Capitolo otto ❄️

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Il Grand Prix, uno degli eventi più attesi dai pattinatori e dai tifosi dello sport sparsi in tutto il mondo.
Il coronamento di un sogno per una semplice ragazza canadese come me, praticamente alla seconda esperienza in quel tipo di competizione.
Avevo infatti tentato la sorte anche a diciotto anni, riuscendo a portare a casa una medaglia d'argento. Ai tempi sufficiente, ma quel giorno non contemplata.
Non avevo fatto tanta strada per un secondo posto. Avevo bisogno di salire sul gradino più alto del podio, ne avevo bisogno più che mai; era la mia rivincita personale quella e anche un'occasione per lasciare il mio allenatore a bocca asciutta.
Volevo farlo ricredere su di me e concludere la nostra collaborazione col botto, siccome lui per primo apparentemente non incline al desiderio di voler proseguire.
Non aveva infatti mai accennato ad un futuro insieme dopo quella competizione e nemmeno mai mostrato l'intenzione di voler continuare ad essere il mio allenatore una volta concluso il Gran Prix.
Medaglia d'oro o meno quella sembrava la fine della nostra complicità.
Inoltre da qualche giorno l'aria tra me e l'uomo era stata molto tesa, soprattutto dentro l'abitacolo che ci aveva condotti circa tre ore prima nel palazzetto dedicato alla gara.
Ormai eravamo agli sgoccioli e una parte di me voleva godersi ogni momento insieme a lui, prima di lasciarlo andare via da me.
Mi presi quindi tutto il mio tempo per fare dei respiri profondi e per lisciare con le mani lo splendido abito scelto per quella finale.
Avevo infatti concluso da poco il riscaldamento insieme alle altre pattinatrici ed avevo appena sostituito la mia tuta da allenamento con quella definitiva per le mie due esibizioni previste: il programma breve e il programma libero.
Era stato Victor a sceglierlo per me e la sua scelta era ricaduta su un raffinato costume nero e blu cobalto, impreziosito sul punto vita e sul colletto da piccoli cristalli, oltre che da qualche piccolo dettaglio bianco latte.
Era davvero bellissimo e richiamava fortemente una tuta utilizzata anni prima da lui quando ancora aveva i capelli lunghi e gareggiava nella categoria junior.
Nonostante gli anni era rimasto nell'immaginario collettivo come uno dei suoi outfit più famosi e forse era stata proprio quell'esibizione a far nascere dentro di me la mia profonda stima nei suoi riguardi.
Non avrei mai dimenticato quella gara, né la sua eleganza, mentre pattinava come un angelo... coi lunghi capelli argentati messi in risalto da una splendida corona di rose blu.
Sospirai e tornai a guardare lo specchio davanti a me, trovando riflessa anche la figura di Victor, fermo alle mie spalle.
<<È già ora? Stanno per iniziare?>> chiesi.
La mia esibizione nel programma breve sarebbe stata la penultima quel giorno e avevo ancora del tempo, tuttavia avevo deciso di impiegarlo per osservare la concorrenza e per fare riscaldamento. Victor quindi aveva ritenuto doveroso venirmi a chiamare.
<<Sì. È il momento.>>
Decisi quindi di iniziare a camminare dietro all'uomo, senza perdere di vista i suoi capelli argentati ondeggiare dolcemente ad ogni passo.
<<Come vanno i tuoi salti?>> chiese dal nulla.
La sua domanda mi stupì, ma mi riempì allo stesso tempo anche di una sorta di tristezza mista a tenerezza.
Due giorni prima tra me e lui c'era stata una discussione abbastanza forte e molto imbarazzante, tuttavia lui continuava a preoccuparsi per me e ad interessarsi ai miei progressi.
<<Durante il riscaldamento ho evitato di provare i salti per non scoraggiarmi, ma credo di aver fatto passi avanti, però non assicuro nulla. Un conto è in allenamento... un conto è in gara. Conosci bene anche tu la differenza, anche se non hai di questi problemi>> risposi.
Victor era infatti solitamente perfetto, fino al minimo dettaglio, anche mentre pattinava. Non aveva rivali al mondo, nemmeno quando si parlava di avversari di tutto rispetto come i cinque previsti per la finale insieme a lui: Yuri Plisetsky, Christopher Giacometti, Otabek Altyn, JJ e il suo ex fidanzato Yuri Katsuki. Tutti grandissimi pattinatori ed estremamente forti, davvero molto.
Dopo quella domanda tornò un silenzio imbarazzante, scandito solo dai nostri passi.
Quella situazione era completamente diversa dall'atmosfera delle qualificazioni per il Grand Prix o dai pregressi mesi in sua compagnia.
Durante quelle gare infatti mi ero divertita un mondo con Victor. Lui si era mostrato sempre molto gioioso e aveva cercato di rassicurarmi in tutti i modi, sempre con il suo porta fazzoletti con le sembianze di Makkachin tra le mani, oltre che col suo bellissimo sorriso sulle labbra.
In quel momento però davanti a me non c'era il mio solito allenatore, ma un uomo piegato dai fantasmi del suo passato e dal ricordo sempre più pressante del suo vecchio ragazzo.
Col senno di poi tutte le mie domande rispetto alla strana aria cupa che da settimane alleggiava su di lui avevano trovato risposta. Victor infatti si era fatto sempre più strano e malinconico man mano che si avvicinava il Grand Prix per un semplice motivo: lui temeva il confronto con Yuri Katsuki. Temeva di rivederlo e capire di non riuscire ad andare avanti senza di lui, temeva di non riuscire a lasciarsi mai più alle spalle il suo ricordo.
L'avevo compreso da me e non avevo dubbi in merito.
Non potevo fare altro se non augurargli di risolvere presto i suoi crucci, perché io lo amavo dal profondo del cuore e volevo vederlo felice. Anche se tra le braccia di un'altra persona, anche se non sarebbe stato mai mio.
Ero disposta a sopportare quel dolore, a patto di tornare a vedere di nuovo il suo volto sorridente e la sua consueta gioia negli occhi. Anche a costo di sacrificare me stessa.

Riuscimmo ad arrivare in tempo per vedere la prima concorrente farsi avanti: Sara Crispini, sorella del noto pattinatore Michele Crispini, che al contrario della ragazza non si era qualificato nella categoria maschile per un soffio.
L'italiana non era solo fortissima, ma era anche la favorita e la pattinatrice più temibile tra tutte le altri concorrenti in lizza per la medaglia d'oro del Gran Prix.
Era lei la vera persona da battere quel giorno, oltre che i miei demoni interiori.
<<Sei sicura di voler vedere le altre esibizioni?>> mi chiese Victor.
<<Voglio studiare da vicino le mie rivali, anche se col rischio di demoralizzarmi davanti ai loro punteggi o al loro successo tra il pubblico>> risposi.
L'uomo annuì leggermente, indugiando per qualche secondo con lo sguardo sulla mia figura, prima di riportarlo sulla pista pattinaggio: dove Sara Crispini stava muovendo i primi passi.
Le nostre spalle si toccavano e solo da quel misero contatto riuscii a sentire un grande calore.
Quello era probabilmente il nostro ultimo giorno pieno insieme e quella consapevolezza aveva fatto scemare rapidamente tutta la mia rabbia, lasciando il posto solo a una grande tristezza.
Non volevo vedere il sole tramontare quel giorno. Non volevo allontanarmi da lui e lasciare da parte la nostra quotidianità insieme in Russia, all'insegna del pattinaggio e delle risate.
Non ero pronta a mettere quel pezzo importantissimo della vita in un cassetto a prendere la polvere, fino a buttarlo nel dimenticatoio.
Non volevo lasciare Victor.

Dio, se ci sei ferma il tempo.
Fermalo per sempre e fammi restare insieme a lui. Non desidero che questo.

 Non desidero che questo

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ᏒᎾᏚᎬ ᏴᏞᏌ || Victor Nikiforov x ReaderWhere stories live. Discover now