Inferno

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Izuku's pov
Un ultimo giorno, un ultimo giorno e il mio inferno finirà. Quando il prossimo anno sarò alle superiori, non dovrò più vedere Kacchan e potrò finalmente essere in grado di andare avanti, di buttarmi tutto alle spalle. Tutte le notte insonni passate a causa sua, a privarmi del sonno per cercare di capire, capire quando tra di noi si è creata questa voragine. Quand'è stato il momento in cui si è sgretolato tutto? Quando, di preciso, le convinzioni che credevo così concrete si sono frantumate mentre ancora le tenevo tra le mani?

Kacchan era la persona più importante della mia vita, il centro del mio mondo. E anche l'unica persona con cui ho fatto coming out. E' stato questo a rovinare tutto? Mi ha respinto, insultato, picchiato, deriso. Dopo quella mattina nulla è più stato come prima. Mi odia, mi vuole morto. E arrivato a questo punto mi ritrovo d'accordo con lui, non sarebbe meglio se sparissi?

Costringo me stesso ad entrare in classe, la testa che rimane ostinatamente chinata verso il basso, consapevole di avere lo sguardo di tutti puntato addosso. Vorrei avere il potere di diventare invisibile, di sparire e di non dover subire tutto questo ogni giorno. Anni di insulti, umiliazioni, anni in cui mi è stata negata la possibilità di vivere serenamente, di vivere l'adolescenza come chiunque altro.

Lascio cadere di peso il corpo sulla sedia, mentre non posso fare a meno di notare che gli insulti scritti sul mio banco sono aumentati. In questa classe mi odiano tutti, faccio schifo a tutti, e quelli che potrebbero salvarsi preferiscono girare la testa dall'altra parte ogni volta che i nostri sguardi si incrociano. Perché hanno troppa paura, troppa paura di affrontarne le conseguenze, di essere presi di mira a loro volta.

"Oi, Deku." I passi di colui che mi tormenta da anni rimbombano nella mia testa, creando un eco assordante che non fa altro che ripetersi e ripetersi, fino a quando non li sento fermarsi di fronte a me. Spero solo che il professore arrivi al più presto, che per una volta la fortuna possa essere dalla mia parte. "Cosa c'è, Kacchan?" Alzo leggermente lo sguardo per poterlo guardare negli occhi, quegli occhi così profondi da ipnotizzarmi ogni volta che si incontrano con i miei, di un rosso tanto scuro da far invidia al diavolo.

Il dolore arriva veloce, pungente come sempre, acuto e improvviso. Nonostante tutte le volte in cui sono stato colpito nel corso degli anni, ancora non sono riuscito ad abituarmi al bruciore che ne deriva, che non è mai diminuito di intensità, nemmeno un po'. E quando la mia schiena colpisce il pavimento sotto gli occhi di tutti, dopo l'ennesimo pugno, la loro reazione è la stessa di sempre. C'è chi ride, chi mi guarda di sottecchi e chi in fondo prova un po' di pena per me, eppure non osano mai provare ad alzare un dito in mia difesa. Ormai sono abituato, ho smesso di cercare di reagire, è un inutile tentativo che porterà solo ad altri pugni, ad altra sofferenza.

Cerco di rialzarmi con le forze rimaste, mentre avverto il sapore del sangue sul palato, quel sapore acre e nauseante che ho imparato a detestare, che mi fa venire voglia di rimettere istantaneamente. Ho tempo solo di poggiare un ginocchio per terra prima che un calcio in pieno viso mi costringa a stendermi nuovamente sulla schiena; la mia testa sbatte violentemente sul pavimento senza darmi la possibilità di attutire il colpo.

Rimango steso in silenzio, la vista che piano piano si fa sempre più offuscata mentre ingoio il sangue rimasto incastrato in gola. Stringo i denti e poso deciso lo sguardo su di lui, le sue iridi che bruciano nelle mie. "Cos'è? Vuoi fare il coraggioso, frocio?" I miei occhi non riescono a seguire i suoi movimenti, eppure il dolore arriva lo stesso, violento e istantaneo. La sua scarpa che mi colpisce con forza le costole. Che senso ha cercare di resistere?

Lascio che i muscoli si rilassino contro il pavimento freddo, in contrasto netto con il calore della mia pelle, la visuale che lentamente si tinge di nero ai lati. Riesco a deglutire a fatica a causa della sensazione oppressiva del cuore che batte tanto prepotente da sentirlo in gola, è l'unico dettaglio che mi convince a credere di essere ancora vivo.

