0.5 Fimmta Söng - Kveðja

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0.5 Quinto Canto - Addio

Come la Fenice d'ombra rinasco,e ogni delicato petalo fuggiasco,perisce nella carezza di un bacio

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Come la Fenice d'ombra rinasco,
e ogni delicato petalo fuggiasco,
perisce nella carezza di un bacio.

Follia rimpie la mente,
offuscata dai tormenti della notte,
incontrastate quelle voragini corrotte.

La morte a me si accompagna,
nella solutudine di una triste vita.

La morte a me si accompagna,nella solutudine di una triste vita

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Neeïrmorv - 567 anni dal Sigurdagur.

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L'uomo gli dava le spalle, il busto piegato in avanti e i gomiti appoggiati mollemente sulla ringhiera, il capo piegato cinto da cadaveriche dita. A vederlo così, Brandir si sentì sopraffatto dall'apprensione e da una malcelata impotenza che non riusciva nemmeno a comprendere appieno: mai gli si era mostrato spettacolo più pietoso, mai credeva di veder qualcuno crollare in tale maniera.

E mai avrebbe creduto che quella figura angosciata, quasi ripiegata su se stessa – come fosse un foglio accartocciato malamente -, e avvolta da una tale sofferenza che la sua mente mortale riusciva a malapena scorgere, potesse essere quella dell'uomo che aveva imparato a non temere, conoscere, e a voler bene.

Con preoccupazione crescente, affrettò i passi nella sua direzione, l'espressione sul volto calato in una maschera di rughe e nervosismo, i battiti del cuore sempre più veloci, quasi inafferrabili, lo svolazzar rapido delle ali di un colibrì.

Un dolore sordo stava invadendo anche la sua mente, alla vista della sofferenza del suo sovrano: la persona che gli stava davanti, col viso rivolto alla magnificenza del baratro davanti a lui, non poteva – non poteva – essere quella di Vatikrd, così privo di forze e così debole e fragile. Pareva quasi un cadavere, tanto grande e oscura era l'aura che lo avvolgeva, lo opprimeva, lo soffocava, quasi fosse un drappo dell'Eilífur Dauði.

Brandir non aveva idea di quale male lo affliggesse tanto, ma intuì dalle sue spalle curve, dalla posa rigorosamente scomposta, che dovesse essere qualcosa che lo aveva devastato dall'interno, corrodendo quella debole fiammella che rimaneva della sua nera anima. Con un'espressione sconsolata, disillusa, dipinta indelebilmente sul volto, negli occhi, nella mente, poggiò una mano sulla spalla dell'uomo, e quasi fremette di irrazionale rabbia nel sentirlo sussultare sotto al suo tocco. Non poteva vederlo ridotto così, no, e decise che qualunque fosse il motivo della sua pena, vi avrebbe posto rimedio, a discapito dio ciò che sarebbe potuto seguire.

I Canti di Neeïrmorv - SulphiraWhere stories live. Discover now