CAPITOLO SETTIMO

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Al centro di addestramento c'è una torre riservata ai tributi e al loro staff. Sarà la nostra casa fino all'inizio degli Hunger Games. Ogni distretto ha un intero piano a sua disposizione.  Per raggiungerlo basta entrare in ascensore e premere il numero corrispondente al proprio distretto. Finora sono entrata in ascensore solo raramente ma nessun ascensore in cui sono stata è lontanamente bello quanto questo. Se fossi sola tornerei al piano terra e risalirei un altro paio di volte. Per provare di nuovo la velocità di questo trabiccolo di cristallo. Ma con noi ci sono ancora Effie e Haymitch.

La donna è raggiante: siamo la prima squadra scortata da lei ad aver fatto colpo durante la cerimonia di apertura.  Ci fa i complimenti non solo per i costumi, ma anche per come ci siamo comportati. Sostiene di conoscere tutti quelli che contano, a Capitol City, e di avere parlato bene di noi per tutto il giorno, cercando di procurarci degli sponsor.

D'un tratto la sua faccia felice si fà seria.

-Per quanto riguarda quello che ho visto poco fa- dice fissandomi negli occhi e poi distogliendo lo sguardo da me, per fissare Gale,

-Dovete stare attenti. Non credo sia una buona idea. Siete carini, simpatici e tutto, ma ricordatevi che per il pubblico non fa differenza. Che vi amiate o meno. Loro vogliono un solo vincitore. Snow vuole un solo vincitore. Non... avvicinatevi troppo. È un consiglio.- conclude.

Le sue parole mi colpiscono e mi irritano allo stesso tempo. Le porte dell'ascensore si aprono e tutti e quattro scendiamo.

Haymitch passa dal frigorifero per fare rifornimento di alcolici, per poi rintanarsi nella sua stanza.

-Non c'è niente fra noi- dico ad Effie appena il nostro mentore si è dileguato -non c'è niente fra noi, ne mai ci sarà. Siamo solo vecchi compagni di caccia destinati a morire in un'arena-.

Gale mi guarda sorpreso. Ha uno sguardo avvilito e confuso. Non volevi ferirlo in nessun modo, non so neanche se le penso davvero, le cose che ho detto. Distolgo gli occhi da lui e mi dirigo verso la mia stanza.

Più che stanza, appartamento.  È grande come tutta casa mia, nel Giacimento. È arredata con un numero infinito di gadget automatici; la doccia, per esempio, ha un pannello con più di cento pulsanti. La temperatura dell'acqua.  I saponi. Gli oli per il corpo. Lo shampoo. La musica. I profumi. Le spugne per i massaggi...

Mi svesto, entro al di sotto del getto e premo quattro o cinque pulsanti a caso ritrovandomi pulita, profumata e massaggiata.

Una volta uscita mi siedo sul letto e comincio a pensare. Provo qualcosa per Gale. Lui mi ucciderà nell'arena. Mi ucciderà. Mi ucciderà. È molto carino. Mi ucciderà. Mi ucciderà. Voleva baciarmi. Mi ucciderà.

Penso ai suoi occhi grigi, alle sue labbra piene, ai suoi muscoli forti, alla sua risata... basta. Ha ragione Effie, non devo avvicinarmi troppo a lui.

Scaccio quei pensieri dalla testa e cerco nell'armadio qualcosa da mettermi. Trovo dei leggings neri e una felpa rossa nell'ultimo cassetto. Mi cambio e quando sento Effie chiamarmi la raggiungo per la cena. Ho una certa fame.

Quando entriamo nella sala da pranzo, Gale, Portia e Cinna sono fuori, su un balcone che domina tutta Capitol City.  Non sarei dovuta venire, considerando anche che presto Haymitch si unirà a noi. Se solo lo scopo reale non fosse pianificare le nostre strategie me ne starei sotto le coperte a dormire.

Una giovane donna compare offrendoci un calice di vino.  Penso di rifiutarlo, ma non ho mai bevuto vino, se si esclude quella roba fatta in casa che mia madre usa per curare la tosse.

Bevo un sorso di quel liquido aspro e secco, capisco subito perchè Haymitch ne va così pazzo. È veramente buono. Il mentore arriva proprio mentre cominciano a servirci la cena. È abbastanza sobrio e spero possa esserci d'aiuto.

I 74° Hunger Games: GalenissWhere stories live. Discover now