Pelle

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O tardo autunno, inverno, fangosa primavera, ipnotiche stagioni che adoro! A voi sia lode d'avvolgere così la mia mente e il mio cuore in un tenero sudario, in un vago sepolcro.
I fiori del male, Charles Baudelaire







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Era tutta questione di pelle. Ma non di altre, la sua. La sua pelle, che faceva invidia alla sabbia del mare, alla patina superficiale del caffè espresso. Quel dorato così impercettibile da non essere reale ad occhio nudo, ma esiste ed è la sua pelle. Pelle, quella che porta sempre con sé, inconsapevole di quanto sia preziosa. Capace di poterne ricavare un colore per dipingere, tocco quella pelle.
Pelle era il nome di quella sfumatura che a volte pensavo di vedere solo io, come se fosse una proiezione fantastica dei miei pensieri. Le stagioni scorrevano su quelle onde che la sua pelle ospitava, onde lunghe, interminabili, velate dal colore che quel corpo creava.
A volte impetuoso e altre volte così calmo da nemmeno percepirlo, quel corpo. Cristallino sulla superficie e interminabile all'interno, indomabile. Capace di portarti all'indietro, scaraventandoti in quel tempo che pensavi di dover finalmente dimenticare, e invece no. Fa paura, ma riesce ad accarezzare, è riflessivo ma non ha risposte. Eppure, avrebbe solo bisogno di specchiarsi nel suo stesso riflesso per nutrire tutti i suoi dubbi. Qualcosa si è rotto, galleggia sulla sua superficie e so che è una parte di me, forse non era essenziale, non lo ricordo più. Che io mi stia lasciando inghiottire? No, non vorrei mai che fosse così.
Quel colore pelle, quelle onde geometricamente perfette, quell'odore oscillante tra realtà e sensi, confonde l'esistenza, rendendola incerta com'ero abituata a vivere. Ma sono in equilibrio su onde che nessuno mai mi ha insegnato a cavalcare.
Colori smorti intimoriscono il mio animo e piango lacrime che mi ero dimenticata di piangere tempo fa. Che cos'è nato in me? E che cos'è morto per lasciare dello spazio al nuovo? Squarcio la mia mente, vedo il vuoto e non è bello. Mi ricorda la profondità del mare di notte, un buio fitto, imparagonabile alla sera che in confronto sembra risplendere. Il buio che vedo in me non ha tonalità, ma solo una profondità alquanto minacciosa e indescrivibile. Ho dentro un mare di notte, privo del suono delle onde, un silenzio assordante accompagnato dallo scorrere lento del mio sangue. Porto mare e sangue addosso, ma mi sento comunque vuota, come queste parole che a stento sento mie. Ho smesso di sentirmi, di percepirmi. Una volta ero vento percettibile persino alle stagioni, adesso il mio vento s'è trasformato in un bisbiglio sordo sussurrato ai rami degli alberi davanti ai miei occhi, ma loro non vedono me.
E ho paura, ho paura della mia incapacità di riempirmi. La mia fame di non so cosa è sempre così insaziabile ed io mi sto stancando. Sono stanca di questa me stessa vuota, ma ingorda di cose che non so. Non percependomi, anche il mio spazio ha perso consistenza. Ho perso tutto, tra le mie dita ho solo ragnatele. Vedo i miei palmi, la mia pelle pronta a rompersi e mi ricordo quella tonalità incastrata tra pensieri freschi e altri passati. Riemerge tra il buio e le profondità del mio mare interiore, eccola. Su quella pelle si riflette il mio nulla che sembra quasi impreziosirsi su di essa. Sento le lacrime sugli occhi, pizzicano come al tatto con la punta di un singolo spillo. Sento dei brividi addosso e sento freddo. Un freddo glaciale che viene da dentro, come se da quella pelle si stesse creando una tormenta indomabile. Nevica e sento la neve depositarsi sui miei vuoti e fa sempre più freddo. Sento il mio spazio indefinito riempirsi di bianco e quel pelle, nella sua unicità, continua a galleggiare su quel buio inondato da ghiaccio e neve. Tutto così perfettamente irreale da farmi rassegnare al mio vero, mi costrinsi a chiudere gli occhi. Come se all'interno delle mie palpebre fosse tatuata la sua immagine, era lì. Addosso quella pelle che lo identificava ridefinendo la sua persona. Mi stavo aggrappando a quelle linee e alla speranza di poterle toccare di nuovo. Con la neve dentro e il freddo tra i polpastrelli delle mani, provai a raggiungere quell'immagine distante e inesistente. Nemmeno il tempo mi avrebbe permesso di raggiungere di nuovo quella pelle. Il suo tatto sarebbe stato solo un mio lontano ricordo che non sarei stata più in grado di percepire e vivere. Finisco sempre per accontentarmi del ricordo e fa male, mi fa stare male. Più il ricordo è pesante e profondo, più è vero il dolore. E nemmeno il tempo di viverla, che ritorna ad essere un ricordo.
Quella pelle continuava a ferirmi e la sua presenza in me alimentava il mio mare buio. Forse sarebbe stato meglio nascondersi nel mio immenso vuoto, toccare quella pelle ha frantumato il tutto che una volta curavo. Cadendo a pezzi, rompendomi ho perso le mie linee, quelle che pensavo di aver tracciato per bene. Ah, che inganno. Il profumo di quella pelle invade il mio mare come la neve che sta continuando a cadere in me ed io ho freddo, tanto. Vorrei chiudere gli occhi per dormire, privandomi dell'immagine indelebile che quella pelle è per me. E ho paura di sperare, ho paura di credere in qualcosa che il mio buio non mi permette di comprendere. Io sto inghiottendo la mia persona e sembro non bastarmi mai. Ho paura di tornare a sognare la mia pelle unita a quell'altra, il solo pensiero mi fa vacillare, come se perdessi l'equilibrio nel nulla. Non ho paura di cadere, ma ho il terrore del ritorno di quella tonalità nella mia vita. Potrebbe fare male, tanto, come potrebbe fare bene, tanto.
Dov'è il mio posto? Dov'è il mio tempo? Mi sto perdendo in tutto ciò che non sto riuscendo a tradurre, è come se non stessi riuscendo a comunicare con me stessa, stiamo parlando due lingue diverse, entrambe incomprensibili. Nel mio buio sento delle increspature crearsi sulla superficie del mio mare createsi da delle lacrime. Lo so, e a piangere non sono io, ma vedo e sento chi è a star male, è lontano da me e continua a prendere le distanze. Quella pelle piange le lacrime che vorrei vomitare da ogni parte del mio corpo, privandomi delle urla che invece vorrei rigettare nel mio vuoto, tanto nessuno potrebbe sentirmi. E sapevo che tra quelle increspature, mondi e pensieri inesplorati stavano venendo fuori e non so quanto sarei stata in grado di sopportare. Mentre le increspature aumentavano, tra il bianco della neve che aveva ormai smesso di cadere da un po', mi immergevo nel mio mare buio, perdendo di vista la pelle. 

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⏰ Last updated: Jun 26, 2023 ⏰

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