24- Nuovi arrivi

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1860.

La vita alla scuola militare non era poi così male: l'unico motivo di turbamento era l'aver lasciato Sabrina sola al forte. Robert si intristiva ogni volta che ricordava lo sguardo smarrito della sorella al momento del commiato e il suo abbraccio quasi disperato.

Stava giocherellando con il pennino pensando a lei e rammentando con un mezzo sorriso la macchia d'inchiostro sul suo naso, in attesa dell'inizio della lezione, quando il maggiore Turner fece il suo ingresso seguito da un altro ufficiale. Immediatamente tutti i ragazzi scattarono sull'attenti.

«Buongiorno, signori» esordì. «Vi presento il capitano Campbell, appena trasferito da Fort Scott in Kansas. Da oggi sarà il vostro istruttore.»

La notizia fu accolta da un silenzio pieno di sospetto e preoccupazione: il maggiore Turner si era dimostrato un comandante severo, ma si era guadagnato la stima e il rispetto dei ragazzi; il nuovo capitano, invece, incuteva semplicemente timore. Alto e magro sembrava un fascio di nervi, con una barbetta caprina che ne accentuava il profilo affilato, e nel suo sguardo c'era una vena crudele che non sfuggì ai più attenti.

«Buongiorno, signori, riposo. Prendete posto.»

Il capitano sorrise mentre li invitava a sedersi, ma pareva più un ghigno e Robert teneva lo sguardo fisso su di lui, diffidente. L'uomo si fece consegnare il registro e si mise a scorrere i nomi dei suoi nuovi allievi, chiamandoli singolarmente e soffermandosi a scrutarli uno per volta con attenzione. Sembrava quasi un esame e Jonathan lanciò un'occhiatina densa di significato al fratello che rabbrividì. Avrebbe voluto dirgli di non farlo più: se quell'uomo l'avesse notato ne avrebbero pagato le conseguenze, ne era certo. Ma il capitano era troppo concentrato nel suo compito per accorgersene.

«Bene, signori. Il maggiore Turner mi ha detto che siete una classe diligente, però io ho bisogno di capire a che punto siete arrivati con la vostra preparazione prima di procedere.» E fece una pausa prolungata che suonava di minaccia mentre li scrutava. Il maggiore era rimasto impassibile al suo posto e nessuno avrebbe potuto indovinare se era contrariato o meno da una tale affermazione: sembrava quasi che quell'uomo volesse mettere alla prova non solo i ragazzi ma anche i precedenti istruttori.

I giovani cominciarono a sentirsi inquieti, qualcuno iniziò a muoversi nervosamente sulla sedia, mentre lo sguardo del capitano li setacciava inesorabile.

«Lei.» Robert sentì un tuffo al cuore, vedendosi apostrofare, e si alzò rigido.

«Lei è il signor?»

«Becker, Robert Becker.»

«Ah, giusto, uno dei due fratelli che vedo qui nel registro... Be', mi dica qualcosa della posizione corretta da assumere dal soldato di truppa, così come avrete imparato dal manuale di Hardee*.»

Il ragazzo si schiarì la gola e rispose, cercando di controllare il tremito della voce. Non capiva il perché di tanto nervosismo per una domanda così banale, ma qualcosa in quell'uomo non lo rendeva tranquillo.

«Non male, ma sembra che lei abbia imparato una lezioncina a memoria... Mi spieghi il perché di questa postura che ci ha descritto.»

Robert tacque, la sua mente si era annebbiata di colpo: si era sentito come preso in giro e ora faticava a raccogliere le idee. D'un tratto la domanda non appariva più tanto banale. Ma lui sapeva la risposta, doveva solo stare calmo...

«Nessuna idea?» Un sorrisetto beffardo si era dipinto sul volto del capitano e una smorfia di fastidio aveva attraversato per un momento quello del maggiore, prima di tornare immobile e impassibile.

«I tacchi devono essere affiancati perché altrimenti le spalle non sono sulla stessa linea o lo sono in maniera forzata» cominciò balbettando, mentre Jonathan stringeva i pugni sotto il banco per dominare la rabbia: quel tizio stava cercando di mettere in cattiva luce suo fratello.

Polvere alla polvereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora