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CAPITOLO 10

“Va meglio?” mi chiede premuroso Seb mentre cerca di accendere una candela.

Mi stringo nella coperta che mi ha dato, odora di fieno, faccio di sì con il capo, ma non è la verità.

“Ecco fatto! Finalmente!” esclama poi prende il posa candela e lo appoggia sul pavimento davanti a me. Adesso la luce schiarisce la baita: le sue pareti sono rozze, malandate, ci sono soltanto un tavolo di castagno e tre sedie parecchio stilizzate.

Guardo in alto “cosa c’è là?” domando indicando una botola nel soffitto

Lui si protrae, il pavimento cigola pietoso “Porta di sopra….al fienile..” mi spiega.

Un brivido mi percorre la schiena

“Hai freddo?”

Non mi dà tempo di rispondere e mi dà la sua coperta “Sei ancora tutta bagnata…” mi dice

“Anche tu…tienila..”

Alza le spalle “io ci sono abituato…sai quante volte sono stato sotto un acquazzone mentre pascolavo il gregge?”

Non voglio parlare di quel che è successo, non voglio parlare affatto e lui lo capisce e lo rispetta. Mi fa un sorriso d’incoraggiamento e si sistema in un angolo.

“grazie…Seb..” mormoro poi rimango a fissare la pioggia che batte sui vetri; il suo suono è simile a quello di una  malinconica litania, suona e si ripete all’infinito, mi culla e alla fine mi addormento.

Quando riapro le palpebre mi accorgo che non piove più anche se il cielo è ancora grigio, la luce nella stanza è più intensa.

“Ehi…ho trovato altre candele…ora si vede un po’ meglio..vuoi qualcosina da mangiare?”

Mi stropiccio gli occhi, tocco il vestito, è praticamente asciutto “quanto ho dormito?” farfuglio

“Più di tre ore…”

“non hai sentito arrivare nessuno?” chiedo, non che mi importi molto, che mi trovino pure e mi arrestino, la mia vita è distrutta, non so se troverò la forza di ricominciare da capo, di lasciarmi alle spalle tutto e tutti.

Scuote la testa “non ti cercheranno mai qui…nessuno sa dove sei tranne me, ma alla polizia non verrebbe mai in mente di interrogare un pastore e poi li sfido a raggiungere la baita..”dice con orgoglio.

Ripercorro con la mente il tragitto che abbiamo seguito durante la fuga, abbiamo camminato per ore in mezzo ai prati, con i piedi che affondavano nel fango, non so come Seb faccia a ricordare esattamente il percorso che porta sin qui dato che non c’è nessun sentiero battuto che lo indichi.

Lancio un’occhiata alle mie scarpe marroni di fanghiglia, mi brontola lo stomaco, arrossisco e fisso i piedi scalzi.

“hai fame…” constata lui, si avvicina e mi dà la mano, ho le gambe molli, si rifiutano di farmi alzare, sì forse il mio stomaco ha fame, ma la mia gola si rifiuta di mandare giù persino un granello di zucchero.

“Non puoi fare così Margot…” mi rimprovera in tono serio “Questa non sei tu…tu sei una persona che lotta con le unghie e con i denti, esiste una soluzione, ne sono sicuro…” fa una pausa “La troveremo…insieme, te lo prometto!”

In qualche modo percepisco un’energia positiva che arriva da Seb e mi invade, credo sia l’azione più altruista che abbia mai visto fare: non ha obblighi verso di me, non sono niente per lui, se non un peso, un pericolo. Potrebbe lasciami sola, ma non lo fa perché crede in me.

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