CAPITOLO UNO

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RIKKI

"Camminare a testa alta ed essere sicuri di se stessi, ecco come bisogna affrontare la vita"mi ripeteva sempre nonna Violet.

Come ogni mattina, da ben tre anni ormai, cammino a testa alta verso la solita macchinetta del caffè grigia del mio ufficio, per prendere il mio cappuccino dolce.

L'ideale per cominciare una giornata di lavoro.

Prelievo il bicchiere di plastica che scotta un po' e mi dirigo a passo svelto verso il mio ufficio, con i miei inseparabili tacchi alti che ticchettano sul pavimento di legno color mogano, richiamando l'attenzione di quasi tutti gli impiegati.

Davanti la porta del mio ufficio è accostata una scrivania bianca, dietro cui, ogni mattina trovo la mia assistente Sara, sempre pronta ad aggiornarmi e ad avvertirmi dell'arrivo del mio odioso compagno d'ufficio.

Mi sfilo il cappotto e lo passo alla mia assistente insieme alla borsa, e come ogni mattina questo gesto non fa altro che ricordarmi il film: Il diavolo veste Prada .

«Buongiorno, aggiornamenti?» Le chiedo sfilandomi gli occhiali da sole per poterla guardare meglio.

Spero vivamente che Mr sono-stronzo-tutto-il-giorno non sia ancora arrivato, altrimenti dovrò assistere ad una delle sue solite battutine.

Odio arrivare dopo di lui!

«Niente di importante, non hai molto lavoro da svolgere oggi, ma in compenso hai una riunione alle 9.30 insieme a tuo padre... Ah, quasi dimenticavo, lo stronzo è già arrivato»

Sara è la mia assistente, ma questo non vuol dire che non siamo amiche, e che abbiamo solo un rapporto lavorativo, ecco perché chiama Jace con il soprannome che tutto l'ufficio usa per identificarlo.

Inutile dire che si è portato a letto quasi tutte le sue assistenti, compresa la mia, e varie impiegate e modelle. Ecco perché, la mia amica e assistente di fiducia, mi avverte sempre del suo arrivo anticipato.

«Beh, vado ad ignorare una delle sue solite battute» Le rivolgo un sorriso e mi rimetto gli occhiali. So che non ha senso visto che siamo al chiuso, ma mi aiuta ad evitare lo sguardo sexy che mi rivolge ogni mattina con la speranza che io vada a letto con lui, è da un po' che continua a farlo e io odio sentirmi in imbarazzo, in particolare con Jace Walker.

So che non dovrei esserlo, ma sono pur sempre una donna, e lui è un "uomo" fin troppo attraente.

Spingo la porta del mio ufficio e senza guardarlo mi avvio verso la mia scrivania, uguale alla sua, mi siedo sulla morbida sedia di pelle pigiando, in contemporanea, il tasto d'accensione del computer.

«Sei in ritardo, principessina. Per caso il tuo sedere non entrava più nei tuoi Jeans firmati?» Ed ecco la battuta del giorno, che per lui è come un "Buongiorno Rikki". Distoglie lo sguardo verde smeraldo dallo schermo e controlla la mia reazione.

In tutta risposta, mi limito a sfilarmi gli occhiali dal viso con un ghigno infastidito, ad alzare il dito medio smaltato di nero e a cambiare il mio ghigno in un'espressione tra il disgusto e l'intolleranza.

Infine mi metto a lavoro ignorando la sua risata divertita e soddisfatta.

Io e lui non parliamo molto, ci limitiamo a scambiarci parole o domande monosillabi riguardo al lavoro, probabilmente perché non abbiamo molto in comune; frequentiamo gli stessi amici è vero, ma anche all'infuori dell'ufficio ci limitiamo a vari insulti o risposte brevi ed essenziali.

Durante gli anni i nostri genitori, hanno provato a farci riavvicinare, utilizzando la scusa del lavoro per organizzare varie cene o pranzi, ma senza alcun successo.

Indovina Perché Ti SposoWhere stories live. Discover now