Un domani, sì

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Te l'ho sempre detto, che non sei fatto per mangiare i Sakura-Mochi. La confettura alle fragole ti macchia la bocca di rosso, la colora di una tonalità invitante, e tu lo sai, Eren, quanto sia difficile resisterti. Eppure, ancor prima che mi sporga verso di te per saggiare la consistenza soffice, indescrivibile delle tue labbra lucide, ecco che mi strattoni per il polso, immergendoci nel caos che l'Hanami porta con sé.

Ridi, ridi come un bambino, mi illumini di te, e mi ricordi che un giorno al mese mi basta, per poterti amare anche in tua assenza. L'orario della partenza è vicino, ma la gloriosa spensieratezza acceca persino la più cupa tristezza, mentre sopra di noi oscillano le lanterne appese agli alberi di ciliegio. "C'è un sacco da fare", mi dici, ed io vorrei dirti che potremmo non fare nulla e mi andrebbe bene lo stesso. Ma mi lascio trascinare in silenzio, non sia mai che il tuo sorriso si spenga per il mio egoismo.

Mi fido di te e di questa notte, io che non mi sono fidato mai di nessuno eccetto me stesso; persino il tenero cuore dei fiori di ciliegio mi invita a lasciarmi andare, e come potrei fare altrimenti, quando ci sei tu a starmi vicino? Ecco, sì, prendi il telo occhiellato tinto di azzurro, e perché mi tiri giù? Tanto lo sai, che verrei comunque.

Ma quando li hai comprati quegli Hanami-Dango? Uno, due, tre, e poi ne mangi un altro infilato in un altro bastoncino. Non ti sembra di esagerare? No, no, mi rassicuri prima di stregarmi con le iridi immense, impossibili di chi sa di esercitare un potere, persino quando hai appena finito di mangiare quattro gnocchi di riso colorati con la voracità di un affamato. La luce giallognola delle lanterne ti illumina metà del volto, in un gioco chiaroscurale che ti fa apparire il soggetto d'un quadro; io, soltanto io posso essere l'artista che ha ritratto i tuoi particolari con una minuzia senza eguali, non credi?

Ora mi guardi con un lampo di confusione negli occhi, perché per la prima volta non accondiscendo ad una tua provocazione. Posso baciarti qui, se vuoi, dove la confettura alla fragola del dessert si è rappresa, all'angolo della tua bocca piena. E lo faccio senza ripensamento alcuno. Incantato da te, rinuncio ad ogni parte di me, la rendo tua, mentre nella tua bocca, sulla tua lingua, compio un viaggio a ritroso nella memoria.

Giunto sin qui, ad Osaka, ti sei lasciato alle spalle la confusionaria Tokyo per trascorrere con me quell'unico giorno promesso, il solo concesso dai nostri genitori. E poi ecco che ti illumini alla vista delle bancarelle, perché vuoi comprare tutto anche se hai pochi yen a disposizione. "Ma a chi importa?", mi dici, "Basta che ci sei tu" soffi nel mio orecchio. Ecco, mi stavo dimenticando la foto sul ponte, e come potrei? Il petalo di fiore fra i tuoi capelli, e subito un cipiglio risentito. "Ma non è un ciliegio!" esclami, e hai ragione: si chiama Prunus x Yedoensis, è un ciliegio ibrido, con i fiori carichi di un bianco gesso.

"Giusto, giusto" rispondi impensierito, prima di portare il petalo sul mio orecchio. È ancora qui, mentre ti bacio, emana un profumo delicato, quasi impercettibile. Sulla tua lingua il sapore inconfondibile della pasta di fagioli mi rimanda ai Sakura-Mochi, però subentra un secondo ingrediente: giusto, la foglia di ciliegio sotto sale, che a me non piace, lo sai, ma su di te assume un retrogusto particolare, lo sai?

Ti allontani da me quel tanto per inspirare, le labbra tumide ed il respiro sbalzato, i pensieri un po' confusi, offuscati dall'eccitazione, dalla nostalgia che, lo vedo chiaramente, sta iniziando a sopraffarti.

No, aspetta, baciami ancora, non ci pensare. Ma ti distacchi ancora, ed è difficile aiutarti a non riflettere, se sono il primo a farlo.

"Con te, oggi con te, Levi" mormori. E domani? Domani no, ma tra ventinove giorni sì.

Però, tu lo sai che te l'ho promesso. 

Oggi no; un domani, sì. 

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