Ricordi di una Vita Passata

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-Ethan..- iniziai a mugolare, quando ancora non mi ero neanche svegliato del tutto.
-oh, grazie al cielo!- esclamò lui, posandomi qualcosa di fresco sulla fronte.
Portai una mano alla fronte, ancora mezzo intontito..
Una volta che la vista mi si fu schiarita di nuovo riuscii a capire che ciò che mi aveva poggiato sulla fronte altro non era che una semplice pezza bagnata.
-non ho la febbre- borbottai con perplessità, tirandomi subito a sedere.
-ma sei svenuto- mi fece notar lui, spedendomi di nuovo a sedere posandomi una mano sul petto.
Non seppi perché, ma quel movimento mi fece spaventare.
Per me era un mistero perché non l'avessi fatto prima, ma al suo tocco lievemente autoritario sobbalzai.
Quel mettermi di nuovo a letto mi aveva fatto venire in mente ricordi poco piacevoli..
Quasi mi parve di sentire di nuovo quella particolare zona bruciarmi, e per qualche secondo mi limitatai a tacere e a chiudere gli occhi.
-..il telefono- ordinai, dopo poco.
-ma..- provò ad obbiettare lui.
-il telefono- ribattei io, facendo uso o almeno provandoci della medesima tenacia utilizzata poco prima in sogno.
Aprii gli occhi quando sentii qualcosa di freddo contro il palmo di una mano, e sorrisi quando vidi il mio cellulare.
Ethan si faceva sovrastare fin troppo facilmente per i miei gusti.
Scesi dal letto, afferrando completamente a caso la prima felpa di Ethan che mi capitò alla mano.
Mi levai la mia maglia che indossavo, ormai più che malmessa, ed indossai quella felpa in un lampo.
-Patroclo..?- mormorò Ethan, ancor più confuso nel vedermi alzare così di scatto e soprattutto nel vedersi rubare una felpa.
-devo andare. Gli devo parlare..- sussurrai, deciso.
Finii per uscire di corsa da quella casa, portandomi il telefono all'orecchio.
Sarebbe sempre terminata così, e lo sapevo molto bene in qualche modo.
Per quanto mi potesse far male, per quanto doloroso si sarebbe rivelato avere a che fare con lui.. Mai sarei rimasto in collera nei suoi confronti.
Era nella mia natura, semplice e banale natura.
Non provavo neanche più rabbia verso di lui per quello che il leccapiedi di Beatrice mi aveva fatto.. Quella era stata solo e soltanto colpa di quella figlia di puttana, e di nessun altro.
-Achille!- esclamai, nello stesso momento in cui io esclamai il suo nome.
-ho davvero tanto bisogno di parlarti..- dicemmo ancora una volta in contemporanea.
Ci fu un minuto di silenzio, susseguito dalle nostre risate.
Ecco, così eravamo noi.. Dopo il peggio sempre assieme, a riderci sopra.
-spiaggia?- proposi, pur sempre di fretta.
-spiaggia- accettò lui.
Chiudendo la chiamata con lui notai delle chiamate perse di mio fratello, chiamate che erano state fatte meno di cinque minuti prima.. Le ignorai.
Potevo sembrare anche meschino, ma in quel momento di mio fratello non mi importava proprio un bel niente.
In quegli istanti del mondo non mi importava niente!
Dovevo vedere Achille, tutto il resto andava dritto in secondo piano.
Corsi verso la spiaggia come un idiota, a perdifiato.
Una volta che misi piede nella sabbia cominciai ad inciampare davvero fin troppe volte, ma non mi diedi per vinto.
Continuai ad avanzare, a tentare di correre..
Lo vidi poco dopo correre verso di me, come le migliori scene dei film romantici in slow motion.
Arrivai tra le sue braccia che già piangevo.
Dio, ero proprio un bambino..
-dovrei prenderti a schiaffi, a pugni, a calci.. Ma non ci riesco!- piagnucolai, tirandogli quel che più lontano ci poteva essere da un pugno sul petto.
