Capitolo 13

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Hug me

«Voglio un muffin al cioccolato.»
«Megan.»
«Svegliati.»

Mi rigiro nel letto, mettendomi un cuscino sulla testa e mugugnando qualcosa di incomprensibile.
Sento dei passi allontanarsi.
Se n'è andato, finalmente silenzio. Sorrido soddisfatta, ritornando a dormire.
Dopo neanche due minuti, vengo investita da un rumore assordante.
Tolgo il cuscino da sopra la testa, fulminando il moro con lo sguardo: continuava a sbattere due padelle fra di loro, sorridendomi con finta aria innocente. In tutta risposta, gli tiro il cuscino addosso, facendolo smettere.
«Che problemi ti affliggono!»
«Non ti svegliavi e avevo fame. Vammi a prendere un muffin al cioccolato.»
Lo guardo sconvolta. E arrabbiata.
«Davvero Calum, davvero?»
«Si.» risponde lui.
«Esci.» indico la porta della camera, infuriata.

«Non funziona così, sono io che ti dico cosa fare. Infatti uscirò di mia spontanea volontà.» risponde al mio ennesimo sguardo di fuoco, facendomi alzare gli occhi al cielo. Quanto è patetico.
«Vado a fare un bagno, quando torno voglio il mio cornetto alla marmellata.» sentenzia, andando verso la porta.
«Non volevi il muffin? Che dico, non importa.. adesso, fuori da qui.» mormoro, infastidita dalla sua presenza. Lo spingo verso l'uscita della stanza, facendo pressione sul suo petto. Forza, che aspetti?
«C'è un bar qui sotto all'angolo, passa fra cinque minuti in camera mia per i soldi!» dice ormai da dietro la porta.

🥐

Dopo essermi lavata e vestita, mi dirigo in camera di Calum, come mi aveva detto lui. Stupida scommessa.
Busso alla porta, ma nessuno mi apre.
«Sono Megan e spero tu abbia dei vestiti addosso, sto entrando.» abbasso la maniglia, chiudendomi poi la porta alle spalle. Non c'è nessuno. Sarà ancora sotto la doccia.
«Calum, i soldi!» picchio alla porta del bagno, sospirando.
«Si si, calmati piccola Rocky.»
Il ragazzo apre la porta, presentandosi con solo una tovaglia legata attorno alla vita. Preso il portafogli, inizia a cercare delle banconote. Senza successo.
«Non ho soldi.»
«Quindi? Dovrei rubarlo?» chiedo ironica, sbuffando una risata.
«Ottima idea.»
Sgrano gli occhi, guardandolo come se fosse impazzito.
«Mi prendi in giro?»
Calum scuote la testa con quel suo sorrisetto odioso.
«Rubalo.»

🚨

Non ho mai corso così velocemente in vita mia. Il cassiere della caffetteria mi ha urlato insulti che non avevo mai sentito prima d'ora. Il mio vocabolario si è ampliato notevolmente.
«È stato-» dico senza fiato, venendo interrotta subito dal bassista.
«Magnifico?»
«No. Non lo farò mai più.» quasi ringhio, gettandogli il croissant incartato contro il petto.
«È marmellata all'albicocca?» chiede, aprendo la confezione. Annuisco.
«La volevo alle fragole.» continua, guardandomi con un piccolo sorriso bastardo. Oh, vuoi giocare a questo gioco?
«Ed io volevo essere ospitata da un modello australiano.» ribatto.
«Eccolo.» dice, indicandosi.
«Dove? Proprio non lo vedo.» mormoro, guardandomi intorno, per poi puntare lo sguardo su di lui, divertita dalla sua espressione scocciata. Ridacchio, sedendomi sul divano, seguita da lui.
«Sei simpatica quanto un dito in-»

«A me sta simpatica.» si intromette Luke nella conversazione, ammiccando nella mia direzione.
«Ad alcuni piace il dito in culo.» dico saccente, mettendomi comoda accanto a Calum.
«Si, in tutti i sensi.» continua il moro, facendo alzare gli occhi al cielo a Luke mentre prende il contenitore di latte al cioccolato, bevendone poi un sorso dal cartone.
«Almeno io scopo.» ribatte il biondo, facendo la linguaccia a Calum prima di andare verso la camera di Michael.
Il ragazzo si gira verso di me, abbozzando un sorrisetto.
«Non ci pensare neanche. Non farò sesso con te.» dico seria, capendo le sue intenzioni. Al diavolo la scommessa.
«Dicono tutte così all'inizio.»
«Io non sono tutte.»
«Dicono anche questo, poi però non si lamentano quando entro nelle loro mutandine.» ghigna, poggiando i piedi sul tavolino da caffè.
«Spaccone.»

🍆

Reduce da un lungo sonnellino, mi alzo dal letto, sgranchiendomi le gambe. Leggermente annoiata, decido di andare a trovare Calum, nella speranza che abbia qualcosa da farmi fare. Cosa non si fa per la noia.
Vedendo la porta semi aperta, mi avvicino, nella speranza di trovarlo con gli abiti addosso.
«Calu-»
«Non ci credo. No, non se ne parla, ho chiuso con tutta questa merda. Si ripeterà sempre la stessa storia Mali, lo dovresti sapere meglio di me. No, mi dispiace. Ciao.» il bassista chiude la chiamata, gettando il telefono sul letto prima di passarsi una mano sul volto. Ha una pessima cera.
Sobbalzo quando si gira verso di me, beccandomi a curiosare; sicuramente mi urlerà in faccia di andarmene, che non avrei dovuto ascoltare.

Invece no.
«Ho un'altra cosa da farti fare.»
«Andarmene via dimenticando tutto?» dico, pronta a fare dietrofront.
«No, abbracciami.»
Sgrano gli occhi, confusa da quella sua richiesta. Me lo sono immaginato?
«Ho sentito bene?» chiedo, facendo un passo verso di lui, incerta.
«Si, ora muoviti.» mormora, il tono di voce leggermente diverso dal solito. Apre le braccia, pronto ad accogliermi ad occhi chiusi.
Non esito un secondo di più: annullo ogni distanza, facendo aderire i nostri petti in un abbraccio bisognoso.
«Va tutto bene?» chiedo cautamente.
«Mia madre si è presentata a casa nostra, di nuovo

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