come tutto ebbe inizio...

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Due Anni Prima ...

LEI

Stranamente l'autobus quella mattina non tardò. Nell'aria riuscivo a cogliere note del cattivo odore di tabacco misto a cannella che aleggiava da sempre in quel mezzo di trasporto malconcio.

Inalai e non riuscii a fare a meno di dipingere sul mio volto una smorfia di disgusto.

L'autobus era gremito di gente. Cercai un angolo libero. Controllavo ossessivamente l'ora: avevo un importantissimo colloquio.

Mi persi ad osservare il panorama. Amavo scrutare le persone che mi circondavano. Quelle incontrate per pura casualità. Immaginare le loro vite. Inventare storie fantasiose sulle loro quotidianità.

La spirale della mia fervida immaginazione fu interrotta.

Improvvisamente il tremolio dell'autobus terminò. Il motore si spense. Probabilmente un guasto. Le porte si aprirono e noi transitori fummo invitati ad abbandonare i nostri posti.

Lanciai un altro sguardo all'orologio e mi catapultai immediatamente fuori da quell'angusto mezzo di trasporto poco efficiente.

Camminai affannosamente, sperando di avere ancora qualche speranza.

Lo stridio degli pneumatici contro l'asfalto rimbombò nelle mie orecchie. Socchiusi gli occhi per un secondo, e quando li riaprii notai un'auto nera con dei finestrini troppo scuri.

Tirai un respiro di sollievo nel vederla ferma. Avevo temuto che potesse investirmi.

Intravidi un uomo con la barba, ma i vetri opachi impedirono una nitida visuale.

Cercai di scusarmi con un fugace gesto della mano, malgrado non avessi colpa del suo mancato rispetto dell'ordine stradale. Non si scusò e nemmeno ci provò a scusarsi. Il rumore del motore fremeva nell' attendere che mi scansassi dalla sua traiettoria per riprendere la corsa spasmodica.

Non appena fui in salvo, lo sconosciuto sparì, dileguandosi all'orizzonte.

Percorsi quell'impervia stradina in preda all'ansia. Una tormenta di emozioni mi travolse.

Finalmente vidi un grosso spiazzato luminoso, con degli enormi palazzi di vetro in una sequenza affascinante.

Era il posto che cercavo. Era il luogo dove avrei dovuto tenere il colloquio, sempre che fossi riuscita ad arrivare in tempo.

Mentre mi affrettavo irrequieta, scorsi furtivamente una targa familiare.

L' auto che aveva rischiato di investirmi era nel parcheggio antistante. Giaceva cauta in un posto sin troppo spazioso per un'auto non troppo grande.

Ero sicura che avesse percorso la strada così celermente da arrivare con largo anticipo.

"Un folle!" bisbigliai.

Era un ragazzo. Era di spalle. Mezzo busto ancora nell'auto. Probabilmente intento a recuperare qualcosa. Nonostante ciò, notai il suo abbigliamento formale. Soprattutto notai le sue scarpe lucide, come se fossero state delicatamente accarezzate da un panno di seta.

Probabilmente era lì per la mia stessa ragione: il colloquio.

Non potevo permettergli di soffiarmi via l'opportunità. Dovevo dimostrare a mia sorella di essere in grado- quanto lei- di guadagnarmi un lavoro rispettabile.

Mi affrettai. Lui invece sembrò cauto nei movimenti. Probabilmente, ignaro della concorrenza.

Procedetti sicura verso l'ingresso, senza dimenticare di lanciare un ultimo sguardo furtivo a quello sconosciuto.

Dimmi che resterai ...Where stories live. Discover now