"Perché?" Esce come un sussurro, nonostante il mio tentativo di tenere la voce ferma, tentativo inutile vista la mancanza di fiato. "Come?" Il tono intimidatorio che lascia la sua gola non mi fa però vacillare, non mi impedirà di parlare, anche se dovesse strapparmi le corde vocali. "Dove ho sbagliato? Perché mi odi così tanto?" L'impulso di vomitare è forte, voglio correre in bagno e rigettare tutto, ma il groppo in gola non me lo permetterebbe.

Lo sguardo schifato che mi rivolge lo sento strisciare sottopelle, mentre lo osservo inginocchiarsi alla mia altezza per avere la possibilità di afferrare le ciocche dei miei capelli tra le dita in una presa scomoda; costringendomi a guardarlo negli occhi, quegli occhi rosso fuoco che hanno iniziato a perseguitarmi anche negli incubi. "Perché?" Una risata di puro scherno gli lascia le labbra, e il suo sguardo mi mette i brividi, perché glielo leggo negli occhi che si sta divertendo.

"Perché sei solo un rifiuto, fottuta immondizia, non vali niente." Forse ha ragione, dovrei solo sparire, farei un favore a tutti, farei un favore anche a me stesso, evitandomi altra inutile sofferenza. "Non saresti mai dovuto nascere, mi fai vomitare." Lascia andare la presa di colpo, facendomi di conseguenza sbattere la nuca sul pavimento, rialzandosi senza concedermi un ulteriore sguardo. Perché dovrebbe d'altronde? Perché guardare da questa parte? Sono un qualcuno che lo disgusta, posare gli occhi su di me gli farebbe solo salire ulteriormente la nausea.

Cerco di rimettermi in piedi appoggiandomi alla sedia, le braccia quasi completamente prive di forza. "Eravamo amici." Lascio uscire un filo di voce allo stremo, le ginocchia che mi tremano, le gambe non hanno la forza di tenermi in piedi, ma non permetterò al mio corpo di cedere ora.

Lo vedo bloccarsi di colpo sui suoi passi, per poi girarsi nuovamente nella mia direzione in modo tortuosamente lento, solo pura repulsione trabocca dalla sua espressione. Un pugno sullo zigomo, un dolore intenso e penetrante, e sono di nuovo accasciato al suolo prima che il cervello possa rendersene conto, le mie gambe hanno ceduto.

"Non lo siamo mai stati. E vuoi sapere perché, Deku? Perché mi fai schifo, mi fai vomitare cazzo, crepa, feccia." Le lacrime trattenute fino ad ora escono tutte insieme, scivolando lungo le guance, mescolandosi al sangue, mentre nella mia testa non posso far altro che chiedermi se è davvero questo quello che merito. Forse ha ragione, non siamo mai stati amici. Ero solo io che lo seguivo ovunque andasse come un cagnolino, nulla di più, mi sono sempre aggrappato a qualcosa che non è mai esistito.

Si allontana definitivamente, lasciandomi a terra, incurante dell'imminente arrivo del professore, essendo consapevole che non dirò mai niente, che terrò sempre la bocca chiusa. Perché mi odia tanto? Non lo capisco, non ci arrivo, non so cosa ho sbagliato, non so dove ho sbagliato.

E quando sforzo le gambe a camminare verso casa, quando mi perdo nei pensieri con il corpo ancora dolorante, mi rendo conto che è finita per davvero. Terminata l'estate andrò alle superiori, potrò rifarmi una vita, potrò stargli lontano. Voglio imparare ad avere rispetto per me stesso, imparare ad accettare che quello sbagliato non sono io, che il problema non sono io. Spero solo di riuscire a trovare delle persone che faranno lo stesso, a cui andrò bene per come sono, un qualcosa che lui non è mai riuscito a fare, non ci ha mai nemmeno provato.

Lascio vagare la mente a quando eravamo piccoli, quando ancora riuscivamo a divertirci assieme, con nessun peso sulle spalle e nulla che ci preoccupasse. Legati a lui ci sono i ricordi peggiori, eppure anche quelli più belli. Spero solo di riuscire a dimenticarlo un giorno, di alleggerire almeno un po' il carico sulle spalle. Magari, prima o poi, smetterò di pensarci.

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