Capitolo 37

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Due settimane dopo

Harry's POV:

Passavo i weekend e ogni ora libera che possedevo all'interno di quell'ospedale, con i palmi delle mani aperti e la fronte appoggiata sul vetro che mi separava da Beverly.

Passavo notti insonni; ero tornato a casa ed odiavo averlo fatto, perché senza Beverly quella casa sembrava così cupa e vuota. Le lenzuola avevano ancora il suo odore, e ogni tanto mi piaceva prendere i suoi vestiti ed annusarli; forse era infantile, ma era il migliore dei modi per sentirla vicina, dato che non sarei mai entrato in quella fottuta stanza.

Vederla inerme, senza il sorriso o il broncio, mi straziava. Mi uccideva lentamente, e tutto ciò che potevo fare era darmi la colpa. Solo in quel momento mi resi conto che avrei davvero desiderato essere io al suo posto, e non stavo recitando, non era uno stupido film d'amore.

Era la realtà.

E così, anche quel pomeriggio mi stavo sbrigando a lasciare l'università per recarmi da lei, con la speranza di arrivare e trovarla sveglia. È ancora presto, mi ripetevo, ma si sveglierà. Devo pazientare.

«Sig. Styles?»

Mi voltai per trovarmi faccia a faccia con Mrs. Lynn, professoressa di Beverly. Scrutò me e - molto probabilmente - le mie occhiaie. Poi prese un respiro.

«Potrebbe incitare la signorina Evander a tornare a lezione? Sono ormai più di sette lezioni che salta, a breve avrà il suo esame.»

Mi grattai la nuca. «Uh - oh, ehm, ecco... Beverly è, si, insomma, è in coma.»

Gli occhi della donna diventarono improvvisamente enormi. «Coma? Oh signore... Io non volevo metterla in difficoltà. Mi scusi.»

Certo, pensai, a loro che importa? Sono io quello che sta male, sono io quello che ha perso venti kili in due settimane, sono io quello che sta morendo, lentamente, insieme a Beverly.

«Non si preoccupi.» Risposi e, evitando il suo sguardo pieno di compassione, ripresi la mia strada e mi sbrigai a raggiungere la mia auto, che poco dopo lasciai nel parcheggio dell'ospedale.

Premetti più volte il numero del piano nell'ascensore, alludendomi all'idea che forse sarebbe arrivato più in fretta; quando finalmente le porte si riaprirono mi precipitai fuori, guardandomi a destra e sinistra. Raggiunsi la stanza di terapia intensiva, e il mio cuore perse un battito quando notai che al suo interno c'erano sua madre e suo fratello.
La signora Evander era in lacrime mentre il giovane Alec cercava di confortarla sfregandole la mano sulla schiena.

Boccheggiai quando entrambi mi videro; Alec disse qualcosa a sua madre e poi uscì, camminando lentamente.

«Non mi hai detto niente.» Farfugliò nervoso. «Perché?»

«Alec, io...» Respirai. «Non volevo tua madre stesse così, ecco. Ne ha passate tante e questa è l'ultima cosa che merita. Sto passando notti insonni per tua sorella, e le mie occhiaie possono confermarlo.»

Lui scosse la testa. «Diavolo, Harry. Sono due settimane che sta così e nessuno ci ha detto niente! Siamo la sua famiglia!»

«Anche io sono la sua famiglia.» Mi accigliai. «Ascolta, ve lo avrei detto. Ma ora? Che cambia? Possiamo solo stare qui e sperare, aspettare, perché io lo so che lei si sveglierà. Lei deve svegliarsi. Non le perdonerei mai una cosa del genere. Io starò qui, a braccia aperte. E nel frattempo, tutto ciò che posso fare è dire che queste braccia sono state fatte per stringerla

The showgirl [h.s]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora