Non farti usare

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Oggi Marta mi ha chiesto come stesse andando con M. Le ho detto che non lo so nemmeno io e che non riesco a capirlo. Probabilmente ho solo capito che la monotonia nella sua vita comincia a pesargli e che si sente abbastanza trascurato, soprattutto dalla sua ragazza. Durante l'ultima chiamata mi ha detto espressamente che dopo il lavoro era passato da X, ma, siccome lei era troppo presa a vedere un film per considerarlo, ha pensato di lasciarla lì, tornare a casa e chiamare me. Racconto a Marta la mia impressione senza riferirle di questa conversazione e subito esplicita il quo pensiero su M: non le piace. Mi mette anche in guardia sul non farmi usare da lui. Sono consapevole del fatto che lui mi stia usando per sentirsi meno solo, ma so anche che non è una cosa univoca perchè io stessa in qualche modo lo uso, forse proprio per lo stesso motivo. Quindi la cosa mi sta bene, non ci do troppo peso.     

Questa convinzione dura fino a sera. M mi scrive finito il suo turno al lavoro. Non ho voglia di parlarci perché la giornata non è stata delle migliori: l'ho passata a letto per il fatto che non stavo bene e in più nessuna delle mie amiche del Collegio si è fatta viva (una è qui a Milano dal proprio ragazzo da giorni ormai, l'altra è a casa, e l'altra ancora è in Israele). Gli rispondo solo per cortesia, un po' a monosillabi. Mi chiama. Gli scrivo che non mi va la videochiamata stasera. "Allora chiamata normale?". No, non mi va proprio. Finalmente si accorge che qualcosa non va e mi chiede che succede. "Niente. Oggi non sono stata bene e ora sono solo molto stanca." A lui non parlo mai lontanamente della mia malattia o dei miei sintomi. Ho sempre pensato che se in tutto questo tempo non gli è mai venuto in mente di chiedermi qualcosa, è solo perché non gli interessa, non reputa la cosa importante. Oggi decido di dirglielo pensando che magari, visto che la nostra amicizia si sta rafforzando, possa supportarmi un po' in questa giornata no. Anche semplicemente sentire di avere vicino qualcuno.

Mi risponde chiedendomi se ho l'influenza.

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Io boh. Non capivo se credere o meno a quel messaggio. Ma è stupido? Ma poi... chi cazzo prende l'influenza a maggio? Mah. Gli rispondo proprio così: "chi cazzo prende l'influenza a maggio?"

"Non sei stata bene a causa della tua malattia?" si sveglia.

"Già" rispondo.

"Cazzo, mi spiace"

"Non lo pensi davvero." Sperando mi risponda dicendo che ho torto e che non posso permettermi di mettere in discussione quello che pensa. Sperando che mi chieda qualcosa di più o che mi consoli.

E invece no, dopo un po' mi risponde con un "Ti lascio in pace, sarai stanca."

Mi sembra ovvio che non ci stiamo usando a vicenda.

Considerazioni dei giorni successivi •

Mi rendo conto che volevo solo metterlo alla prova. Un comportamento da stronza insomma. Però il fatto che lui non abbia superato questa prova neanche lontanamente conferma ciò che pensavo di lui. Appena la situazione si fa complicata, o meglio, appena io mi faccio più complicata, lui fugge.
Ovviamente speravo fosse solo il suo primo impulso e che poi il giorno dopo mi avrebbe scritto cercando di tornare sull'argomento e di avvicinarsi. Ma io sono un'illusa.
Nessuno dei ragazzi con cui ho avuto a che fare in questi anni si è mai preso la briga di chiedermi come stesse andando dal punto di vista della malattia. Solo L, la mia cotta dei primi anni delle superiori, mi chiese qualcosa nel periodo in cui mancavo da scuola e non avevo ancora iniziato nessuna terapia. Un giorno mi scrisse per sapere che fine avessi fatto. Lo fece con quel modo tutto suo: smorzando la cosa, ma senza ridurla troppo o usare troppa ironia facendola sembrare una barzelletta. In quei giorni cupi, quel semplice scambio di messaggi fu un barlume di luce.
Comunque, a parte questo e pochi altri episodi con L,  l'argomento "malattia" era intoccabile per i ragazzi. Non so per quale motivo... forse perché rendeva la situazione più complicata. E si sa che le cose complicate non piacciono alla gente.
Posso anche capire che uno non se la sente di affrontare certi discorsi, ma a qual punto non mi si deve dire che si tiene a me. Se una persona tiene a qualcuno dovrebbe voler anche condividere anche i dolori,  oltre le gioie. È proprio per la "pesantezza" dell'argomento che uno dovrebbe cercare di alleggerire chi ha davanti, prendendosi un briciolo di quella pesantezza.
Vedere che stai trasportando un masso e, visto che non si ha la forza di aiutare, quanto meno stare lì a dire "non posso aiutarti, ma ci sono". Voltarsi dall'altra parte e andarsene facendo finta di non aver mai visto quell'enorme masso è da veri coglioni.

