Contare fino a cento prima di altre confessioni

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[Le famiglie perfette non esistono. Anche se la pubblicità ci ha abituato a immagini come quella che vedete qui sopra, la realtà è fatta di litigi, ripicche, sbagli e sfuriate. Di genitori imperfetti e situazioni che ci vanno strette. A volte ci opprimono. Sempre ci preoccupano. Questo non ha niente a che fare con il volersi bene. E quando muovo i personaggi, il rapporto con i genitori è fondamentale: la causa di molti comportamenti, giusti o sbagliati. Ecco i due che ancora mancavano all'appello]

Cap. TRENTAQUATTRO - Jiāng Li

«Il problema era la catenella» spiego al padre di Alex.

Siamo riuniti attorno al cesso come la "Setta degli Idraulici Estinti" o la "Confraternita del Water". Nell'aria un vago odore di merda.

«Quella che solleva la valvola, vede? Si era sganciata, così il galleggiante si alzava e abbassava ma senza aprire la valvola.»

Lui più che rispondere, grugnisce.

E mi fissa in un modo strano. Non il modo in cui di solito mi fissano i maschi, cioè sui punti ovvi. Schifo. Dico lo sguardo scettico di fronte a una femmina che ti spiega come si aggiusta qualcosa.

Che mi fa ancora più schifo, a dirla tutta.

«Comunque ora l'ho riagganciata. A un altro foro della leva perché mi sa che era troppo tirata. Una cosa che poteva fare persino lei.»

Avrà colto il mio sottile sarcasmo?

Non credo. Ma si sa, i grugniti sono multi-emozione.

Rabbia. Noia. Indifferenza. Eccetera, eccetera.

Lo fisso mentre si gratta la barba da boscaiolo, poi la nuca e infine la testa. Dopo aver tolto il berretto con visiera che fa tanto USA.

Il che la dice lunga su che razza di tipo è.

«Pa'» dice Alex con voce stentata. «La prossima volta, invece di uscire a chiedere aiuto lo faccio io direttamente. Sembra facile, no?»

Altro grugnito. Un cinghiale è più espressivo.

Ora lo so che dovrei mettermi a fare la bella faccia, accennare una specie di dialogo come se mi fregasse qualcosa di lui e lamentarmi del nulla cosmico di cui si lamentano S.E.M.P.R.E. gli adulti.

Secondo Alex aiuterebbe.

Be', non lo farò.

Le stronzate sociali così le lascio volentieri agli altri.

Perciò mi schiodo dalla vaschetta, spingo via la borsa degli attrezzi e incrocio le braccia sul petto. Io e quell'uomo non ci siamo mai presi. Da subito. Ma ironia del destino ora mi serve.

«Insomma posso restare a dormire?»

Lui s'aggrotta. Ha gli occhi vacui, s'è bevuto il mondo.

«I tuoi sono d'accordo?»

«Ovvio.» Mi sto innervosendo.

Il padre di Alex mi molla un'occhiata a palpebre ammezzate.

«Sarebbe a dire che non devo chiamarli?»

«Sarebbe a dire proprio quello.»

Pare di essere in un film. Un vecchio western, dove si inquadrano gli sguardi truci dei pistoleri e le dita vibrano accanto al grilletto.

L'aria si è surriscaldata.

La fronte di Alex luccica.

«Ma se proprio vuole...» gli porgo il telefono.

QUEL CHE RESTA SIAMO NOIWhere stories live. Discover now