Aveva appena salutato Nail e già gli mancava. Chi avrebbe riempito le sue silenziose giornate adesso?
Aveva bisogno di quella complicità, di quell'amicizia leale e vera che, negli anni, solo Elger e Nail avevano saputo dargli.
In serata sarebbe passato a salutare Elger, erano trascorsi quattro anni da quando era partito e non vedeva l'ora di sapere che cosa aveva combinato in sua assenza.
L'unica cosa che consolava Ludwig era la corrispondenza, avrebbe scritto a Nail spesso e volentieri, specie perché preoccupato per la sua salute e perché interessato ai suoi progressi.
Era contento che la guerra fosse ormai giunta al termine, anche se dietro di sé aveva lasciato distruzione e morte, ma il pensiero di ritornare a casa non gli dava per nulla giovamento. Aveva imboccato la via del sentiero di casa, camminava lentamente, pregustando i suoi ultimi istanti di libertà, consapevole del fatto che lo avrebbero atteso soltanto doveri.
«Chissà quanto saranno cresciuti Natthasol e Lancelot» si disse a voce alta, con il sorriso sulle labbra. I suoi fratelli erano gli unici che gli addolcivano l'idea del ritorno. Improvvisamente si fece vivo un pensiero di angoscia. Lungo il tragitto aveva visto case distrutte, persone che avevano perso i propri cari: quella guerra aveva ucciso soldati e civili senza distinzioni. Era preoccupato, frettoloso di rientrare. Sperava che la sua casa fosse ancora lì ad attenderlo, sperava che i suoi fratelli fossero ancora vivi; quanto a suo padre non lo pensò affatto ─ ormai non provava nulla nei suoi confronti se non fastidio. Accelerò il passo, vittima delle sue preoccupazioni, arrivando presto davanti il portico della sua casa. Con sollievo si accertò che tutto era come lo aveva lasciato. Si fermò qualche istante e si lasciò andare a un lungo sospiro di sollievo. Solo in quel momento si accorse che aveva l'affanno, doveva aver camminato velocemente e quasi senza respirare. Volse lo sguardo verso le scale dell'entrata principale e vide un ragazzetto dai capelli rossi.
Nonostante fosse cresciuto, Ludwig lo riconobbe immediatamente. Gli sorrise.
Natthasol, dal canto suo, ci mise qualche secondo a capire chi fosse il nuovo arrivato, ma quando lo vide sorridere lo riconobbe immediatamente: era Ludwig ed era tornato.
Scese dalle scale così velocemente da neanche accorgersene, correndo così forte per raggiungere Ludwig che quasi non lo travolse quando lo abbracciò.
«Ehi, piano. Non mi hanno ucciso le bombe, vuoi uccidermi tu?» Ludwig rise, accarezzò la testa di suo fratello, scompigliandogli i capelli per poi abbracciarlo ancora più forte di quanto Natthasol non stesse già facendo.
«Mi sei mancato, Ludwig, mi sei mancato così tanto!»
«Anche tu mi sei mancato, Natthasol. Vedo con piacere che sei cresciuto!»
«Anche tu, Lud! Sei ancora più alto!»
«Me ne sono accorto anche io... Ma non ho potuto misurare la mia statura.»
«Sembri quasi un gigante! Gulliver!»
«Oh, andiamo! Sono tornato e mi prendi già in giro? Piuttosto, spera che nostro padre non ti abbia visto corrermi incontro, sennò ti tocca pure prenderle!»
«Me ne ha date di santa ragione in questi anni, anche quando sei partito ─ subito dopo.»
«Ecco... Me lo aspettavo» disse Ludwig preoccupato per Natthasol. Chissà che cosa doveva aver passato in sua assenza.
«Ma adesso non può averci visto, è impegnato. Sono giorni che risponde a delle lettere, parlava di trattative!»
«Siamo alle solite. Avrà sentito della fine della guerra e della perdita della Germania, quindi o sta cercando moglie per me, immaginando il mio ritorno, o sta insultando tutti i sopravvissuti per aver osato perdere.»
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La maschera
Historical FictionDietro il suono delle bombe, lo scoppio dei ricordi: un bambino troppo piccolo per responsabilità troppo grandi, il dolore della guerra, l'amicizia ferita, l'amore disilluso, il corpo vuoto e solo accanto all'affetto più puro del mondo.