[kyu] ramen noodles

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And in distant skies
We watched the city die ゥチ岡 スゴ ゑ化ゑ






And in distant skiesWe watched the city die ゥチ岡 スゴ ゑ化ゑ

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RAMEN NOODLES

All'alba del nuovo giorno me ne stavo seduto alla scrivania, impugnando una stilografica nella mano destra e una sigaretta spenta nella sinistra. Ne avevo rubate un paio a mia madre la sera prima, quando avevo visto Taehyung accendersene una sotto il porticato di casa nostra.

Fumava con calma con lo sguardo perso nel vuoto. Ero troppo in alto per vederlo bene in viso e avevo paura che sporgendomi troppo mi avrebbe beccato a spiarlo, ma mi sembrò più triste e più stanco di quando era arrivato. Nuvole di fumo lo avvolgevano per brevi istanti, prima di confondersi con lo smog e i gas di scarico delle auto. Neppure il fumo riusciva a sfiorarlo senza diventare effimero, vuoto, inconsistente.

In una stanza piena di gente Taehyung avrebbe avuto tutti gli occhi puntati su di sé. Avrebbe preso, preso e preso ancora, brillando prepotentemente di luce propria e riflessa, fino a far sparire chiunque altro dalla visuale. Faceva delle sue stranezze un vanto. Aveva il fascino delle vite spezzate, dei sorrisi malinconici e delle ferite non ancora rimarginate.

Taehyung indossava quella malinconia come se fosse un profumo: si percepiva nell'aria ogni volta che ti guardava ed era tanto intensa quanto inafferrabile, incomprensibile e priva di sostanza. Ti lasciava inappagato, insoddisfatto, a domandarti che tipo di vita avesse avuto a soli vent'anni, se quell'antica tristezza che di tanto in tanto faceva capolino nei suoi occhi fosse reale o soltanto frutto dell'immaginazione.

Attraverso i nostri messaggi non l'avevo capito, probabilmente perché parlavamo sempre di me. Lui voleva parlare di me. Faceva domande, ma non rispondeva mai alle mie. Quando diventavo insistente, mi raccontava aneddoti insignificanti della sua vita. Io m'incantavo a leggere i suoi messaggi e dimenticavo qualsiasi cosa gli avessi chiesto, come se non fosse mai esistita.

Mi illudevo di conoscerlo, di avere una conversazione alla pari con lui, di riavere indietro tanto quanto gli concedevo. Solo dopo averlo incontrato davvero capii che in realtà io non conoscevo affatto Kim Taehyung. Che lui non mi ridava indietro niente, perché ogni volta che le nostre anime si sfioravano - tramite un messaggio, uno sguardo o una parola - lui portava via con sé un pezzo di me.

E non gli avevo concesso nulla. Aveva voluto conoscermi e mi aveva scritto. Aveva voluto incontrarmi ed era venuto a casa mia, come per dirmi: non posso più aspettare. Era entrato nella mia vita senza chiedere il permesso, perché voleva farlo. E non capivo perché desiderasse così tanto liberarmi, guarirmi, consolarmi, anche quando io gli avevo chiesto di andare via, anche quando gli avevo urlato contro di lasciarmi in pace.

𝐑𝐀𝐏𝐒𝐎𝐃𝐈𝐀 𝐈𝐍 𝐁𝐋𝐔 ⁺ ᵗᵃᵉᵏᵒᵒᵏTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang