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Cos'è successo?
... Jungkook ...
... Kai ...
... Jiwoo ...
... Jin ...
... Namjoon ...
... Yoongi ...
... Hoseok ...
... Taehyung ...
... Jihan ...
Di chi sono questi nomi?
Perchè non ho ricordi?
Mi chiamo Jimin, sono un guaritore, sono un ibrido e non ricordo altro!

Un fascio di luce calda filtrava dalle tende, in esso, piccoli granelli di polvere danzavano elegantemente sulle note del silenzio.
Fu questo che Jimin vide aprendo gli occhi.
Un dolore lancinante gli prendeva la testa e il corpo smorzandogli il respiro in gola.
Un gemito di dolore gli sfuggi dalle labbra mentre si metteva a sedere su quell'immenso letto.
La stanza in cui si trovava era esageratamente grande.
Il pavimento era  scuro fatto di lastre scure in ossidiana. Era finemente lavorato al punto che le giunture deille grandi lastre non era percepibile sotto i piedi. Dal soffitto pendeva un enorme lampadario in cristallo, sotto quello era situato un divano bianco in pelle con seduta larga e un tavolino in vetro a piede unico in oro giallo.
Le pareti erano completamente bianche con decori floreali in lamina d'oro
Quando riuscì  ad alzarsi come prima cosa raggiunse una delle immense finestre e spalancò le tende bianche.
La luce del sole irruppe nella stanza illuminandola completamente in tutto il suo sfarzo.
Con mano inferma aprì la grande porta in vetro ed un forte odore di salsedine colpì il suo naso.
Con passo infermo,  mentre una brezza calda gli scompigliava i capelli,
salì quei tre gradini che lo separavano dalla balconata in marmo a pochi metri da lui.
Jimin si avvicinò  e un senso di libertà   e insignificanza si impossessò del suo cuore inmamzi la grande distesa di acqua salata che vide, finí col perdersi oltre alla linea dell'orizzonte.
Lo sciabordare delle onde era accompagnato dallo stridio dei gabbiani quello fu il primo suono che udì.

"Dove sono?" mormorò tra se e se.

"A casa!" disse una soffice voce femminile.

Jimin si voltò di scatto trovandosi davanti a una ragazza sconosciuta.
I lunghi capelli castani gli ricadevano fluenti sulle spalle incorniciando un bel viso dalla carnagione molto chiara.
Sul volto perfettamente ovale spiccavano due grandi occhi verdi, un naso delicato e delle labbra leggermente carnose.
Indossava una tunica di un tenue color pesca.
Sembrava un angelo.

" Sono forse morto?"

Jimin arretrò di qualche passo vacillando quando il vento gli scaricò  addosso un ondata del suo odore.
Quella nota di mandorle che lo colpì gli fece capire di trovarsi davanti ad un omega come lui, ma insieme alla fragranza di mandorle si percepiva distintamente un' altro odore, molto più forte e pungente.
Fu proprio quel secondo odore che lo sconvolse e destabilizzò.
Aveva qualche cosa di terribilmente familiare, ma non sapeva cosa.

"Non voglio farti male Jimin" disse alzando le mani in segno di resa e fermandosi un paio di metri da lui.

"Come sai il mio nome?" chiese ancora più allarmato Jimin.

"Tutti conoscono il tuo nome qui alle Scogliere" sorrise la ragazza avanzando di un passo "Sono contenta tu ti sia svegliato ... Come ti senti?" chiese dolcemente.
Jimin non rispose.
Il suo sguardo vagò alle spalle della ragazza scorgendo un enorme giardino recitanto al di là di quale vide i tetti di diversi casi.
Un villaggio.

"Questa non mi sembra casa mia ... Dove diamine sono?"

"Chi sei?" chiese riportando lo sguardo su quelle iridi verdi come l'erba d'estate.
"Sono Go Ara .... piacere!" gli disse porgendogli la mano.
Jimin prese quella mano e la strinse delicatamente sorridendo timidamente.
Un altra fitta alla testa colpì Jimin che barcollò cercando un sostegno mentre una smorfia di dolore gli si disegnava sul volto.
"Presto, rientriamo in stanza, non dovrebbero vederci qui" disse la ragazza cincendogli le spalle con un braccio "Ti darò qualche cosa per il mal di testa, entriamo."
I due rientrarono nella stanza bianca che aveva accolto il biondo al risveglio.
Con delicatezza e premura Ara fece sedere Jimin sul divano e gli porse una coppa in argento contenete un liquido viola.
"Cos'è?" chiese Jimin annusando il liquido viola.
Non riusciva a capire cosa contenesse.
Il suo olfatto non lo aveva mai ingannato come non lo aveva mai fatto la sua ampia conoscenza di erbe mediche.
Sembrava  che il liquido fosse completamente inodore ma gli era comunque molto familiare.
Si concentrò maggiormente ignorando il dolore alla testa.
Sentiva un forte odore di sangue mescolato un odore fruttato.
Ribes.
"Il sangue per il lupo, il ribes per la strega ..." recitò Jimin
"... per rivelare la tua natura vera." concluse Ara.
Jimin si voltò verso la ragazza.
Aveva gli occhi lucidi e un dolce sorriso sul volto.

Perché questa ragazza conosce la filastrocca che mi cantava sempre  mamma per prendere la medicina per il mal di testa?

"Bevi con calma e poi fatti bel un bagno ..."
Ara  si alzò velocemente  per dirigersi alla porta sulla quale si fermò per alcuni istanti.
"...tra poche ore se starai meglio e ti presenterò gli altri" di esse chiudendosi la porta alle spalle.
Jimin rimase solo in quella stanza con i suoi pensieri.
C'è qualche cosa nell'odore di quella ragazza che gli provocava reazioni contrastanti e contrarie tra loro.

"Fatti un bagno"

Ricordò la parola della ragazza e inclinando la testa all'indietro bevve l'ultimo goccio del liquido viola.
Si diresse verso la porta in vetro sulla sinistra ed entrò in un bagno completamente in marmo bianco.
A ridosso della parete sud della stanza c'era un'enorme vasca da bagno già ricolma di acqua fumante.
Si avvicinò al lavandino e si guardò per la prima volta allo specchio. Aveva un aspetto orribile.
Aveva il viso scavato di un colorito spento, delle profonde occhiaie scure gli contornavano gli occhi leggermente itterici  e le labbra carnose erano screpolate.
Con fatica e accusando una sensazione di tensione al ventre si sfilò lentamente la tunica che indossava.
Solo quando l'indumento toccò il pavimento freddo il suo sguardo andò coraggiosamente alla sua immagine riflessa permettendogli di vedere la causa dei suoi dolori.
Era ricoperto di lividi ed ematomi.
Dal colorito risalivano tutti a diversi giorni prima dove la sua memoria scivolava inesorabilmente nella più completa oscurità.
Una sottile cicatrice in via di guarigione si poteva notare appena sopra l'orlo dei pantaloni.
Passava trasversalmente il suo addome congiungendo il fianco destro  a quello sinistro come un macabro sorriso.
Passo lentamente le mani sui lividi constatando, con un leggera pressione delle piccolendita, che il dolore provenisse proprio da loro.
Con estrema delicatezza passo i polpastrelli sulla cicatrice.
Non appena i polpastrelli sfiorarono il leggero spessore della cicatrice sull'addome un'altra fitta dolorosa lo colpì alla testa.

La fugace immagine di un soggiorno dai colori pastello gli si stampò in mente mentre una voce maschile con tono gentile e vivace gli parlava.
Non riusciva a vedere il volto dell'uomo che parlava ma poteva sentire solo un intenso profumo di anguria che provava da un'altra persona nella stanza.

Avrò un figlio? - Si Jimin -
Un figlio vero? - Si un bellissimo cucciolo.

Jimin entrò nella vasca e si lasciò andare ad un piano silenzioso finalmente consapevole cosa quella linea rappresentava.
Quella cicatrice non era altro che il promemoria di un bambino mai nato.
Il dolore dei lividi a causa delle botte che aveva probabilmente preso precedentemente non era niente rispetto al suo cuore spezzato.

Chi era il padre?

Con mano tremante andò a toccarsi il collo e potè sentire distintamente il segno cicatrizzato di un morso.

Il morso?
Ho un compagno?
Avevo un campagno?
Lui dov'è? Sta bene? È vivo?

Nell'acqua fumante della vasca cercò inutilmente di mettersi in contatto con il suo lupo.
Niente.
Nel profondo del suo animo in quell'angolo in cui avrebbe dovuto trovare il suo lupo non riusciva ad entrare.
Escluso completamente da una parte del suo essere.
Le lacrime iniziarono ad uscire ancor di più.
Non solo aveva perso il suo cucciolo ma aveva perso ogni contatto con il suo lupo.
L'unico contatto che gli avrebbe permesso di sapere.

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