Il battito regolare del suo piede contro il pavimento di un grigio stinto risuona incessante nello stretto corridoio della presidenza. Tony comincia a pensare di essere lui, quello in punizione, e si passa per l'ennesima volta la mano sulla nuca, coi gomiti puntati sulle ginocchia in una posa d'eterna attesa. Sente delle voci ovattate provenire da oltre la porta di legno, con un vetro smerigliato che rende impossibile sbirciare all'interno, ed è abbastanza sicuro di riconoscere il timbro squillante di Harley di tanto in tanto.
Incrocia le braccia al petto con un sospiro, arricciando il naso per far scivolare un poco più in basso gli occhiali da sole rossastri, e schiocca la lingua in un moto esasperato.
Il pensiero di dover fronteggiare i due ragazzi lo mette più in ansia della prospettiva di un'orda aliena in avvicinamento. Almeno può disintegrarli, gli alieni.
Non è mai stato bravo a fare la figura di riferimento, ma pare che Peter e Harley lo vedano proprio in quel modo. Non sa come sia successo, visto che ha superato i quaranta ma dimostra cerebralmente qualcosa come dodici anni, in quanto a responsabilità e decisioni sensate — e, deve ammetterlo, il motivo per il quale è stato chiamato lì, a parlare con il preside Morita, è qualcosa che fondamentalmente è successa per causa sua e delle sue geniali invenzioni. Certo, Harley e Peter forse avrebbero dovuto usare quei così in modo più responsabile. Ma, lui, avrebbe fatto di meglio?
Un piccolo sorriso gli vibra sul lato della bocca. Nah, probabilmente no. Anzi...
Le voci all'interno della stanza proseguono ovattate e indistinte, così Tony aziona il cervello e parte un filmino mentale: lui che, severo, redarguisce i due ragazzi e questi che, silenziosi, incassano il colpo e abbassano la testa, chiedendo scusa. Utopia. Pura utopia, lo sa già.
Harley si rigira benissimo le frittate e Peter cerca di giustificare pure colpe palesi. Sarà difficile, e non tanto perché quei due sono così, ma perché — non lo ammetterà mai ad alta voce — vuole loro un gran bene.
Sospira. È più confuso e in ansia di prima, ora. Chiude e apre la mano sinistra, che ha iniziato a tremare.
Rimanda a dopo la gara mentale d'insulti a Cap che gli ha regalato quel tic molesto, e cerca di elaborare un piano. È teoricamente bravo, a farlo; l'unica pecca è che non lo ritiene mai necessario, visto che si affida alla sua leggendaria abilità nell'improvvisare con ciò che ha per le mani al momento. Il che si riduce, adesso, a Peter che probabilmente ce l'ha a morte con lui per avergli tenuto nascosto qualcosa – con quale faccia potrebbe mai biasimarlo? – e Harley che, anche in questa scuola tecnicamente "per geni", si trova nelle spiacevoli condizioni di dover usare un antibullo. Si rifiuta di pensare che i due l'abbiano usato per gioco, né tanto meno l'uno contro l'altro, anche se quel pensiero terrificante l'ha sfiorato: non sono attaccabrighe irresponsabili, non sono lui, non hanno la costante inclinazione a scoprire quanto possono tirare la corda con qualcuno prima che questi lo sollevi per il bavero e lo inchiodi contro l'armadietto.
Sospira a mezza voce, tirandosi nervoso il pizzetto. Non lo nega: da quel punto di vista è Harley, a impensierirlo. Città nuova, scuola nuova, amici nuovi... stessi bulli. Tony sospira di nuovo, adesso con una fitta di rabbia ad attraversarlo, e si spinge con un gesto secco gli occhiali sul naso.
Peter non è un ragazzo spavaldo, ma è Spider-Man. Finge di non averlo, il potere di difendersi, ma ce l'ha. Harley no. Harley è come lui: un cervello più grosso della sua pazienza. Ha un brivido lungo la schiena, che cerca di frenare, serrando le labbra; si raddrizza quando quello che a quanto pare è il preside Morita si affaccia dalla porta e lo guarda monoespressivo.
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The Super Life of Pete&Harl [ Harley & Peter & Tony ]
FanfictionUna raccolta di piccole storie autoconclusive, che narrano le avventure di Harley Keener e Peter Parker, sotto la supervisione di Tony Stark. Riusciranno a non farlo impazzire, prima della fine?