Unexpected

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"Ognuno è fabbro della sua sconfitta / e ognuno merita il suo destino"
(Francesco De Gregori, Vai in Africa, Celestino!)


Il Torneo del Potere era terminato da un bel pezzo e, con immensa gioia di tutti coloro che vi avevano assistito, ciascuno degli Universi partecipanti era stato risparmiato per volontà degli Zen'ō.
Per tutti, sembrava che si stesse per giungere a quello che solitamente si definisce "happy ending": coloro che avevano perso avevano tirato un sospiro di sollievo, guardando quella meravigliosa scia di stelle che stava attraversando il cielo; i vari Angeli stavano invece commentando tra loro tutto quello che era successo - a volte arrivando anche a prendersi in giro per alcune gaffe avvenute nel corso del Torneo, e anche lo stesso Daishinkan, in un certo senso, fu lieto del risultato raggiunto.
Almeno così non ci sarà da annoiarsi per un bel po'... - pensava divertito.
Insomma: chi più, chi meno, alla fine tutti erano ritornati alle loro vite di sempre, con i loro cuori colmi di felicità.


... O, per meglio dire: non proprio tutti.
Sul lontano pianeta dei Kaiōshin del Decimo Universo, l'Hakaishin e il suo Angelo stavano organizzando i vari rientri dei guerrieri. Man mano che andavano via, prima che scomparissero davanti agli occhi dei presenti con il teletrasporto, Gowasu - l'anziano Kaiōshin - aveva personalmente stretto la mano ad ognuno di loro, ringraziandoli per il contributo dato nel corso del Torneo per la salvezza dell'intero Universo.
Tuttavia Kusu - la piccola angioletta compagna del possente e burbero Ramūshi, suo Dio della Distruzione - stava iniziando a sospettare che Gowasu avesse avuto in mente qualcosa di particolare. Egli, infatti, aveva personalmente scelto l'ordine della partenza dei guerrieri, partendo da Obuni, il più valoroso della squadra, per poi lasciare per ultimi Napapa e Methiop. Inizialmente l'angelo credeva che il saggio avesse stabilito l'ordine in base a chi fosse stato sconfitto prima e chi dopo; ma subito comprese che non lo stesse facendo per quel motivo.
Perché, se così fosse... allora Lilibeu dovrebbe partire per ultima. Invece... perché proprio Napapa e Methiop, per giunta insieme anche se, in realtà, fanno parte di due pianeti distanti tra loro?
Più volte Kusu si era voltata nella direzione del saggio, percependo da lui un profondo sentimento di indignazione. Egli lo stava nascondendo così bene che nessuno, nemmeno l'Hakaishin, si era accorto di ciò.
Kusu si lasciò sfuggire un sospiro, prima di dirigersi con Ramūshi alla volta del pianeta di Murichim, leader del Team dei guerrieri e penultimo nella lista delle partenze. 


