Capitolo 14

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Mi sveglio con un mal di testa allucinante. Mi alzo e vado in cucina, dove trovo Ester intenta a preparare la colazione.

<<Buongiorno>> dico sedendomi a tavola.

<<Buongiorno, come va?>> mi chiede porgendomi una tazza di caffè.

<<Grazie... potrebbe andare meglio. Ho un mal di testa terribile e non so che pensare, la mente viaggia ma arrivo sempre a pensare a loro. Non so che fare...>> dico per poi bere il mio caffè.

<<Con il mal di testa posso aiutarti, per i pensieri non credo di poter far molto. Posso tentare portandoti a fare shopping, ti "rilassi" un po' - fa il segno delle virgolette con le mani - se così si può dire... dovresti lasciarti andare>>

<<Fosse semplice, lo farei subito. Ma sono le persone a cui tengo di più, le più importanti della mia vita. Ormai il tempo lo passo con loro. La mia famiglia non è realmente così, la scuola sta passando in secondo piano per una volta dopo tanto, qui il nostro piccolo paesino non è lo stesso di una volta>>

<<Su questo devo darti ragione. Fossi in te, mi chiederei se avessi davvero bisogno di loro nella mia vita. Potresti incontrare nuove persone,  magari migliori>>

Annuisco debolmente <<Ti presto qualcosa di mio per uscire>> mi dice.

<<Va bene, grazie>>

<<Di nulla, vieni>>

Ci alziamo e andiamo in camera. Mi presta dei pantaloncini corti e una maglia. Ci prepariamo e usciamo.

<<Dove andiamo?>> chiedo.

<<Pensavo di andare a prendere una granita al bar in piazza e poi andare al centro commerciale>> risponde.

<<Perfetto... è molto che non vado in quel bar>>

<<Già... quante risate ci siamo fatti dopo scuola seduti ai tavolini>>

<<Ti ricordi quando tornammo dalla manifestazione e ci sedemmo sul marciapiede tutti insieme a prendere il gelato?>> le dico mentre ci incamminiamo verso il bar.

<<Sì, quel giorno Amedeo e quel suo amico si sporcarono interamente di gelato>> scoppiamo a ridere.

<<Con Amedeo, com'è finita?>> mi chiede.

<<Come devo dirti che non è come pensate tutti?! Eravamo molto amici, stop>>

<<E io dovrei crederci?>> mi dice mentre continua a ridere.

<<Sì, quello che tutti pensate è successo alle elementari>> dico sottolineando la parola "elementari".

<<Con questo vorresti dire che alle medie e ai primi anni di liceo non c'era nulla tra voi due?>>

<<Non c'era nulla>> rispondo con voce insicura.

<<Sei sicura?>> insiste.

<<E va bene... forse c'era qualcosa ma non stavamo più insieme>>

<<Togli il forse. Quando si parlava di coppie nella classe, dicentava rosso e ti guardava. Quindi...>>

<<Quindi nulla - la fermo - però devo ammettere che quando diventava rosso era peggio di un peperone, quel bipolare>>

Scoppiamo a ridere di nuovo.

<<Gli hai appena dato del bipolare?>>

<<Sì e fidati che lo era>> dico mentre continuo a ridere.

Scasualmente mi giro verso l'altro lato della strada. Mi congelo sul posto, il sorriso scompare, gli occhi diventano lucidi. Davanti a me ci sono non solo Costanza, Kekka e Giada ma anche Lele, come si è ridotto... Non che io sia messa meglio, eh, ma lui...
Mi guarda fisso e intuisco subito che non dorme da giorni e penso che neanche le ragazze abbiano dormito stanotte. Mi guardano sorprese, forse perché accanto a me c'è Ester. In fondo hanno ragione, nemmeno io so come sono finita a passare la giornata con lei e perché sia andata da lei ieri. Mi dispiace che stiano male ma ora che c'è anche Lele qui è ancora peggio, devo andarmene.

<<Gina, dai andiamo>> mi richiama Ester.

<<Si è meglio>> ci giriamo e ce andiamo.

Arrivate al bar, ci sediamo ad un tavolino e beviamo le nostre granite.

<<Sai, forse ho sbagliato>> mi dice.

<<Cosa?>> le chiedo.

<<A dirti che potresti incontrare persone migliori>>

<<Perché dici così?>>

<<Perché ho sempre invidiato invidiato il vostro rapporto, siete così unite, vi volete così bene...>>

<<Anch'io per un periodo ti ho invidiato e anche tanto. Tu e le altre della classe stavate sempre insieme ad ogni ora, ogni giorno. Avevate la vostra comitiva. Ad ogni compleanno vi facevate sempre gli striscioni, le sorprese>>

<<Penso che lui ti ami>>

<<Lo pensi davvero?>>

<<Sì, non se ve ne siete accorti ma siete stati dieci minuti a guardarvi>>

<<Ancora non mi spiego perché l'abbia fatto allora>>

<<Chiedilo a lui, lo hai chiesto alle ragazze e ora chiedilo a lui>>

<<Si ma non ora, non reggerei il peso. Già parlare con le ragazze è stato un duro colpo, poi Annalisa, non ce la farei. Però so da chi andare e posso farlo subito>>

<<Che aspetti allora?>>

<<Grazie ancora, non saprò mai come ringraziarti abbastanza>>

<<Lo hai già fatto, vai>>

<<Quando torno, ti faccio sapere com'è andata>>

<<Aspetto tue notizie>>

Mi alzo, prendo la borsa ed esco. Torno a casa, ho la fortuna che mia madre e mio padre sono entrambi a lavoro e ho il tempo di prendere più vestiti possibili e metterli in valigia. Una volta finito prendo le ultime cose ed esco di casa. Direzione? La stazione. Ormai è diventata casa mia, ho preso più treni in questi mesi che in tutta la mia vita. Compro i biglietti e prendo il treno per Milano. Andrò a casa Q4 ma chiederò a tutti di non dire a Lele che sono lì, sperando che mi diano ascolto.

Sono davanti la porta di casa Q4.
Busso e sento urlare a qualcuno <<Chi è?>> mentre la porta si apre. Davanti a me c'è Cecia. Non rispondo, lei mi salta addosso.

<<Oddio, e tu che ci fai qui? Soprattutto da sola?>>

<<Mi sa che ci sono molte cose da raccontare dal mio punto di vista ma tu e gli altri me lo dovete raccontare dal punto di vista di Lele>>

<<Sì ma non sulla porta, entra>>

<<Certo, mi era mancata casa mia>>

Si ricomincia su quel trenoWhere stories live. Discover now