Fiocchi di neve

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Erano gli inizi di dicembre quando le strada di Bologna iniziarono a ricoprirsi dei primi fiocchi di neve che sembravano presagire l'arrivo di un inverno lungo e freddo. Come ogni mattina, Cesare non aveva voglia di alzarsi dal letto per andare al lavoro. Odiava quel freddo pungente che si insediava nelle ossa quando il caldo piumone non era più a contatto con il suo corpo. Ma, purtroppo, il lavoro era un impegno a cui non poteva mancare e, quindi, a fatica scese dal letto. Si diresse in cucina dove si fece un bel tea bollente sperando che, quel calore, potesse riscaldarlo almeno un pochino. Mentre lo beveva, i suoi occhi si posarono sulla finestra della cucina lasciata leggermente aperta che continuava a fischiare a causa del forte vento che stava dominando quella mattina. Il cielo era completamente grigio e la piccola piazzola di fronte casa sua era stata ricoperta da un leggero manto bianco che le dava un non so cosa di misterioso. Cesare rimase imbambolato qualche minuto a fissare quel paesaggio che, in una sola notte, aveva cambiato aspetto rendendolo ancora più affascinante. Ma lo squillo del cellulare lo fece destare da quel attimo di catalessi che lo aveva invaso.

"Ciao Nelson" disse il ragazzo una volta risposto alla chiamata.

"Cesare hai visto fuori che bello spettacolo?" gli domandò Nelson il cui tono di voce gli fece capire quanto fosse felice nel vedere la neve. Egli, infatti, fin da piccolo amava la neve, a differenza di Cesare che, una volta cresciuto, non riusciva più a capire cosa ci fosse di tanto bello in essa.

"Si Nelson, ho notato. Ma solo per questo mi hai chiamato?" chiese Cesare un po' spazientito per essere stato disturbato nel suo momento di relax.

"Ti sei alzato dalla parte sbagliata del letto?" gli domandò Nelson avvertendo del nervosismo nel tono di voce di quest'ultimo. Rendendosi conto di aver risposto male all'amico, Cesare gli porse delle scuse che vennero accettate senza troppi problemi. I due ragazzi, poi, si salutarono perché si erano accorti di essere entrambi in ritardo per il lavoro. Così, una volta terminata la chiamata, Cesare si vestì velocemente per poi uscire di casa per recarsi allo studio. Normalmente era solito andarci con la sua adorata moto, ma, purtroppo, quel giorno il tempo non lo consentiva. Di mala voglia prese le chiavi della sua auto e, una volta dentro, accese il riscaldamento e mise a tutto volume la radio. Almeno avrebbe smorzato un po' quel grigiore con della musica allegra. Una volta in studio, salutò i suoi amici che, nel frattempo, avevano iniziato a sistemare gli oggetti che sarebbero serviti per le riprese di quel giorno. Si mise anche lui ad aiutargli finché la porta dello studio si spalancò facendo entrare Nelson.

"Buon giorno a tutti" disse il ragazzo a corto di fiato. Si capiva benissimo che aveva fatto tutto di corsa per cercare di sbrigarsi.

"Sei in ritardo" affermò Cesare con un ghigno in faccia di chi sapeva di essere anche lui in ritardo, ma di essere arrivato prima.

"Disse colui che è arrivato giusto cinque minuti fa" lo schernì Frank facendolo venire deriso da Nelson come sorta di rivincita personale. Un'occhiata torva da parte di Cesare fece subito smettere Nelson di ridere e, schioccando un bacio a distanza, gli disse:" Sono lo stesso arrivato prima di te, tesoro".

"Ecco che la coppia di scemi ricomincia a bisticciare" disse Tonno con la videocamera in mano per non farsi scappare questo momento esilarante da poter mettere nel backstage.

"Datevi un bacino per fare pace" continuò Dario divertito nel vedere le loro espressioni corrucciate a causa della frase di Tonno.

"Siiiii! Bacio, bacio, bacio" esclamò Nicolas afferrando Nelson per portarlo vicino a Cesare il quale gli stampò un bacio sulla guancia come segno di riconciliazione. I due ragazzi sorrisero all'unisono per poi andare in postazione a registrare la nuova puntata di Space valley. Ma quell'oggi Cesare non era molto in sé. Normalmente adorava passare tutto quel tempo con i suoi amici in quanto, ogni giorno, ne accadevano di cose divertenti. Ma, in quella mattinata di inizio dicembre era più svogliato del solito, come se il mal tempo lo avesse influenzato rendendolo meno loquace. Aveva provato anche a portarsi avanti con la copertina di una vecchia puntata, cosa che non riuscì a fare perché passò la maggior parte del tempo a fissare lo schermo del computer senza concludere nulla.

"Tutto bene Cesare?" gli chiese Nelson facendolo sussultare.

"Mamma mia Nelson. Mi hai fatto prendere un colpo" rispose il ragazzo portandosi una mano sul petto come se volesse controllare il suo battito accelerato.

"Scusa, non volevo spaventarti. Mi stavo semplicemente domandando come mai oggi sei così spento" gli disse Nelson preoccupato.

Cesare gli sorrise. Non immaginava che qualcuno lo notasse, però, effettivamente, con Nelson aveva un fortissimo legame e bastava un semplice sguardo per accorgersi se qualcosa non andava.

"Sono solo un po' spazientito. È a causa della neve, stupenda da guardare, ma impossibile per conviverci. Blocca tutta la città e il traffico aumenta a dismisura" rispose il ragazzo sbuffando leggermente.

"Questo perché non hai mai provato le gioie della neve! Basta lavoro per oggi. Usciamo da qui. Ti mostro come questa giornata che hai iniziato storta può prendere una piega super piacevole" affermò Nelson afferrando per il braccio l'amico per farlo alzare da quella sedia che sembrava lo avesse inglobato come per non farlo andare.

Cesare lo guardò perplesso, ma si fidava ciecamente di Nelson. Per cui accolse ben volentieri il suo invito e, salutando il resto dei ragazzi, uscirono dallo studio per dirigersi alle rispettive automobili.

"Dove dobbiamo andare?" gli domandò Cesare che nel frattempo aveva aperto lo sportello della sua macchina.

"Non te lo dico! Sarà una sorpresa. Basta che mi segui" esordì Nelson molto soddisfatto per essere riuscito a convincerlo.

Così i due ragazzi cominciarono a percorrere le strade imbiancate di Bologna per poi proseguire in periferia fino a raggiungere uno spiazzale molto grande dove si accostarono per scendere.

"Perché mi hai portato qui?" domandò il ragazzo rimasto interdetto nel trovarsi in quel posto. Non c'era assolutamente niente, solo un enorme prato ricoperto di neve. Ma non ricevette nessuna risposta. "Nelson?" ripeté più volte il ragazzo preoccupato dal fatto che non vedeva né sentiva più l'amico. Poi una palla di neve lo colpì in pieno volto facendo uscire dal suo nascondiglio Nelson che stava ridendo a crepapelle mentre il povero Cesare si era portato le mani al viso come se si volesse riparare. Non fece in tempo a controbattere che Nelson gliene lanciò un'altra.

"Forza Cesare combatti" urlò il ragazzo con le braccia aperte come se volesse invitarlo a colpirlo. Cesare non se lo fece ripetere due volte e, afferrando un mucchio di neve, glielo lanciò dritto nello stomaco facendolo cadere per terra. Questo fu l'incipit di una battaglia arditissima di palle di neve che non vide nessun vincitore e nessuno sconfitto, solo due ragazzi spensierati come non mai che si sbellicavano dalle risate. Era veramente da tanto tempo che Cesare non si divertiva così con la neve. La sua ultima battaglia a palle di neve risaliva quando ancora andava alle elementari. Pensava di essere troppo grande per questi giochi, ma a quanto pare Nelson era riuscito a farlo ricredere, cosa per cui lo ringraziò tanto. Tra una battaglia e l'altra e la sfida a chi costruiva il più bel pupazzo di neve, Cesare stava assaporando cosa significasse essere libero. Solo Nelson era stato in grado di fargli cambiare opinione riguardo alla neve. Sembrava che fossero tornati bambini, spensierati come non lo erano stati per parecchio tempo. Solo quando le luci dei lampioni si accesero si resero conto di essere rimasti in quel luogo per molte ore. Decisero che era meglio tornare a casa, anche perché il freddo si stava facendo sentire. Bastò uno sguardo per capire che entrambi volevano rifare una giornata del genere. Era vero che stavano spesso insieme, ma era a causa del lavoro e generalmente c'erano anche gli altri ragazzi. Era raro che stessero da soli e, entrambi, avvertivano la necessità di trascorrere più tempo tra loro come facevano quando erano piccoli. Nelson e Cesare, dalle loro macchine, si salutarono con un grande sorriso in cui c'era il senso di tutto quello che stavano cercando: complicità, amicizia, voglia di trascorrere più tempo insieme e forse... anche qualcos altro che stava iniziando a nascere. Ridere in due non è un modo di amare?

Un inverno di emozioniWhere stories live. Discover now