Lui mi tenne stretto a sé, come se a breve gli sarei scomparso da sotto mano, e non potei fare altro che apprezzarlo fino in fondo.
Ero idiota, tanto idiota, forse lo eravamo entrambi.
Ciò che aveva afflitto me per anni stava cominciando ad influenzare anche la sua vita, da quando ci ero entrato a far parte.
Dovevamo esser davvero entrambi due grandi idioti.
Due persone normali a quel punto starebbero già lottando in tribunale da molto tempo, e invece..
Ebbi la mia spiegazione, seppur tutta d'un fiato.
Lui si sedette sulla sabbia, tenendomi sul mio petto con tutta la delicatezza del mondo, e cominciò subito a blaterare su quanto si stesse dannando l'anima per avermi perso di vista ed aver esagerato con l'alcol.. Io ascoltai.
Quando lo vidi cominciare ad accennare ciò che era accaduto con l'amante di Beatrice, feci la mia mossa.
Quel traumatico evento sarebbe rimasto un argomento tabú fino a quando non sarei arrivato a dimenticarmene.
Mettendo mano a quella splendida tenacia, che forse era sempre stata dentro di me, strinsi una sua mano tra le mie e mi avvicinai al suo volto, fino a poggiare le labbra sulle sue.
Lo vidi strabuzzare gli occhi, sorpreso, mentre io li socchiudevo per godermi quel contatto celestiale come di consueto.
Non avevo mai preso l'iniziativa per quelle cose.. Che cosa mi ero perso fino a quel momento?
Posai il mento sulla sua spalla, una volta staccatomi dal bacio, emettendo un lieve sospiro.
Per qualche secondo il mio umore si incupí di nuovo, e la mia voce si tinse di tristezza.
-..la mia prima volta l'avrei voluta avere con te- confessai, in un timido mormorio.
Avvertii la sua mano tra i capelli, e mi ci spinsi delicatamente contro.
Volevo altre carezze.
-non ti preoccupare, piccoletto.. Avremo modo di recuperare, prima o poi- mi rassicurò, lasciandomi un bacio su una guancia.
-sono così contento che tu l'abbia presa così bene..- sussurrò poi, alludendo alla faccenda con la puttana.
Annuii di poco, cacciando fuori un sorriso circostanziale.
Presa bene.. Oh, non aveva assistito alla mia reazione una volta viste le foto.
Doveva solo pregare che perdonargli qualsiasi cosa continuasse a rimanere per me una cosa così naturale.
-andiamo a fare un bagno!- esclamai d'improvviso, scattando a sedere.
Avevo solamente voglia di rinfrescarmi le idee.. E che cosa ci poteva esser di meglio che farlo letteralmente?
Scappai verso il bagnasciuga, lasciando il telefono su uno scoglio ben posto all'asciutto, e mi gettai in acqua con tutti i vestiti tanta era la foga.
Inutile dire come mi irrigidii appena ricordai che la felpa fosse di Ethan..
Achille mi raggiunse dopo poco, almeno lui solo in boxer visto che aveva avuto l'ingegno necessario per non dimenticarsi una cosa così banale come togliere i vestiti prima di andarsi a fare una bella scampagnata in mezzo al mare.
Ricordate ciò che aveva detto lui prima, riguardo a come ce la saremmo vista "prima o poi" sull'argomento sesso? Ebbene..
Lo facemmo in acqua.
Andati via i miei vestiti, e i suoi boxer..
Non ebbi paura del suo tocco.
Era una cosa dove c'era da andare fuori di testa.
Nonostante fossi stato da poco vittima di uno stupro, e stessi cercando di affrontare quella cosa mettendo da parte continuamente il discorso ed ignorandolo fino a farlo sparire..
Godetti del suo tocco, e anche di ben altro.
A differenza di quanto era accaduto mesi prima mi piaceva davvero tanto sentire le sue mani passare ovunque sul mio corpo, così come mi piaceva fare la stessa cosa sul suo.
