Capitolo cinque

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Il corridoio era animato da una confusione infernale, sembrava che un centinaio di elefanti fosse stato liberato sulla moquette appiccicosa dell'ultimo piano. Chris si tappò le orecchie, guardando con diffidenza la nuova arrivata.

Indossava una felpa simile a quella di Toby, ma non aveva il cappuccio tirato e gli unti capelli neri le ricadevano liberi sulle spalle. Aveva il viso appuntito coperto da una disturbante maschera bianca, su cui era stata dipinta una bocca nera e spalancata in un urlo. Era talmente immobile da far dubitare che respirasse.

«Qual è il problema?», domandò Toby, improvvisamente teso. Nel frattempo, un'ombra schizzava da una parte all'altra del corridoio, sorpassando la camera e continuando gli schiamazzi. Chris pensò che in fondo non era un comportamento tanto diverso da quello che avevano i suoi compagni di dormitorio dopo la quinta birra scroccata ai party dell'università. La ragazza mascherata incrociò le braccia al petto e indicò col capo il corridoio alle sue spalle. 

«Il problema è che quella si è svegliata, ecco cosa». 

La sua voce era tagliente come la lama di un coltello, e aveva l'aria di una che non dormiva da tre notti di fila. Continuava a spostare il peso da una gamba all'altra, non riuscendo a stare ferma.

«Dato che Clockwork è introvabile è toccato a me andare a calmarla... non l'avessi mai fatto, mi ha tirato un pugno in faccia ed è scappata.»

Toby parve rilassarsi, come se si trattasse di un evento quotidiano, e chinò la testa pensieroso, la spalla percorsa dai tic.

 «Tienila d'occhio», disse poi, accennando a Chris con un breve gesto della mano, e con un lungo sospiro uscì, senza preoccuparsi di chiudere la porta. L'altra ragazza emise un verso d'impazienza e si portò le mani ai fianchi, prima di dirigere la sua attenzione sullo scricciolo raggomitolato ai suoi piedi. Chris rabbrividì, pregando di essere lasciata in pace.

«Tu sei quella nuova, vero?» 

Chris annuì con riluttanza. Non le piaceva essere identificata in quel modo, ma non poteva farci nulla. L'altra sghignazzò e mise le mani in tasca, poi le diede la schiena. Era snella e dalle gambe lunghe, a occhio e croce più alta di lei, anche se dalla sua posizione non poteva dirlo con certezza. Si schiarì la voce e continuando a darle le spalle si presentò:

«Sono Kate, piacere di conoscerti. Tenta di fare la brava. Non vorrai farmi perdere la pazienza anche tu, mh?», disse, il tono di voce che tradiva la sua irritazione.

Chris non disse nulla, troppo stanca per ribattere, ma sobbalzò nel sentire il baccano. Chi stava fuggendo urlava in una lingua che richiamava vagamente il francese.

«Allora è vero che gli stronzi corrono più veloci», osservò l'altra, gorgogliando una risata in risposta alla sua stessa battuta. Si girò e puntò gli occhi inespressivi della maschera su Chris. Continuò a ridere, poi si fermò di colpo, facendo ciondolare il capo di qua e di là, e le piazzò un dito accusatorio in mezzo al petto.

«Vorrei che mi facessi un piacere. Beh, non esattamente un piacere: è più un consiglio. Quando vedrai che le cose ti stanno sfuggendo di mano e lui ha troppo potere su di te, impiccati. Basta che mi chiami e ti procuro tutto il necessario. Sono brava in queste cose. Solo un consiglio, sì. Alla fine, ammazzarci è quello che avremmo dovuto fare tutti...»

A Chris si strinse lo stomaco, orripilata. Kate rimase immobile per qualche altro secondo, poi si allontanò da lei e riprese a ridere, agitando il capo in modo sconsolato. Si portò una mano alla tempia.

«Starai pensando che sono una pazza, non mi conosci nemmeno. Oddio, sì, sono proprio ammattita. Beh, questo non vuol dire che io non abbia ragione: ricordati le mie parole, realizzerai che avevo ragione».

Defeated God || Ticci TobyWhere stories live. Discover now