Parte senza titolo 9

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CAPITOLO

 La pausa è breve, giusto il tempo di una dormita perché la mattina di buon’ora ci dirigiamo già alla stazione. Ci accodiamo alla fila di persone già in attesa di arrivare allo sportello per l’acquisto del biglietto.

Non credevo che già al mattino presto ci fosse così tanto movimento.

Un uomo corpulento sbatte addosso ad Olivia facendole cadere la piccola valigia che ha portato per il viaggio. Lei si lascia sfuggire un gemito seguito da un’imprecazione non appena si accorge che parte del contenuto della borsa si è sparpagliato sul pavimento.

Mi accovaccio in fretta e l’aiuto a ributtare dentro tutto, poi lancio un’occhiata all’uomo che come se nulla fosse avanza tra la folla “Le sembra il modo?!” strillo

Olivia mi stringe un braccio per dirmi di tacere: meglio non correre rischi. Quello neppure si volta, però sposta più volte lo sguardo alla sua sinistra: ci sono altri tre tizi vestiti alla buona pressappoco come lui; di certo ben diversi dagli uomini in camicia del centro città.

Non so perché ma la faccia cagnesca di uno mi colpisce particolarmente: ha il tipico atteggiamento da canaglia piantagrane che a quanto pare è universale; negli ultimi mesi ne ho visti parecchi di farabutti nel mio mondo. Gli mancano metà denti e l’altra metà non pare in buono stato e poi ha una macchia olivastra sulla pelle abbronzata del viso. Non vorrei sbagliare, ma scommetto che fanno parte dello stesso gruppo.

“Non li fissare” mi ammonisce la mia amica mentre si stringe la valigia al petto

Abbasso subito la testa sul mio sacco, me l’ha portato Anna quando ha saputo che me ne sarei andata, sua madre lo usava per metterci le patate, ma per l’uso che ne dovevo fare era perfetto.

Questa volta salgo sul treno con più disinvoltura senza essere d’impiccio per la folla; mi metto seduta e Olivia mi passa uno dei panini dolci che abbiamo comprato in panetteria. Sono rimasta stupita nel vedere quanto valessero i beni che la borghese teneva in convento.

Dopo il mezzogiorno mi alzo per sgranchirmi le gambe ed evitare che mi vengano le formiche come la volta precedente; mi sposto di due carrozze: ci sono molti passeggeri alcuni mangiano compostamente; un ticchettio metallico attira la mia attenzione. Mi raggelo quando lo vedo: è l’uomo con la voglia olivastra che giocherella con un pezzo di ottone arrugginito, gli altro tre sono con lui, parlano animatamente con voci sudice, mi sforzo di non sentire i loro argomenti, trattengo il respiro e ritorno sui miei passi lentamente come se nulla fosse. Il problema è che non è nulla: quegli energumeni mi spaventano, mi trasmettono una pessima sensazione e se c’è una cosa di cui mi fido è il mio istinto.

“Sono saliti anche loro sul treno! Li ho visti!” esclamo concitata

Olivia aggrotta la fronte “Chi?!”

“Quei tizi della stazione….sai quello della valigia”

D’istinto controlla la direzione da cui arrivavo “Erano in coda per il biglietto, era probabile che prendessero questa corriera” alza le spalle “stai tranquilla, il treno è pieno di gente, sicuramente scenderanno ad una delle prossime fermate; non mi sa di gente che può permettersi un biglietto diretto per Torbelto”

Sospiro e prego con tutto il cuore che sia così.

“Accidenti!” impreca Olivia guardando desolata verso est “Non credevo che la stazione fosse così fuori mano…”

Non posso non notare che il cielo si sta già facendo scuro “Siamo così lontani dalla città?” domando preoccupata, dallo sguardo abbattuto che mi rivolge deduco la risposta, in effetti qui intorno non c’è anima viva, nessuna traccia di case o campi coltivati.

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