Santa Monica

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CUORI IN TEMPESTA

Santa Monica

     I ricordi battono dentro di me come un secondo cuore.
(John Banville)

Malgrado abbia gli occhi aperti già da un po', lascio che la sveglia suoni per qualche istante.

Questa mattina mi sento un po' pigra. Vorrei rimanere chiusa in camera a vedere film e baciare all'infinito una certa persona.

Mi sento così euforica e felice che mi do due bei pizzichi sulle guance per accertarmi di essere sveglia, di vivere in una realtà concreta e reale e di non star vivendo solo un sogno, un bellissimo sogno.

Dal fastidio che il pizzicore mi provoca sulla pelle , dal calore dei primi raggi solari che mi riscalda le mani posate sul grembo, e dal canticchiare degli uccellini fuori dalla finestra, deduco che no, è tutto vero!

Io, Monica Ranieri, diciotto anni, sognatrice a tempo indeterminato, stramba ragazza con troppe insicurezze, sono riuscita a riavere nella mia vita un pezzo del mio cuore di inestimabile valore, strappatomi troppo presto per uno stupido gioco del destino. Tutto grazie a mio nonno, alla sua idea di volerci nel suo prezioso vigneto, dalla sua fiducia in due testoni che hanno ancora troppo da imparare dalla vita, dalla sua speranza verso l'amicizia pura e verso l'amore vero.

Vorrei urlare dalla felicità, ma forse è meglio di no. Non vorrei che il nonno e Pietro si allarmassero inutilmente.

Tuffo la testa sul mio cuscino e poi rotolo sul materasso, sentendomi come una bambina la mattina di Natale, con il cuore leggero e le farfalle nello stomaco così emozionate da poter batter forte le loro ali e farmi volare.

Mi concedo qualche altro secondo per fantasticare, poi quando  la sveglia si fa insistente e le mie orecchie implorano pietà, decido di tornare  nel mondo reale.

Mi stropiccio gli occhi e ,con un sorriso stupido sul viso, mi  metto in piedi e ciabatto verso l'armadio per scegliere i vestiti del giorno. Ieri non è stato proprio tra i miei pensieri pensare a queste cose.

Quando vado in bagno, faccio una doccia fresca, mi vesto, lego i capelli in una treccia e poi, prima di uscire, osservo come tutto ciò che appartiene a Gioacchino: la sua schiuma da barba, la sua spazzola, il suo profumo e tutto il resto, si abbini perfettamente con le mie cose. Adesso non c'è più armonia solo tra loro.

Sorrido ancora e poi decido di andare a fare colazione.

Il nonno e Pietro stanno mettendo a posto le loro sedie quando mi vedono.

-Ciao nipote!

-Buongiorno Monica!

Mi salutano con un sorriso caloroso.

-Buongiorno.- ricambio il saluto e scocco un bacio sulle guance di entrambi.

-Che bel sorriso che hai questa mattina. Hai fatto qualche bel sogno?- mi domanda l'amico del nonno.

Annuisco, un po' imbarazzata. Non sono ancora pronta a raccontare loro ciò che è successo tra Gioacchino e me. Probabilmente lo capiranno da soli.

-Sono felice di vederti così sorridente, Monica.- il nonno mi si avvicina e mi dà un pizzico sulla guancia. Poi fa un occhiolino e mi guarda dritto negli occhi.

Ricambio lo sguardo e gli sorrido.

Sono abbastanza sicura che non ci sia bisogno di spiegargli nulla. Ha capito già tutto. E anzi, anche se non so di cosa abbiano parlato lui e Gioacchino, sono certa che sia grazie a lui se tutto è andato per il verso giusto.

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