Le sue mani sulla mia pelle ebbero un effetto.. Familiare. Non c'era altra maniera in cui potessi descriverlo, davvero.
Mi ero sentito come se il mio corpo avesse solo atteso per quel contatto, come se fosse stato qualcosa a cui da tempo ero già abituato.
Amai con quanta delicatezza si mise, per farmi superare il dolore.
Uscimmo dall'acqua entrambi con dei sorrisi idioti, e grazie al cielo potremmo metterci subito i boxer addosso visto che li avevamo lasciati abbastanza vicino.
Stettimo per un po' al sole ad asciugare, sia io che lui a petto nudo, appoggiati l'uno all'altro.
Quando arrivò il momento di rivestirsi, e quindi andare a vedere fino a che punto i nostri vestiti si erano asciugati, io mi alzai di fretta.
-la tua felpa la prendo io!- risi, oramai di buonumore.
Avevo lasciato tutti i problemi del mondo alle spalle almeno per quei momenti, anche il mondo stesso, per pensare solo e soltanto a lui.
Corsi verso lo scoglio dove avevamo adagiato i vestiti, recuperando la sua felpa ed indossandola quasi immediatamente.
Ah, calda!
Lo raggiunsi di nuovo con un sorrisetto orgoglioso, ostentando la felpa in ogni modo possibile.
-tu hai un problema serio..- rise di gusto.
-lo so, lo so, la dovrei smetterla di rubarti i vestiti- cominciai a ridere anche io.
Le nostre risate pian piano si affievolirono, e ci guardammo negli occhi.
D'improvviso fu di nuovo oscurità, come se qualcuno ci avesse buttato un vello nero addosso, e meno di qualche secondo dopo cademmo l'uno sull'altro come due marionette a cui erano stati tagliati i fili.
Fui costretto a rinvenire in quel mondo con più fretta del solito, sentendo il cuore mancare un battito, quando mi sentii circondato da urla coincitate.
Mi scoprii alla guida di una biga, con una lancia sguainata verso un vasto fronte di guerrieri e con una splendida armatura rilucente addosso oltre che un pesante elmo sul capo.
L'armatura di Achille mi disse una vocina nella testa.
Assottigliai lo sguardo. Era la sua armatura, sì.. L'avevo rubata.
Mi stavo spacciando per lui.
Aspetta, cosa..
-Símera tha kerdísoume! Quest'oggi vinceremo!- mi trovai a gridare, gonfiando il petto, con un vocione che proprio non mi apparteneva.
Stai cercando di imitarlo quella vocina mi ricordò. Sì, giusto..
Urlai in modo temibile, e più di qualche elemento del fronte nemico se la diede a gambe.
Mi lanciai nella mischia, con alle spalle i miei amici e compagni più fedeli.
Per tre volte uccisi nove uomini, tanto ero preso dalla battaglia.
Non dovresti esagerare. Dovresti ritirarti.. Sono scesi in lotta. Il tuo ruolo è finito, torna da lui quasi mi supplicò, quella insistente vocina. La ignorai.
Ah, come mi sentivo bene!
Ancora una volta mi pareva di aver dimenticato tutto il resto, quella volta per concentrarmi su quella fatale lotta.
Uccidere non mi dispiaceva, sentivo che quei guerrieri lo meritavano. E poi si aspettavano di perire, no? Avrei solo affrettato il loro cammino verso l'Ade.
Stavo dimostrando il mio valore!
Sarei tornato da lui a battaglia finita, e gliene avrei dette due su quel diavolo di orgoglio..
Era per quello che lo stavo facendo, lo sapevo, per proteggere il suo orgoglio e la vita dei miei compagni.
Per tre volte mi lanciai all'attacco contro il fronte nemico, pieno forse di fin troppa sicurezza.
Quella sicurezza.. Oh, quella mi fu fatale.
Non lo vidi arrivare, nel fumo della battaglia.
Mi colpì la schiena e le spalle, lasciandomi senza fiato.
L'elmo mi cadde dal capo, finendo nella polvere. Osservai con stupore e orrore mentre si copriva di sangue e polvere, cercando al tempo stesso di capire cosa stesse succedendo.
