Capitolo 3

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Le lezioni erano concluse e tutti se n'erano andati, ritrovandosi da sola immersa nel placido vuoto di quel corridoio immenso.

Respirò a fondo, dando un'ultima occhiata veloce alla finestra che dava sul parcheggio e a quella decina d'insegnanti che ancora non si erano ritirati, e restavano incollati dietro ai cancelli.

Si appoggiò per un attimo con la testa al vetro, sbuffando per l'esasperazione, e chiuse gli occhi immaginando di essere nel suo nuovo appartamento.Avrebbe letteralmente pagato oro per la possibilità di teletrasportarsi già là, in mezzo agli scatoloni che non aveva minimamente voglia di disfare, ma il suo nuovo insegnante aveva ben pensato che non fosse abbastanza l'agonia di quella mattina, ma che dovesse ancora sopportare di essere messa sotto esame prima di poter correre a casa.

'Tra mezz'ora nel mio ufficio' le aveva detto qualche minuto prima, bloccando la sua fuga. 'Sbrigo solo un paio di faccende con coloro che ci mettono i soldi per mandare avanti questa istituzione che lei non rispetta.'

Non le aveva neanche lasciato il tempo di replicare, probabilmente perché non c'era modo di dire "no" ad uno autoritario come lui. Per questo si era ritrovata in quel corridoio, ad aspettare che la sua riluttanza nel dover affrontare chissà quale conversazione si decidesse a placarsi e a lasciarle la speranza e la possibilità di chiudere velocemente anche con quella grana improvvisa e andarsene.

Gettò l'ennesima occhiata all'orologio e avanzò dentro di sé la preghiera che la faccenda si risolvesse in un paio di minuti al massimo; mosse dei passi fiacchi e bussò alla porta. Due tocchi morbidi, un po' svogliati, probabilmente udibili dall'altra parte solo perché in quella stanza regnava un silenzio perfetto.

Un mugugno indistinto si fece udire oltre la soglia e interpretare come un invito a entrare. Abbassò quindi la maniglia così da poter aprire la propria visuale su una stanza piuttosto ampia, moderna e fredda, decisamente impersonale per un tipo come lui , che di personalità, invece, sembrava averne fin troppa.

«Cosa doveva dirmi, professore?» domandò immediatamente, senza frasi di circostanza in mezzo.

Wayne le fece cenno di attendere mentre scrutava fin nell'ultima nota un documento che lo stava facendo corrucciare. Mangiucchiò per un po' il cappuccio della semplice penna blu da due soldi,finché finalmente sollevò gli occhi verdi su di le e le sorrise.

«Prego, accomodati» la invitò, indicandole una delle sedie, e Kate a quel punto ebbe la certezza che quella chiacchierata si sarebbe protratta per un periodo più lungo di quanto fosse disposta a tollerare.

Sforzandosi comunque di nascondere l'insofferenza, prese posto sul morbido cuscino di pelle nera e attese in silenzio che Wayne iniziasse a parlare. Questo però non prese immediatamente la parola, continuando invece a fissarla e a sorriderle in modo enigmatico. Sembrava perfettamente a suo agio, tranquillo come se fosse sul punto di disquisire sul tempo o di offrirle una tazza di tè, biscotti e, perché no, anche un'improbabile fetta di torta. Pareva che la conversazione per cui l'aveva convocata non avesse alcuno scopo preciso, eppure Kate sentiva di non potersi rilassare altrettanto. Era come se qualcosa, nascosta da qualche parte nel profondo, la stesse mettendo all'erta.

«Allora» esordì infine con tutta la calma del mondo, andandosi ad appoggiare placidamente allo schienale della poltrona e congiungendo le mani sulla pancia, «davvero non immagini perché ti abbia convocata?»

«No» fu la sua risposta secca, a cui l'uomo fece seguire un lieve guizzo delle sopracciglia, prima di appoggiare l'estremità della penna a picchiettare sulle labbra.

Teach me, Prof!Where stories live. Discover now