Capitolo 22

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Indossai un completo elegante, non il migliore che avevo, non volevo rovinare la piega della mia camicia o il collo della mia giacca per una cena il cui scopo rimaneva uno strano mistero.

Eva Malbow aveva invitato me ma, soprattutto, nota importante dell'invito era la presenza di Emily a questa cena.

Quando lasciai la mia stanza chiudendola con un solo giro di chiave, tra un gradino della scala e l'altro, avevo seriamente pensato a quanto imprudente sarebbe stato portare con me anche Emily.

Sospirai quando il rumore dei miei passi la fecero alzare di scatto, si voltò verso di me senza alcun accenno di sorriso, io deglutii evitando di guardarla e riprovare quella forte sensazione che avevo sentito prima. Mi avvicinai allo svuota tasche in cristallo dove avevo riposto le chiavi dell'auto, le afferrai e mi avvicinai alla porta d'ingresso senza mai voltarmi.

"Ci ho ripensato, tu rimani qua", dissi con tono severo mentre stringevo forte la maniglia della porta.

I tacchi sul pavimento vibrarono nelle mie orecchie, Emily mi era davvero molto vicina:"Perché?"

Deglutii silenziosamente:"Credo che potresti solo che annoiarti", mentii.

Se solo avessi potuto dirle che lei era la pedina di uno sporco gioco, lo avrei fatto. Tacqui sull'orlo della verità, dopotutto era anche il mio di gioco e dovevo solo che portarlo a termine ed uscirne ancora una volta vittorioso.

"Ma ho passato un intero pomeriggio a prepararmi al meglio", il suo tono fu alquanto dispiaciuto.

Mi voltai di un quarto quel tanto che serviva per poterla intravedere e non vederla completamente, aveva ragione. Mio malgrado dovevo ammettere quanto si fosse impegnata per risultare piacente, ed era anche riuscita in questo suo intento.

Aprii la porta:"Va bene, ma se ti annoi me lo dici e ce ne andiamo subito".

"Te lo dirò".

Mancavano pochi chilometri all'arrivo della casa di Eva Malbow, tra me ed Emily non vi era stato alcun tipo di dialogo. A pensarci bene mi sembrava una ragazza molto silente, sempre assorta nei suoi pensieri a vivere in chissà quale mondo fatato.

Più di una volta, di fatti, mi ero stupidamente ritrovato a desiderare di poter entrare nella sua mente e vivere quell'immaginario mondo che la teneva lontana dalla realtà quotidiana. La invidiavo ed era straziante, questa vita non è mai stata facile per gente come noi eppure questa ragazza era riuscita a ritagliare un angolo di Paradiso mentale dove l'unica abitante pareva essere solamente lei.

Tra un silenzio e l'altro, uno stop ed un semaforo rosso, mi ero azzardato più di una volta e per pochi attimi a volgere la coda del mio occhio su di lei che fissava tesa la strada.

Nella mia mente ridacchiavo: prova ancora imbarazzo a stare con me.
Poi però notai che anche Emily di tanto in tanto si lasciava coccolare dalla curiosità di guardarmi di sottecchi e la cosa non mi dispiaceva nemmeno un po'.

Per riparare all'essere stata scoperta a guardarmi, si schiarì la voce:"Questa sarà una cena o una festa?"

Premetti un po' di più il piede sull'acceleratore per dare più spinta alla macchina, adesso era solo questione di metri e saremmo arrivati a
destinazione.

"Una cena, ci saranno alcuni membri delle case editrici concorrenti alla Forgotten", la guardai notando il suo sussulto quando i nostri sguardi si incrociarono:"Ci sarà anche il tuo amico", feci una pausa:"Robert Gibson, mi pare si chiamasse così".

Giocai d'astuzia, Emily era abbastanza ingenua non sapeva nascondere le bugie e quando ci provava diventava rossa sulle guance ed inacidiva i toni proprio come adesso.

Come tu mi vuoi - Russel McRoverguy Where stories live. Discover now