miracle boy

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You're home where I wanted to go- Clocks; Coldplay

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You're home where I wanted to go
- Clocks; Coldplay

Il tramonto è il loro momento.
E' sempre stato il loro momento.
Il tramonto era sempre presente, era presente quando si erano resi conto di amarsi, quando si erano lasciati andare e quando si erano ritrovati.
Il tramonto andava da un campo di grano, a un corridoio vuoto, fino al tetto della scuola.
Si rendono conto solo in quel momento di quanto il tramonto sia di reale importanza per loro.
Tendou si guarda le gambe penzolare nel vuoto, facendole oscillare avanti e indietro e guardandole con una certa curiosità.
Poi, guarda Tsubasa, in piedi di fianco a lui abbastanza precariamente, ma sa che non si lascerebbe mai cadere per distrazione e che in caso contrario, lui l'afferrerebbe.
Si sente comunque in dovere di ammonirla.

"Tsubasa-chan, se non ti siedi mi farai venire un colpo"

Quel giorno è sorridente, molto più del solito, e sembra che per questo non lo ascolti, ma se il prezzo per non farsi ascoltare è vederla sorridere gli va più che bene.
Restano in silenzio, lasciando che la brezza serale gli sfiori il volto e glielo accarezzi dolcemente.
E' un dei loro silenzi preferiti, uno di quei silenzi in cui si capiscono e quindi non hanno bisogno di parlarsi perché fa già tutto da sé.
Si erano dati appuntamento lì per trovare un luogo tranquillo in cui parlarsi, dopo gli avvenimenti della partita di Tsubasa di qualche tempo prima, ed era stato lei a proporlo, aggiungendo che fosse un po' cliché ma che in effetti non le importava molto.
Stanno lì da un po', azzardando qualche frase di circostanza ogni tanto, non sapendo esattamente da dove cominciare.

"Tsubasa-chan, quel giorno non mi sono mai congratulato con te per la WNBA" dice Satori, rompendo il silenzio che li dominava da un po'.

Tsubasa non sembra sorpresa, continua a sorridere e si domanda se non sembri stupida, poi si risponde di sì e alza mentalmente le spalle.
Lo guarda e lui fa lo stesso, e allarga premurosamente quel sorriso.

"Grazie, Satori-kun, ma credo che ci sono molte cose che non ci siamo detti, negli ultimi tempi"

Satori sorride ironicamente, perché sa che ha ragione, e getta la testa all'indietro lasciando che la luce arancione gli inondi il volto e gli illumini le ciocche rosse.

"Sai, dopo che mi hai gridato quelle parole alla partita, dopo che hai detto che Tsubasa significa ali e che devo usarle per volare, mi hai dato molto coraggio.
E' una cosa che sapevo già, ma detta da te, in quel momento, aveva tutto un altro significato"

Tsubasa Yamashita, un nome nuovo alla Shiratorizawa.
Nessuno seppe mai il perché così, all'improvviso e dopo tre anni, la capitana della squadra di pallacanestro avesse deciso di rivelarsi, e presto la voce si era sparsa.
C'era chi l'aveva scoperto già prima, sentendo Tendou Satori gridarlo a squarciagola negli ultimi secondi della partita decisiva delle qualifiche ai nazionali, e il giorno dopo si era ritrovato a sentire quel nome sulla bocca di tutti.
Il giorno dopo, la ragazza si era presentata davanti a tutta la classe, con qualcosa di nuovo nel suo sguardo.
"Vi prego, da oggi chiamatemi pure Tsubasa" aveva detto, suscitando lo stupore di tutti, per poi girarsi e scrivere il suo nome alla lavagna.
Nessuno l'aveva mai vista così, con quella serenità nel volto che aveva sempre ostentato tutta quella indifferenza.
Ora non era solo più Yamashita, un'incognita vivente, leggenda metropolitana della scuola, era diversa e diventata qualcosa di più.

𝘣𝘭𝘰𝘰𝘮 𝘭𝘢𝘵𝘦𝘳 | 𝘵𝘦𝘯𝘥ō 𝘴𝘢𝘵𝘰𝘳𝘪Where stories live. Discover now