La bella lancia doppia che mi trovavo tra le mani si spezzò d'improvviso come se niente fosse, lasciandomi disarmato ed ancor più senza parole.
Cadde anche lo scudo, e subito fui colto da un capogiro che mi fece quasi perdere del tutto la lucidità.
Fu in quel momento che lo vidi, seppur per qualche istante, e lo riconobbi: Apollo, l'autore della mia futura disfatta.
Mi slacciò la corazza.
Assistetti impotente mentre il mio corpo perdeva ogni forza, costringendomi a fermarmi ancora nel bel mezzo del campo di battaglia per il troppo stordimento.
Un colpo di lancia mi giunse in mezzo alle spalle, strappandomi un urlo, questa volta da parte di un eroe troiano: Euforbo di Pantoo.
A quel punto, e solo a quel punto, si fece avanti colui che per primo aveva lanciato il giavellotto contro di me e che neanche era riuscito a colpirmi, colui che subito si era ritirato tra la folla con la coda tra le gambe, sentendosi pronto ad affrontarmi solo quando non ero nel pieno delle forze: Ettore.
La lancia del troiano mi colpì alla parte bassa del ventre, mi trapassò con la punta.
Il mio corpo fu scosso dagli spasimi, non urlare divenne una vera e propria impresa.
Quel dolore era atroce, acuto, terribile.. Lo stesso che da sempre aveva infestato i miei incubi peggiori, dieci volte più micidiale del normale.
La mia ora.. La mia ora era arrivata.
Potevo quasi dire di sentire lui venire a me, reclamare la mia vita.. Thanatos.
Chissà se sarei finito ai campi elisi o se tra i dannati, visto quanto le mie mani fossero sporche di sangue tanto quanto quelle degli altri ormai.
Inutil dire che maledii il mio essere, oltre che quella dannata voglia di mettermi in mostra che mi aveva portato ad esser gettato nella polvere e messo alle strette.
Se solo fossi stato più modesto e mi fossi ritirato prima.. Forse sarei riuscito a vedere il sorgere del sole il giorno dopo.
Paragonai la mia dipartita alla vinta di un leone in battaglia di un cinghiale indomabile, dopo che questi avevano entrambi combattuto ferocemente sulle montagne per desiderio di abbeverarsi dalla medesima pozza d’acqua nei pressi della sorgente.
Immaginai nella mia mente quel leone torreggiare sul cinghiale, che ormai respirava affannosamente.. Proprio come Ettore in quel momento stava su di me.
-Patroclo, tu contavi davvero di abbattere la nostra città, e di rendere schiave le donne troiane
per trasportarle con le navi verso la tua patria? Stolto, pazzo!
Achille per quanto sia valoroso non potrà proteggerti- esordí, disgustosamente sicuro di sé nel rivolgersi a me.
Io gli risposi, dopo aver tossito una buona quantità di sangue:
-hai di che vantarti Ettore, che la vittoria ti è stata concessa dagli dei.
Sono stati Zeus, figlio di Crono, e suo figlio Apollo ad abbattermi con facilità privandomi delle armi-
Continuai, pieno di sdegno seppur in fin di vita.
-se anche venti uomini come te mi avessero assalito in battaglia, adesso starebbero tutti giacendo al suolo morti.
Non gioire di questa vittoria, perché vittoria non è: sei il terzo ad uccidermi-
Sputai altro sangue.
Sentii il fiato venir meno, la vista mi si offuscò, ma volli pronunciare quelle ultime parole, seppur con immensa fatica, che non avrebbero reso vuota la mia morte, che non mi avrebbero fatto ricordare come un codardo.
Mi rivolsi direttamente ad Ettore.
-..Mettiti bene in testa quello che dico:  neanche tu vivrai molto, perché già incombe su te vicina la morte ed il feroce destino per mano di Achille, dell'Eacide perfetto!-
Rivolsi lo sguardo alle loro spalle, una volta che ebbi finito di parlare.
