CAPITOLO 10'

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Cinque minuti dopo, intravedo Marco varcare l'ingresso del locale.

“Potresti prendere le chiavi della cassa per favore? Sono lì” mi chiede con affanno indicandomi un piccolo armadietto nascosto dietro alla porta del seminterrato.
Corro subito, e senza che me lo chieda ulteriormente, rigiro il mazzo tra le mani alla ricerca della chiave giusta per chiudere la cassa.
Dopo svariati tentativi, Marco riesce finalmente a convincere Maria a uscire, permettendomi dunque, di chiudere il locale alle mie spalle.

Mentre percorriamo il tragitto verso casa di Maria, mi studio bene la strada per ricordarmi il percorso che dovrò affrontare per tornare a casa.
In una quindicina di minuti arriviamo a destinazione.
Prima di scendere, Marco mi ferma rivolgendomi le sue ultime parole prima di sparire:
“solitamente non lascerei che un’estranea entri a casa di mio figlio, ma tu hai qualcosa che ti rende speciale ai suoi occhi e si fida di te; Ti prego, prenditi cura di loro. Sono certo, che anche Thomas non stia bene perché Maria ha questi vuoti di memoria solo quando è così. Per qualunque cosa hai il mio numero.”

“certo, si fidi di me, non gli abbandonerò”
detto ciò, scendiamo dalla macchina lasciando ripartire Marco.
Questa volta mi rivolgo a Maria :
"hai dietro le chiavi del cancelletto? Così possiamo aprire”
In risposta mi fissa, per poi passarmi tutta la borsa, esprimendo un semplice “tieni”.

Scavo all’interno della borsa, ritrovandomi a dover fronteggiare con una miriade di pacchetti di semi di zucca, 'Ma cosa diamine ci fa con tutti questi?' e finalmente, scavando più profondamente, trovo un mazzo di chiavi;Provo ad aprire la serratura infilando le chiavi una ad una e dopo svariati tentativi , posso dire che arriva anche il turno della chiave vincente .

Appena varcato il cancelletto, mi ritrovo di fronte  un giardinetto ben curato e molto vivace e colorato, sarà sicuramente opera di Maria, spero si possa riprendere per continuare a coltivare la sua passione a sto punto.
La casa all'esterno, sembra una graziosa abitazione indipendente, ne troppo grande ne troppo piccola, ma molto carina e trattata bene, quanto il giardino che le fa da cornice perfetta.

Prendo Maria sotto braccetto e ci rechiamo davanti alla porta di casa; Riprendo il mazzo di chiavi, a quel gesto, Maria mi precede ed apre la porta solo con l'ausilio della maniglia ed entra. Uno a zero per Maria!

La casa all’interno è carina, l'arredamento, della tipica mamma di famiglia precisina, la particolarità è che ad ogni angolo della casa  sono riposti dei vasi con all’interno i fiori veri, che rilascino un grazioso odore. Questo è sicuramente l’hobby per eccellenza di questa graziosa donna.

“Tesoro sono a casa, oggi è stata una giornata di duro lavoro ma sono qui e c’è anche una nuova amica” urla Maria, noncurante del fatto che oggi ha lavorato molto meno rispetto a ciò per cui è abituata.
“Maria posso sapere quale è la stanza di Thomas?”

“Si tesoro, è proprio quella che si trova alla fine del corridoio a sinistra, quando hai finito di salutarlo torna qui che ti faccio vedere come riempire bene un vaso”

“Certo Maria, ci vediamo dopo”
Mi dirigo molto titubante verso la porta indicatomi da Maria; Sto sperando vivamente che abbia sbagliato porta per avere più tempo da perdere.
Quando busso però, lo sento urlare:

“mamma?”

