Capitolo 40

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Perché non arriva ancora nessuno? Forse non funziona il pulsante? Cosa faccio, mi muovo per capire cosa sta succedendo al mio braccio oppure no? Finalmente sento il macchinario smettere di fare rumore e il lettino uscire fuori.

"Tesoro, tutto bene? Perché non rispondevi?" chiede allarmata Taylor.

"In che senso perché non rispondevo? Io continuavo a premere il pulsante ma nessuno arrivava" dico cercando di tranquillizzarmi vista la sua presenza.

"Sì, lo so che hai premuto il pulsante ma per non interrompere la risonanza volevo prima chiederti attraverso l'altoparlante quale fosse il problema" afferma facendo okay con il pollice per avvisare gli operatori che si trovano oltre il vetro dietro di me che sto bene.

"Io non ho sentito nessuna voce. Comunque il braccio è bagnato, non vorrei che il contrasto sia andato fuori vena" dico socchiudendo gli occhi, sono veramente senza forze. Taylor guarda il mio braccio e lo tasta, per poi esaminare l'ago cannula.

"Credo che un po' di contrasto sia uscito fuori dall'accesso venoso e il freddo della stanza abbia amplificato il senso di bagnato sulla tua pelle, facendoti allarmare" mi spiega con un sorriso sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, probabilmente mi si legge in faccia quanto sono nervosa. "Comunque altri due minuti e potrai uscire" mi avvisa prima di uscire di nuovo dalla stanza.

HARRY'S POV:
E' dentro quel maledetto reparto da quasi due ore, quanto cazzo ci vorrà ancora? Sto perdendo la pazienza, di solito ci mette un'ora, massimo un'ora e mezza, ma sono passate quasi due ore e di lei ancora neanche l'ombra. Come al mio solito faccio avanti e indietro davanti alla porta d'ingresso, la gente mi fissa, mi penseranno pazzo, ma non importa, non ce la faccio a stare seduto. Sento la porta aprirsi e mi giro di scatto. Per fortuna è Jane e le vado subito incontro.

"Tutto okay? Questa volta ti hanno fatta stare molto" le dico cercando di non far trasparire la mia agitazione. Lei non ha una bella cera e rimane in silenzio, avviandosi verso il corridoio. Decido di assecondarla e insieme ci dirigiamo verso l'uscita dell'ospedale.
"Ah, quasi dimenticavo.." dico frugando nella sacca che mi ha lasciato prima di entrare. "..ti ho preso questa" continuo tirando fuori un involucro di carta e glielo porgo.

"Cos'è?" chiede aprendo l'involucro.

"Della pizza rossa, dopo praticamente una settimana di cibo liquido avrai sicuramente fame" affermo tirando fuori dalla tasca la chiave della macchina e premo sul pulsante per aprirla. Non dice nulla, semplicemente prende la sacca sfilandola dalla mia spalla, riavvolge il rivestimento della pizza e lo rimette nella borsa. Non capisco cosa le sia successo, è andata così tanto male? Saliamo entrambi in macchina, metto in moto e partiamo.
"Non voglio farti dire cose di cui in realtà non ti va di parlare, però Jane, ti prego, abbiamo fatto dei passi in avanti che non credevo possibili, non ti chiudere in te stessa proprio ora" decido di dirle con un tono più rassicurante possibile. Poggio la mia mano sul suo ginocchio, come avevamo fatto nel viaggio di andata verso l'ospedale. La sento sospirare, mi giro per qualche secondo verso di lei e la vedo immersa nei suoi pensieri mentre guarda fuori dal finestrino. Niente, non dice nulla. Così il tragitto verso casa continua in silenzio, non voglio obbligarla a parlare perciò se e quando vorrà sarà lei a deciderlo. Una volta davanti al suo portone, mi chino verso di lei per aprirle lo sportello. Questo mio gesto è come se la risvegliasse dai suoi pensieri e la riportasse alla realtà, mi guarda per qualche secondo ma continua a rimanere immobile, non accennando a scendere dalla macchina. Allora mi chino di nuovo per chiudere lo sportello e rimetto in moto la macchina. Comincio a vagare per la città senza una meta, voglio solo assecondare i suoi gesti. Purtroppo però dopo circa un'ora mi ritrovo bloccato nel traffico. Picchietto le dita sul volante e scruto la strada cercando di capire il motivo dell'ingorgo.

My medicineWhere stories live. Discover now