Quando i due fecero poi ritorno sul pianeta dei Kaiōshin, entrambe le divinità notarono che l'atmosfera, dapprima serena e gioiosa, fosse decisamente cambiata.
Gowasu stava passeggiando intorno al grande albero che si trovava lungo la via dell'ingresso alla sua dimora, sotto gli occhi meravigliati dei due guerrieri rimasti. Questi ultimi, notando che il Kaiōshin avesse un'aria piuttosto cupa, subito capirono che quello non sarebbe stato il momento ideale per rivolgergli la parola, e così lo lasciavano fare - cercando anche di trattenere il più possibile le risate, dato che l'anziano continuava a girare intorno all'albero senza fermarsi né cambiare direzione.
«Gowasu...» lo chiamò l'Hakaishin, sorpreso anch'egli da quella che gli sembrava essere un'azione da "rimbambiti", come avrebbe voluto definirla, «... cosa stai combinando?»
A quella voce il saggio fermò il suo passo, sussultando. «Già di ritorno... Lord Ramūshi?»
«Già di ritorno, dici?» rispose quegli, guardandolo stranito. «Siamo stati via un'ora intera, e tu...stai passeggiando intorno all'albero? Guardati: a momenti inizierai a scavare un fosso sotto i piedi!»
«Sommo Gowasu,» intervenne l'angioletta, indicando i due guerrieri rimasti, «credo che Napapa e Methiop abbiano qualcosa da dirle. A breve andranno via; non crede che sarebbe il caso di parlare con loro?»
L'anziano Kaiōshin puntò gli occhi sui due guerrieri, senza esitazioni.
Per la coppia di guerrieri sembrava di essere di fronte ad un tribunale, con le tre divinità nelle vesti di giudici, Gowasu in modo particolare.
Fu solo allora che Kusu comprese il motivo di quel sentimento di indignazione che stava avvolgendo l'anima del vegliardo.
«Oh, oh: guai in vista...» commentò a bassa voce, sorridendo.
Ramūshi fu ancora più sorpreso dall'atteggiamento dell'angioletta. «Kusu, cosa sta succedendo?»
«È del saggio arrabbiarsi tardi, ma una volta per tutte. Lo sa molto bene che Gowasu sa mantenere una calma fuori dalla norma anche per noi divinità; però, quando si arrabbia...»
«Sinceramente non ho mai visto Gowasu arrabbiato. Perciò, continuo a non capire.»
«Meglio così. Le dirò, Lord Ramūshi: tra pochi secondi avrà una piacevole sorpresa.»
In quel momento il Kaiōshin si avvicinò ai guerrieri, con uno sguardo ancora più tetro.
I due deglutirono rumorosamente: non conoscevano molto la divinità, ma nel sol guardarlo avevano capito di essere finiti nei guai. In guai molto grossi.
«Voi due...» iniziò a sentenziare Gowasu, scrutandoli da cima a fondo. A questo seguì un silenzio di pochi secondi - ma, per i guerrieri, interminabile - interrotto da un lapidario: «... non farete ritorno a casa. Non subito, almeno.»
Poi voltò loro le spalle e portò le mani dietro la schiena, sotto gli sguardi attoniti dei due malcapitati e dello stesso Hakaishin.
«Gowasu... stai bene?» chiese Ramūshi: conoscendo l'anziano saggio da tempo immemore, giurò di non averlo mai visto in quel modo, in tutta la sua esistenza.
«Visto?» commentò Kusu. «L'avevo detto che sarebbe stata una piacevole sorpresa per lei, Lord Ramūshi!»
Gowasu proseguì: «Se vi steste chiedendo il perché... mi dispiace, ma voi due avete giocato sporco. Dovete andare dalla signorina Kale del Sesto Universo e chiederle scusa per il vostro comportamento ignobile.»
«Cosa?!» chiesero all'unisono i due guerrieri. Sia per Napapa che per Methiop, il "chiedere scusa" non era presente nel loro vocabolario: orgogliosi com'erano, non riuscivano a comprendere il concetto di scusarsi con qualcuno, benché meno con qualcuno di così pericoloso nonostante la sua apparente insicurezza nel combattere. Soprattutto in quel caso: per loro, quando un guerriero non era in grado di lottare ed essere loro pari fin da subito, quella persona non era degna di essere considerata alla loro altezza.
Di fronte al loro sbigottimento, l'anziano aggiunse: «In caso contrario, il qui presente Lord Ramūshi vi distruggerà.»
«Io--- cosa, scusa?»
L'Hakaishin non riusciva a comprendere le ragioni per le quali il saggio era indignato. In cuor suo sapeva che i due guerrieri avevano agito nel giusto, anche se avevano conciato male una guerriera apparentemente indifesa e senza potere: lo avevano fatto per la salvezza dell'Universo, in fondo...
... Anzi, hanno anche fatto bene! - pensò in quel momento. Alla fine, proprio quella Kale si è rivelata essere una dinamite, perciò... perché chiederle scusa?! Non ha senso!
Stava per replicare all'anziano Kaiōshin, ma Kusu lo bloccò con uno sguardo sereno. «Lord Ramūshi, non si preoccupi: il sommo Gowasu sa quello che fa.»
«Invece mi sa proprio di no,» rispose il Distruttore, incrociando le braccia e sbuffando. «È troppo clemente come sempre!»
«Appunto,» disse Kusu, in tono accomodante. «E c'è da esserne felici: almeno così abbiamo appurato che il sommo Gowasu sta bene!»
A quell'affermazione, Ramūshi preferì non aggiungere altro. 

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