Nonostante ci fossero dozzine di guerrieri di fronte a me, per qualche istante mi parve di vedere una luce.
Strizzai di poco gli occhi, incurvando poi le labbra in un quieto e tiepido sorriso nel riconoscere il brillare del tramonto.
Chiusi gli occhi con l'immagine del sole impressa dietro le retine, con la speranza che avrebbe allietato i miei giorni più bui nell'Ade, con un sol pensiero, un nome, un volto: Achille.
Ripensai ai suoi splendidi capelli biondi, ai suoi occhi del verde più bello, alla sensazione delle sue labbra contro le mie..
Avvertii le mie guance bagnarsi, mentre esalavo l'ultimo respiro.
E così la morte mi avvolse, l'anima lasciò le membra e volò nell'Ade piangendo il mio destino, lasciando la forza e la giovinezza.
Per qualche secondo mi sentii leggero, quasi vuoto.
Gli dei erano stati misericordiosi con me, sapevo dove stavo andando, ma neanche la lucentezza e la quiete dei campi elisi avrebbe mai potuto guarire il mio cuore in pena, non fintanto che sarei rimasto lontano da lui.
Improvvisamente mi feci più pesante, e subito venni rigettato con violenza in un corpo che quasi percepii come estraneo.
Rimasi per qualche secondo a guardare il vuoto davanti a me, con occhi sbarrati.
In breve grossi lacrimoni cominciarono a bagnarmi le guance, ed i singhiozzi a scuotere la mia povera anima.
Piansi quasi istericamente, affondando il viso su quel petto sulla quale ero rimasto accoccolato per tutto quel tempo.
Avvertii una mano accarezzarmi i capelli, e tremai.
Tremai come una foglia.
Non fremetti per paura, timore o qualsiasi altra cosa del genere.. Ma per l'emozione.
Mi forzai ad alzare lo sguardo, mordendomi con forza il labbro inferiore.
Conoscevo quel tocco, lo avrei potuto riconoscere tra milioni.
Riconoscevo quelle belle sensazioni che mi faceva provare, quel calore dentro al petto..
Alzai il capo con titubanza, come se nonostante tutto lui sarebbe potuto non essere chi speravo.
Il mio cuore perse un battito, forse anche tre, quando incontrai quegli occhi.
Gli accarezzai piano una guancia, ripercorrendo i tratti del suo viso nonostante gli conoscessi a memoria.
Carezzai il suo petto, la sua schiena.. La sua mano.
Intrecciai le dita con le sue, mentre più lacrime scendevano a bagnare le mie guance.
Sorrisi.
-l'avevo detto..- mormorai con un fil di voce, avvicinandomi a lui e strofinando con immane delicatezza la punta del mio naso con la sua.
-l'avevo detto che avremmo avuto altro tempo per dirci ancora un "ti amo", no?- mormorai ancora, stringendo le gambe attorno al suo bacino mentre ci sistemavamo in una posizione più comoda.
Ora tutto faceva senso, tutto quadrava alla perfezione.
Non ero mai stato pazzo, mai.
Il mio cuore lo aveva riconosciuto, subito.
Quelli non erano mai stati sogni.. Ma ricordi.
Io ero fatto di ricordi.
-il mio aristos achaion..- mi sussurrò lui, con una dolcezza sopraffina.
La sua voce calda e foca mi fece tremare ancor di più, oltre che farmi scoppiare a ridere come un perfetto idiota continuando nel frattempo a piangere come invece avrebbe fatto uno psicopatico, o una donna incinta.
-philatos- gli risposi io, altrettanto dolce.
Ci fissammo per quelle che sarebbero potuto essere ore, giorni, mesi.. Avremmo potuto continuare a farlo fino alla fine dei nostri giorni.
Fu solo questione di istanti prima che le nostre labbra si incontrasse ancora una volta unendoci in un bacio salato di lacrime, un qualcosa di così tanto sofferto che subito ci rese completi, perfetti.
Era destino.

ARISTOS ACHAIONWhere stories live. Discover now