***
“Thomas sono Leela, posso entrare?”
non ricevo alcuna risposta così decido di varcare la porta e basta.

Lo trovo disteso a pancia all’aria sopra un letto totalmente sfatto. La stanza è abbastanza incasinata, anche se ammetto che mi aspettavo di peggio. Noto un particolare: la busta che ho consegnato ieri a Maria è appoggiata sopra un mobile vicino, ed è anche aperta.
Cacchio, in questo momento mi sta fissando e io vorrei vivamente sotterrarmi dall'imbarazzo. Si starà sicuramente chiedendo cosa ci faccia qui e come ci sono arrivata.
Appoggio la borsa per terra, e mi avvicino titubante a lui per poi sedermi sul bordo del letto. Il suo sguardo non si stacca per un secondo dal mio, e solo ora, noto i suoi occhi essere gonfi e rossi comprendo del tutto la sua miriade di  sfumature. Sembra un ragazzo diverso, quasi un ragazzino fragile bisognoso di cure ed affetto, stento quasi a riconoscerlo.

“hey ciao, come stai?” mi rendo conto di stare sussurrando.

“Non sto bene e non ho intenzione di fingere questa volta, tu che ci fai qui?”

“sono venuta per te Thomas” sembra sorpreso dalle mie parole.

“Ah si? E come mai? Non ti è bastato come ti ho trattata l’altro giorno sul ciglio della strada?” menomale che almeno se ne rende conto.

“Per quello ti ho anche scritto una lettera, ma adesso sono qui per te”
È molto confuso e sembra davvero non capire le mie parole ma soprattutto le mie intenzioni.

“Allora non mi capacito della tua presenza a casa mia"

“So tutto Thomas, ho letto del tuo passato, penso che tu stia così non per caso” vado dritta al punto.

Mi guarda spazientito, come se in testa stesse ancora rielaborando le informazioni che gli ho fornito un attimo prima.

“ahh quindi sei venuta qui per compassione? ammettilo” dice con tono furioso.

“No, sono venuta per chiederti scusa in quanto nella lettera ti ho descritto con parole pesanti non conoscendoti per davvero, ma soprattutto non ho fatto caso a ciò che stessi provando in quel momento”
La sua espressione cambia immediatamente, facendo trasparire una parte più comprensiva, tanto che i suoi muscoli, che fino a quel momento sembravano contratti adesso sembrano più sciolti.

“In realtà  hai ragione in tutto su quella lettera. Non dovevo lasciarti senza risposte e soprattutto non avevo il diritto di  lasciarti sul marciapiede così brutalmente come ho fatto con te. sono io che ti devo chiedere scusa."
Non me l’aspettavo che la vedesse da tutt’altra prospettiva, in qualche modo sono più sollevata.

“Non importa, anche se al momento ci rimasi male, ora è acqua passata”.
Normalmente non sono una persona che supera le offese con facilità, ma lo percepisco estremamente sincero che non posso fare a meno di voltare pagina.
Ci fissiamo per altri secondi ininterrottamente, a quel punto sono proprio io a rompere l’armonia che si era creata nonostante il dispiacere.

“Thomas, allora cos’è che ti ha turbato tanto? credevo fossi stata io”
Mi osserva attentamente. Credo che dentro di sé stia combattendo una lotta interna tra forze contrastanti 'parlo o non parlo?'

“La sera in cui ti sei sentita male, mentre ti tenevo tra le braccia ho incrociato il tuo sguardo. I tuoi occhi erano carichi di malinconia e sofferenza che mi hanno riportato ad un periodo davvero duro e triste della mia vita. In te ho rivisto me stesso.Ne ho vista di gente che stava male, ma tu avevi lo stesso sguardo che avevo io dieci anni prima, come se ci fosse una sorta di compatibilità tra noi due.”
Ogni parola pronunciata, è pesante per lui, come se dovesse trasportare un macigno sulla schiena.

È a quel punto che la mia bocca precede la mia mente:
“Cosa ti è successo Thomas?” Non so se mi risponderà o meno, fatto sta che non mi sento di giudicarlo qualunque sarà la sua risposta.


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