Capitolo 19

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- Vuoi parlarmene? - gli domandò dolcemente, accarezzandogli la guancia ancora bagnata dalle sue lacrime. La ragazza, dopo aver abbracciato l'amico per consolarlo, gli aveva chiesto scusa, stessa cosa lui che le aveva confessato che si sentiva perso e abbandonato senza di lei; dopo quella affermazione, Elisa sentì il suo cuore scaldarsi e, dopo averlo riabbracciato, lo aveva accompagnato a casa Rinaldi dove c'era il padre ad aspettarlo.

- Non mi avevi detto che avresti portato un'ospite in casa. - commentò l'uomo squadrando da capo a piedi la ragazza.
- Scusami, papà, sinceramente neanche io lo sapevo fino a qualche minuto fa - rispose sarcastico.
Era un uomo robusto di media altezza, aveva i capelli rossi con qualche ciocca bianca - odiava vederle davanti allo specchio, gli urlavano "stai invecchiando, mio caro!" - e degli occhi verdi molto carini. Era palese che Andrea avesse preso proprio da lui, era la sua copia perfetta se solo non avessero dei caratteri molto diversi e contrastanti: il quarantaseienne era dolce come una caramella gommosa, gentile e generoso con chiunque. L'unico suo difetto molto probabilmente era il suo modo di fare ordinato e preciso, se vedeva anche solo un libro fuori posto iniziava a dare di matto!

- Non fa niente, per questa volta sei salvo - lo ammonì con tono scherzoso. - non vuoi presentarmi questa ragazza? -
- oh, sì, certo - mormorò imbarazzato - lei è-
- Elisa Minutillo Bellissimo, piacere - si presentò con fierezza ella, porgendogli con educazione la mano. Il rosso, con un sorriso stampato in volto, gliela strinse dicendo:
- Sono Giovanni Rinaldi, il padre di Mattia. Sei una sua amica? -
Lei annuì sorridendo a sua volta, girandosi verso il sottoscritto.

- Vuoi qualcosa da mangiare? Non ho cucinato abbastanza pasta per tre persone, perdonami, se vuoi ti cedo il mio piatto. - le propose con gentilezza l'uomo. Elisa inizialmente declinò l'offerta però, dopo esser stata spronata dal signor Rinaldi, accettò.
Dopo il pranzo, i due andarono in camera dell'amico dentro la quale la ragazza gli aveva posto quella domanda così personale.

- Sì, ne voglio parlare. - sussurrò guardando in basso. Prese un respiro profondo e iniziò a raccontare:
- Sai, l'unica persona che mi voleva veramente bene era mia madre. Tutti preferivano e continuano a preferire mio fratello a me, sia parenti che ragazzi della mia età. Lui è estroverso e divertente, con lui puoi fare qualsiasi cazzata: bere, drogarti, fumare canne... lo farà con te, per sentirsi una persona figa e cool, capisci? Se quello che ti stai chiedendo adesso è "perché i tuoi parenti non ti vogliono bene?" beh, la motivazione è una ed è semplice: sono stato adottato. Mio padre aveva dei problemi fisici quando lui e mia madre volevano avere un altro bambino, si scoprì subito dopo che era diventato sterile. Un grande peccato, no? Ciononostante, i miei non si abbatterono e presero la decisione di prendermi in adozione. Ricordo ancora il giorno in cui papà me lo confessò - avevo all'incirca dodici anni - mi disse che ero stato abbandonato in quel orfanotrofio quando avevo una settimana di vita dalla mia mamma biologica, una giovane diciassettenne vittima di uno stupro, lei era ancora scossa dal trauma subito ed era sicura che non sarebbe riuscita a badare a me perciò decise di lasciarmi lì. Una storia davvero triste, non credi? In realtà questo "sad ending" non suscitò in me così tanta malinconia, non credo di voler conoscere la mia vera mamma, sarebbe una sconosciuta per me. Mi basta quella che si era presa cura di me come se fossi il suo piccolo angelo. Parlando della sua morte, aveva dei gravi problemi alle vie respiratorie, la sua era una salute molto cagionevole: era allergica alle uova, glutine, latte, noci e nocciole, cioccolato fondente, polvere, il pelo dei gatti e cani! Sembra una cosa impossibile, eppure era così.
Morì all'età di trenta anni, quando avevo otto anni. Non era solo una mamma per me, era l'unica mia amica, era... il mio tutto. Fortunatamente dopo il lutto, mio padre iniziò a essere più legato alla mia persona, forse perché vedeva in me una parte di sua moglie. Ho ereditato - nonostante io non fossi suo figlio biologico - da lei il suo modo di pensare e di fare. Ma a parte mio padre, non avevo nessun altro al mio fianco. Immagina di essere un bambino di otto anni, solo e abbandonato anche dai propri parenti: come ti sentiresti? Il mio mondo fatto di castelli di carta e sogni infantili era caduto a pezzi, era e continua ad essere in bianco e nero. -
- posso fargli tornare colore, se me lo permetterai. -

Sweet Girl ~ Sequel Di "Nerd Boy ~ (Sterio)" | COMPLETATA |Where stories live. Discover now