⭒ cascare nei tuoi occhi 。

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io che scappo da noi per ritrovare me.

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Se ne sta in piedi davanti a me, e mentre la guardo l'unico pensiero che attraversa la mia mente è che sembra così docile sotto lo sguardo del sole cocente che si affaccia tra gli spiragli della veneziana alla finestra, facendo brillare la sua pelle eterea e i suoi capelli ramati.

Sospiro e continuo a guardarla. Vorrei riuscire a parlare, è tanto che voglio farlo, ma ogni volta che ci provo le parole sembrano congelarsi e scivolare di nuovo giù per la mia lingua, ustionando i miei organi interni, mentre i brividi di freddo si rincorrono sulla pelle della mia schiena. Vorrei davvero parlarle, ma non riesco mai a farlo, e mi rinchiudo inutilmente nel mio silenzio, schiavo della paura, travolto da queste sensazioni contrastanti, spazzato via dal mare in piena dei miei pensieri.

Sento il suo sguardo come pizzicare sulla mia pelle, e non posso fare a meno di pensare a quanto diversi siano i suoi occhi dai miei: sono di colore blu, innanzitutto, ed è la prima cosa che mi colpisce sempre di essi, ed una cosa che amo da impazzire – sono come il cielo e il mare insieme, come se tra i due non ci fosse una linea di confine, ma fossero piuttosto l'uno un'estensione dell'altro. I miei occhi, invece, sono marroni credo, eppure non posso esserne davvero sicuro: mi sembrano passati secoli dall'ultima volta che mi sono visto riflesso in uno specchio, e di certo non ricevo complimenti per i miei occhi, nessuno mi dice mai che sono belli, perché semplicemente non lo sono – o almeno non son belli come i suoi. Sono occhi e basta, i miei, mentre i suoi sembrano due lune incastrate un po' male dentro le due orbite, e ogni volta che la guardo dentro di me s'alza la marea, e ribalta immancabilmente ogni mia labile certezza. Mi sembra quasi di poterci camminare, nei suoi occhi – poggio i piedi sulla sua cornea e giro sull'orlo della pupilla – come se fossi Gesù che avanza a pelo d'acqua, come se nulla potesse toccarmi. E se la guardo al mattino, i suoi occhi sembrano appena nati: sono arrossati dal sonno, contornati dalle stelle che animano il cielo notturno, vividi, pronti a riempirsi della meraviglia del mondo. Eppure tra le sue ciglia si vela la paura, quell'ansia di non essere mai abbastanza, che proprio non so a cosa sia dovuta – lei, per me, è anche troppo, non faccio che ripeterglielo ogni giorno.

Continuo a guardarla e tiro un sospiro che sembra durare in eterno. Apro finalmente la bocca e lei, con un cenno della testa, mi incoraggia a parlare e a rompere con il suo della mia voce questo silenzio aspro e irruento.

"Senti..."

Ma poi non me la sento di continuare, boccheggio, la paura di rovinare tutto mi assale le viscere, facendole attorcigliare. Ho paura, paura di rovinare tutto quello che è stato – quello che noi siamo stati. E cosa siamo stati? Non siamo stati nulla, due granelli di polvere portati via dallo stesso vento, due anime erranti in cerca del loro significato. Io, il mio, pensavo di averlo trovato in lei.

𝘃𝗲𝗴𝗮𝘀 𝗹𝗶𝗴𝗵𝘁𝘀Where stories live. Discover now