammasso di carne e ossa pronte a marcire nelle correnti.

Tuttavia voglio che qualcuno mi tiri su, voglio essere salvata, continuare a vivere per mantenere la promessa fatta a mio padre, che fino a qualche mese fa non conoscevo nemmeno.

Comincio a muovere le braccia e le gambe in uno spasmodico movimento disperato mentre cerco di nuotare verso la superficie.

Sollevo il braccio e vedo una mano quasi tirare la mia; so di chi è, purtroppo solo ora mi rendo conto che avrei dovuto stringerla più spesso.

Lui è rimasto al mio fianco, nonostante io abbia sempre cercato di allontanarlo ogni dannata volta.

Invece ora, per ironia della sorte, l'unica cosa che desidero è aggrapparmi a lui, dirgli che mi dispiace, e non lasciarlo mai andare; ma una forza sconosciuta mi trascina verso il basso e io non riesco a ribellarmi.

Lentamente la confusione e i suoni caotici, di voci urgenti e lontane si affievoliscono a un basso ronzio, mutando gradualmente in silenzio.

Strane ombre danzano dinanzi a me, tuttavia non riesco a ricordare se i miei occhi sono aperti o chiusi; ogni cellula del mio corpo sta pulsando alla ricerca di ossigeno.

L'incredibile pressione mi comprime il petto, mandando a fuoco i polmoni.

Il mio cuore martella in preda al panico, aumentando di intensità e velocità, come un uccello intrappolato in una gabbia.

Sto trattenendo il respiro da troppo tempo. I miei pensieri stanno divenendo confusi a causa dell'asfissia; non voglio morire in questo modo, almeno non prima di aver ucciso il bastardo che ha distrutto la mia esistenza.

Apro la bocca, ansimando, solo che invece di prendere una boccata d'aria, inghiottisco un getto d'acqua dolce, assaggiando il bacino sudicio, sporco e inquinato.

Urlo, emettendo una serie di bollicine mentre un senso di angoscia prende controllo del mio corpo, che percepisco terribilmente leggero.

Sto andando alla deriva, raggiungendo lentamente l'abisso, finalmente la mia schiena urta contro il fondale del lago.

D'un tratto mi sento intorpidita mentre attendo rassegnata che la morte venga a rapirmi; sto piangendo ma l'acqua nasconde le lacrime.

La vista si offusca mentre la mia coscienza vacilla, fluttua attraverso uno spazio vuoto, nel quale i labili battiti del mio cuore mi riecheggiano nelle orecchie, accanto a sbiadite richieste d'aiuto.

Non fa male come pensavo, non ho più paura, in realtà è quasi...pacifico.

Esalo l'ultimo respiro che si solleva in un affascinante flusso di bolle.

Cado sempre più nell'oscurità finché non mi inghiottisce completamente.

Ma per qualche strano motivo è come se non me ne fossi andata veramente.

Venne dal mare Donde viven las historias. Descúbrelo ahora