CAPITOLO 7

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-Nome e cognome, prego- mi disse la segretaria con una voce ovattata dovuta alla presenza di una lastra di vetro che mi separava da lei. –Rape Repair- risposi. Digitò qualcosa al computer in modo molto veloce, infine, si alzò dalla sedia girevole e si avviò verso uno sportello pieno zeppo di cartelline. Passò con un dito una cartella alla volta finchè non si fermò su una. Restò qualche secondo a guardare se fosse quella giusta e poi si avvicinò di nuovo alla postazione e attraverso un buco che c'era sotto il vetro, me la consegnò.

Corsi fuori dall'ospedale, chiamai Dotty per portarmi a casa e solamente in camera mia, dopo che indossai il pigiama per essere il più comoda possibile, visto che stare tanto tempo con i jeans mi dava un fastidio pazzesco, decisi di aprire il contenuto. Mi sedetti sul letto che avevano comperato i miei genitori quando avevo 8 anni, prima che morissero. Ricordo ancora il giorno in cui mi venne annunciato della loro scomparsa: era il lontano 2005, era estate, non ricordo il giorno ma so che era pieno agosto. Ero andata in campo-scuola per fare nuove amicizie visto il mio carattere introverso e la timidezza. La meta che scelsero fu Assisi, dove, oltre alle passeggiate per i borghi, alla visita presso il parco del Monte Subasio, al Chiascio, ci sarebbero stati anche dei percorsi spirituali e collettivi da affrontare. Vista la mia assenza, i miei decisero di fare un viaggio in Guatemala: mio padre era membro di una fondazione di sostegno dei poveri, nonostante si fosse laureato in ingegneria civile; molte volte, infatti, andava a fare missioni in Africa, nell'America del Sud, in Madagascar, vi rimaneva a volte anche per mesi interi e comunicavamo solamente mediante chiamate telefoniche per pochi minuti al giorno. Mia madre, invece, era infermiera: si erano conosciuti nella regione di Dahra, nel nord del Senegal, lei ventenne mentre lui ormai sulla trentina. 

Mio padre si era recato con una troupe di circa 20 persone, tra cui 5 infermieri e medici, per fare un sopralluogo, in quanto la sua intenzione era di creare una cisterna di acqua potabile per le popolazioni autoctone, i pehul, costrette a farsi chilometri su chilometri a piedi per poter raggiungere il pozzo più vicino. Vi rimasero per circa un mese, quando, mio padre si ammalò: all'inizio sembrava fosse semplicemente un raffreddore innocuo accompagnato da febbre, ma dopo 2 settimane in queste condizioni, cominciò ad avere laringospasmi. Mia madre, che aveva già avuto esperienza di pertosse, suggerì che sarebbe stato meglio portarlo di nuovo a casa, in quanto un ambiente così poco provvisto di igiene dovuto alla povertà, non avrebbe giovato sicuramente alla sua guarigione. Il giorno seguente mio padre venne portato in elicottero di nuovo in Italia, dove venne ricoverato per due settimane: mia madre gli somministrava antibiotici che venivano iniettati endovena attraverso la flebo e gli teneva compagnia. Dopo la guarigione, cominciarono a frequentarsi sempre più spesso, fino a che, decisero di sposarsi: ritornarono successivamente a Dahra, in quanto dopo l'esperienza della pertosse, mio padre decise di organizzare una nuova spedizione per distribuire i vaccini contro questa malattia.

In Guatemala, viveva una lontana cugina di papà di nome Rosie, una donna molto buona che gestiva una struttura di accoglienza per orfani e poveri. Il mese prima della loro morte, contattò mio padre per sapere se fosse stato possibile ampliare la struttura in quanto il numero di residenti era aumentato nell'ultimo periodo e purtroppo le liti tra le persone per avere leggermente più spazio erano aumentate. Fu così che decisero di partire alla volta dell'America Centrale, non sapendo che sarebbero andati incontro alla morte: una sera, purtroppo, ritornarono tardi dopo un controllo dell'edificio e della zona, in quanto, secondo mio padre, sarebbe stato meglio acquistare o comunque costruire un altro complesso e smistare i vari ospiti, nonché dello stato di salute delle persone; vennero assaliti da due individui che chiesero loro soldi e gioielli, i miei genitori, in panico per questo evento, diedero tutto ciò che avevano, ma questi ultimi, non contenti, decisero di sparare a mio padre e di accoltellare mia madre. Seppi di tutto ciò solamente al ritorno dal campo-scuola: vennero a prendermi i miei nonni, mi portarono a casa loro invece che nel mio appartamento e mi dissero ciò che era successo. All'inizio non volevo crederci, volevo che tutto fosse uno scherzo, ma quando realizzai attraverso i loro occhi colmi di lacrime, piansi a più non posso. Non mangiai e dormii per giorni, al funerale addirittura non versai nemmeno una goccia: ormai non ne avevo più.

Aprii il contenuto del referto con cautela per non rovinare la busta: vi ritrovai una serie di numeri di valori ormonali e infine, guardai la busta della dottoressa, ancora sigillata. Feci un profondo respiro e decisi di scartare anche quella, la dispiegai e lessi dalla sua grafia così ordinata e pulita queste parole "Livelli ormonali hCG rilevati dalle analisi elevati, si rileva una presenza embrionale all'interno dell'utero in fase di sviluppo, pertanto si raccomanda assunzione di vitamine di acido folico e iodio, nonché frequenti controlli per conoscere lo stato di salute del feto". Sa quale fu la mia reazione a quelle parole, dottore? Oh merda!

Io, RapeWhere stories live. Discover now