CAPITOLO 46

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Korra era steso sul divano, annoiato. Aveva una gamba piegata e l'altra distesa, stravaccato con cipiglio irriverente. Continuava a giocare con un coltello, passandolo da una mano all'altra e sbirciando di tanto in tanto i propri allievi mentre si allenavano.

Proprio mentre stava roteando la punta della lama su un dito una palla di fuoco gli sfiorò la testa, mancandolo di un soffio.

«Jamie! Dannazione!» squittì il drakos, afferrandosi una ciocca di capelli che stava prendendo fuoco. Sgranò gli occhi. «Fa' attenzione a dove diavolo spari le tue palle di fuoco.» Picchiettò la ciocca con due dita, scuotendo la testa con disappunto. «Cavolo! Dovrò farmeli sistemare.»

«Scusa, Kò... son cieco... sai com'è!» Le ali di Jamaar si allargarono mentre librandosi da terra prendeva quota. Ghignò. «E poi non è colpa mia se le mie palle vanno a fuoco... e non parlo in sens-» Non riuscì a finire la frase perché una sfera di ghiaccio lo colpì in pieno petto con la potenza di una palla demolitrice, lanciandolo dall'altra parte della stanza, contro il muro. Quando crollò in terra, sulla parete si formarono un'infinità di crepe e dei calcinacci gli caddero addosso.

«Tu parli troppo» lo apostrofò Arteca, facendosi roteare su una mano l'ennesima sfera di ghiaccio. Spiegò le ali e rimase immobile, sospeso.

Korra li fissò estasiato. Non riusciva ancora a capire come i due drakos fossero del tutto ciechi in condizioni normali e come invece all'improvviso riacquistassero la vista una volta mutati o parzialmente mutati. Evidentemente nella loro forma inumana ogni senso era rimasto al proprio posto. Stava studiando la questione. Ad ogni modo, con la presenza delle ali, vedevano. Entrambi.

«Che c'è? Ora non posso più nemmeno lamentarmi del fatto che non faccio sesso?» sbraitò l'altro, pulendosi un rivoletto di sangue mentre si rialzava. Si spazzolò i pantaloni un paio di volte, togliendo la polvere dei calcinacci. «O ti fa arrabbiare che non stia ancora facendo un pensierino su di te, eh?»

Le guance di Arteca si colorarono, in netto contrasto con il pallore della pelle. «Stronzate!» Gli lanciò l'altra sfera prima che notasse il suo imbarazzo.

Jamaar questa volta non si fece trovare impreparato, scartò di lato e con un rapido battito d'ali lo raggiunse, aggirandolo e afferrandolo di spalle, con un braccio attorno al collo. «Sei mio!»

A quelle parole Arteca perse la concentrazione, le ali gli si richiusero con uno scatto sulla schiena e improvvisamente non fu più in grado di restare sospeso in aria. «Cazzo, no!» Precipitò in picchiata verso il suolo, trascinando con sé anche Jamaar che non riuscì a liberarsi in tempo dalla sua presa.

Il boato della caduta si propagò in tutta la stanza e Korra fu investito da un'ondata di potere così intensa che i capelli gli turbinarono attorno al viso come se lo avesse appena investito una tromba d'aria. Si alzò svogliatamente dal divano e li raggiunse, ghignando. «Dovete imparare a rimanere concentrati» disse, rivolgendo uno sguardo eloquente ad Arteca, che in tutta risposta arrossì, chinando il capo.

«Mi ha tirato giù lui» brontolò Jamaar, rifilando all'amico una gomitata. «Stavo volando bene. Ed ero perfino riuscito a gestire il fuoco.»

Arteca rispose con una spinta. «Oh, ma piantala! Io qui, io lì, io là... non sai dire altro! Sei un tale egocentrico...»

«Davvero?» Con un gesto fulmineo gli afferrò il viso con una mano, costringendolo a guardare in sua direzione. I loro occhi si intercettarono e in quel breve istante, in cui le loro ali gli avevano restituito la vista, si guardarono per davvero. «Avrei giurato ti fossi distratto per altro...»

«Vaffanculo!» Una fitta nebbia gelida si allargò intorno a loro mentre Arteca si liberava dalla sua presa, schiaffeggiandogli la mano e distogliendo lo sguardo. «Sei un vero coglione!»

«Che hai detto?» Lo afferrò per la cintola.

«Basta! Basta, bambini! Andate a discutere delle vostre questioni in altri lidi più appropriati!» Lo sguardo severo di Korra mise entrambi a tacere. «Forza! In piedi! Voglio rivedervi provare le sfere di ghiaccio e fuoco. Dovrete esercitarvi finché non avrete imparato a padroneggiarle a dovere.»

Jamaar fece per protestare ma le sue parole vennero interrotte dalla suoneria di un cellulare. I tre si guardarono un attimo attorno poi Korra capì che il rumore proveniva dalla sua tasca, sollevò un dito per mettere a tacere gli allievi e si allontanò guardando lo schermo.

Arthur King. Singolare, come chiamata.

Rispose subito. «Qual buon vento, Mr.King del Michigan...»

La voce al di là della cornetta sembrò quella di un uomo in bilico sulla bocca dell'inferno. «Salve, drakos.» Potevano due sole parole trasmettere rabbia, smarrimento e oblio? Korra rabbrividì. L'uomo che aveva conosciuto e stimato sembrava improvvisamente essersi dissolto nel nulla, divorato dalla sua inumanità. Perché non c'era nulla di umano in quella voce. «Ho un piccolo favore da chiederti.» Sbuffò una risata mentre lo diceva. Come se si trattasse di qualcosa di divertente. Peccato che il tono tagliente e lapidario raggelò l'intera frase.

Korra rimase muto. Turbato. Non sapeva cosa stava succedendo ad Arthur King ma era sicuro che non stesse affatto bene. Lo percepiva.

«Sto andando in Kansas ad ammazzare il Magister del luogo.» Da solo. Non voleva mettere in mezzo nessuno dei suoi sudditi. Lo aveva deciso dopo aver lasciato i cadaveri di Bröna e David alla clinica Brown. Di loro se ne sarebbe occupato al ritorno. Sempre che fosse tornato.

«A fare cosa?» gridò Korra, non riuscendo a credere alle proprie orecchie.

«Manda le Sei Punte a prendermi. Aspetterò.» E riagganciò. In fondo, non c'era bisogno di dire altro, Arthur sapeva che sconfinare e uccidere un King era punibile con la morte. Il Consiglio degli Artigli non faceva eccezione. E forse a lui nemmeno interessava più.

«Che succede, Kò?» domandò Arteca, avvicinandosi con cautela.

Il drakos si girò rilasciando un'ondata di potere denso e rovente che investì entrambi gli allievi inchiodandoli sul posto. Poi si mosse fulmineo verso il divano, agguantando la giacca della divisa. «Forza! Andiamo!» sbraitò, filando dritto verso la porta.

Gli altri due lo seguirono senza nemmeno farsi domande.

Quando Korra impartiva dei comandi con quel tono... c'era sempre un motivo più che valido.

ARTIGLI - BACIO INATTESOWhere stories live. Discover now