Più ci rifletto e più penso che a M non interessi niente. Come può dire di tenere a me e allo stesso tempo non sapere neanche se sono guarita o meno?
Mi incazzo sempre di più. Soprattutto vedendo che non accenna a farsi vivo.

Sono passati tre giorni. Potrei aspettare che mi scriva lui, fare finta che non sia successo niente dentro di me e tornare a com'era prima: la malattia è un argomento intoccabile tra noi.
Questi non fa bene a me, è ovvio, ma altrimenti penso che la nostra amicizia non potrebbe andare avanti se non facessi questo passo indietro. Che poi... a questo punto in cosa consisterebbe la nostra amicizia?
Vorrei solo chiarire tutto.
E l'unico modo è parlarne con lui forse.

È da poco passata la mezzanotte. Lo chiamo su FaceTime. Squilla una volta e mi rendo conto che sto facendo una cazzata, potrei sembrare patetica. Riattacco.
"Speriamo che sia occupato a fare altro e che non se ne sia nemmeno accorto."
Passa qualche secondo e mi richiama.  Rispondo.
"Ei, scusami... ti ho disturbato?" Gi chiedo.
"No, tranquilla, stavo giocando, ma dimmi"
"Come va?"
"Tutto bene. Tu? Ti è passata?"
"Si, sto bene. Volevo..." volevo cosa?! E mentre sono in estrema difficoltà nel cercare di spiegare al meglio quello che sento, appare sullo schermo "in pausa". Me ne sto zitta. Glielo faccio notare.
"Ah si, sto controllando un messaggio" mi dice.

"No ma tranquillo, non curarti di me che ti voglio parlare." Penso, ma gli dico "forse l'altro giorno sono stata un po' stronza a risponderti in quel modo."
"No, ma tranquilla, ho immaginato che fossi scazzata e ti ho detto che ci saremmo sentiti il giorno dopo, ma poi non sapevo quanto ti ci voleva perché tu stessi meglio e quindi ho aspettato che ti facessi sentire tu."
"Forse non sai quanto tempo perché non me l'hai mai chiesto." Ribatto.
"Ok, quanto tempo dura la cosa?"
"Non è questo... il fatto e che in tutto questi anni non mi hai mai chiesto niente."
Segue spiegandomi che lui non voleva essere invadente o tirare fuori argomenti dei quali non avrei voluto parlare. Che è un argomento delicato e che non si può chiedere a una persona normalmente. Io cerco di spiegargli il mio punto di vista, ma inevitabilmente la voce a tratti mi si spezza. Tiro corto dicendogli "Normalmente i miei amici non si fanno così tanti scrupoli perché sanno che è una parte di me. Io e te siamo amici quindi..."
Mi interrompe: "Si, ma noi non abbiamo un rapporto normale. Il nostro non è un rapporto normale." Dice un altro paio di frasi che non sono riuscita a seguire perché mi avevano abbastanza spiazzato le due precedenti. Silenzio.
"Ok, va bene." Gli dico confusa.
"Ci sentiamo domani con più calma magari".
"Si ok, buon gioco."
"Buona notte" riattacca.

Si, il nostro non è un rapporto normale.

Una Malattia. PensieriWhere stories live. Discover now