capitolo 3

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Sono atterrato all'aereoporto internazionale di Antigua, ho viaggiato per circa 18h sono le 2.00 di notte e non so cosa fare fino l'indomani. Se sapevo che il viaggio sarebbe durato tutte queste ore, sarei partito la sera prima così ora starei comodo in un Taxi che mi avrebbe portato al villaggio.

Faccio una chiamata a mio padre che sicuramente starà in pensiero, lui sa che in viaggio non possiamo avere il cellulare acceso per probabili interferenze. Mi chiedo se lui sapesse che ci avrei messo tutto questo tempo per arrivare fin qui, e se lo sapesse perché non mi ha fatto partire prima? Ora io dovrei stare qui dentro finché l'aereoporto non apre? Dio che palle. Perché cazzo non mi sono informato su internet, almeno sto cazzo di biglietto me lo facevo io per un altro giorno.

"Papà" lo chiamo sospirando..

"ehy tutto bene?com'è andato il viaggio?" la voce insonnolita, evidentemente sa che ci avrei messo tutto questo tempo, altrimenti mi avrebbe detto 'figliolo solo ora ti ricordi di me'.

"sono da poco atterrato"

"Ancora non devono prelevarti?se vuoi chiamo Alexander" Alexander allora è così che si chiama.

"qui è tutto chiuso"

"impossibile, chiedi, solitamente ci sono sempre gli Scali, dovrebbero stare aperti" mi dice. Mi alzo dalla mia postazione, prendo la valigia enorme che mi sono portato appresso e ancora con mio padre al cellulare mi avvicino ad un uomo della sicurezza.

"salve dove per l'uscita?" domando direttamente, lui mi indica una stradina che porta direttamente a l'uscita.

"avevi ragione, ora stacco"

"No aspetta.. se vuoi chiamo Alexander per farti venire a prendere."

"no non preoccuparti, fermerò un taxi, Buonanotte papà"

"Buonanotte figliolo" interrompo la telefonata e poso il cellulare nella tasca, avverto il caldo della notte che mi picchietta sul volto, è una bella sensazione stare qui, in un posto lontano dalla mia casa, dove posso fare tutto quello che voglio, ovviamente dovrò lavorare altrimenti chi ci sarebbe mai venuto qui giù, ma la sola idea che mi trovo ad Antigua mi eccita parecchio, non vedo l'ora di arrivare al villaggio, non vedo l'ora di Visitare questa meravigliosa isola.

Vedo un taxi in lontananza e lo fermo, un uomo alto in camicia bianca e un pantalone scuro mi blocca con un sorriso da capogiro, si è un uomo ma cazzo anche gli uomini hanno il suo fascino, avrà sicuramente una quarantina d'anni. "salve lei è il signor. Fongaro?" acconsento e sorrido, sarà lui l'uomo che dovrebbe portarmi al Jolly Beach.

"si, lei come si chiama?" ammicco, occhi castani e capelli biondo cenere, ha gli zigomi squadrati con un taglio di barba di un giorno, è davvero bello.

"Christopher" mi porge la mano e la stringo, le sue mani sono lisce e curate, le unghie limate alla perfezione, un orologio Armani con tanto di Swarovski al polso, per non notare la camicia sbottonata dove si intravede la peluria dell'addome rasata con una catenina di oro bianco ad Ancora'.

Entriamo nella macchina data dal villaggio è una Hyundai Kona nera e bianca, il proprietario si tratta bene a livello di macchine, mi chiedo come sia. Sicuramente sarà un vecchio scorbutico con i peli che gli sporgono dal naso, con delle lenti a fondo di bicchiere rotondi, denti storti e un sorriso con tanto di bava agli angoli della bocca e, con questa immagine nella testa faccio una smorfia che attira l'attenzione di Christopher "qualcosa non va Signor. Fongaro?"

"mi chiami Simone, comunque si tutto bene, pensavo" chiudo senza dire null'altro, Chris sembra capire e tace, come giusto che sia.

Le strade sono deserte, solo pochi gruppi di ragazzi sballati dopo una bottiglia di alcool e qualche canna sono sdraiati sull'erba fresca della sera. Lampioni accesi per dare luce alle strade di notte, le stelle nel cielo con la luna piena. Si dice che quando c'è la luna piena nascono i figli maschi chissà se è vero? Chissa se io sono nato con la luna piena. Eppure come vorrei sapere chi è la mia vera madre e perché mi ha abbandonato. Mi chiedo spesso se quel giorno non fossero venuti i Signori Fongaro all'orfanotrofio io che fine avrei fatto, qualcuno mi avrebbe adottato? Lascio perdere questi pensieri e mi focalizzo sulla strada che termina giusto in quel momento. La macchina si ferma davanti ad un cancello aperto di ferro bianco con le asse a forma di freccia, mi ricorda Arrow, la serie americana che vedevo ogni sera sul divano di casa, quando in casa non c'era nessuno, soltanto il silenzio a farmi da compagnia.

Antigua(sospesa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora