CHARLES

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Ci sono voluti mesi per scrivere il libro.
Prima di mettere nero su bianco la personalità di qualcuno devi intraprendere un lungo viaggio nel suo universo, scoprirlo mano a mano che le parole si accumulano. Risentire ore e ore delle sue registrazioni ha reso questo processo più veritiero, ma non più facile.
Anche perché mentre riscoprivo lui trovavo me stessa, e se serve coraggio a guardare gli altri nel profondo, farlo con se stessi è peggio.

Fa sempre un certo effetto leggersi tra le righe, anche in qualcosa di così impersonale come una biografia, un libro per sua natura su qualcun altro. Io ci sono però, sono nel modo in cui parlo di lui e nel modo in cui lui parlava a me. Abbiamo avuto la capacità, durante tutti questi anni, di diventare l'uno parte dell'altro, ed è una cosa di cui non ti puoi liberare, nemmeno col passare del tempo, nemmeno se credi che sia tutto sbagliato, nemmeno se ti senti in colpa per un incidente.

E' solo che Charles ci è arrivato molto prima di me e forse per questo non ha mai lasciato perdere, perchè per qualcosa del genere devi combattere. Lui sa come vincerle le sue battaglie. Sopratutto, lui sa che a volte è giusto anche perdere, rialzarsi, e combattere ancora.

Io, prima di Charles, dell'incidente, del libro, sapevo solo commettere errori. Poi riempi trecento pagine bianche e scopri di essere una persona che quegli errori li rifarebbe, e dai quali vuole imparare.

E che se è vero che un po' di Charles è ormai parte di me, allora anche io posso provare a vincere le mie battaglie.

Forse per questo sono davanti casa sua in questo momento.

Ho la prima copia del libro tra le mani e sono ferma davanti alla porta già da qualche minuto.
Mi sento confusa, come se fossi appena uscita da un lunghissimo letargo e stessi ancora cercando di abituarmi alla luce esterna, alla possibilità di interagire con persone che non siano il mio riflesso nello specchio.

Ho le orecchie ovattate quando la governante apre la porta, non so neanche da dove le prendo le parole per spiegarle chi sono, cosa voglio, che le mie intenzioni sono buone. Mentre la seguo lungo il corridoio di casa Leclerc quasi mi sembra di non essere nel mio corpo.

È la voce di Charles che grida da qualche stanza "qui est?" a riportarmi al presente, a ricordarmi cosa ci faccio lì. Sto cercando di prendere quell'occasione che ho gettato all'aria per una vita, di cucirmi addosso l'altra parte di me.

La prima cosa che vedo di lui, però, è la punta di una stampella. Spunta da dietro una porta aperta sul salottino nel quale lo aspetto, mentre fatico a rimanere in piedi e con il libro stretto contro il petto, aggrappandomi metaforicamente alla mia scusa.

Dopo la punta dell'asta arriva una gamba fasciata da un tutore e trattenuta per aria, poi le sue braccia in tensione sulle stampelle e, finalmente, il suo viso.

Basta trovare i suoi occhi che si guardano attorno curiosi per crepare qualcosa dentro il mio petto, il profilo affilato del suo naso, la linea più dolce delle labbra. Si rompe definitivamente quando poi quegli occhi trovano i miei.

L'ultima volta che ci siamo guardati una macchina ci ha preso in pieno, eppure questo sembra fare ancora più paura.

Almeno finché lui non sorride.

<<Iv>> esclama con la voce tranquilla, spensierata.

Io aggrotto le sopracciglia.

<<Perché non sembri sorpreso di vedermi?>> sono le uniche parole che riesco a mettere in fila prima che un groppo in gola mi impedisca di aggiungere altro.

Charles scuote leggermente la testa, allungando quel sorriso fino a fargli spuntare le fossette.

<<Forse perché ti conosco più di quello che immagini>> mormora, puntando le stampelle sul pavimento per avvicinarsi <<E sapevo che ci sarebbe voluto tempo, ma alla fine saresti venuta a cercarmi. O forse sono solo un ottimista>>

CE QUI RESTE // CHARLES LECLERCOnde as histórias ganham vida. Descobre agora