L'ultimo canto della fenice

Capitolo 6: Doppia coppia

Il giorno dopo, Antea raccontò tutto a Giorgio, il quale non si agitò. Piuttosto, espresse il desiderio di incontrare quel famigerato Ares che tanto conosceva la sua piccola Antea; lei ne fu felice, lo baciò più volte ripetendo quanto fosse fortunata ad avere un ragazzo così speciale, e presto fu fissata la data del loro incontro.

Ares frequentava da un paio di mesi una ragazza, Laura, con la quale aveva una bella e tranquilla storia; l'avrebbe portata con sé, così da evitare l'imbarazzante trio; Antea espresse tutto il suo entusiasmo nel conoscere la ragazza dell'amico.

L'occasione si presentò un sabato, pochi giorni prima di Natale.

La città splendeva di luci e colori, le strade brillavano come il cielo nelle notti d'agosto; a ogni angolo, in ogni spiazzo, si potevano ascoltare le festose armonie di Natale. Antea adorava l'atmosfera natalizia in città, così decise di prenotare una pizzeria proprio sulla via principale, che, sebbene fosse tra le più care della zona, offriva uno spettacolo eccezionale sulle vie del centro grazie a delle ampie vetrate.

Ares era molto agitato quella sera; nel vestirsi rovesciò sul letto il contenuto di ben due cassetti, provò tre paia di pantaloni e almeno sei tra camicie e pullover, ma niente sembrava soddisfarlo.

Si sedette sul letto tra gli abiti raggomitolati e sgualciti e abbassò il capo, portandosi una mano tra i capelli; non sapeva se desiderasse fare buona impressione su Antea, o piuttosto, stupire e sconvolgere il suo ragazzo.

Antea lo conosceva da tempo, conosceva la sua anima, i suoi pensieri, non sarebbe certo stato l'abbigliamento di una sera a colpirla; no, ciò che turbava Ares era diverso.

Era pervaso da un terribile sentimento di orgoglio, di presunzione. Sapeva nel suo subconscio di essere superiore a quel ragazzo, anche se da quattro anni era accanto a quella graziosa farfalla dai capelli color fuoco. Lui, Ares, valeva almeno cento volte di più, in ogni campo.

L'aveva capito dai bonari racconti in cui Antea parlava affettuosamente del suo ragazzo.

Gli sovvenne il terribile sospetto di essere geloso; si dipinse nella sua mente come una macchia purpurea, insopportabile...

Ma che sciocchezze!

Lui aveva già una ragazza, con la quale si trovava bene; quel sentimento che gli bruciava il cuore, quell'ansia che lo aveva portato a mettere a soqquadro il suo guardaroba, era ben altro che gelosia!

Era, come dire, quel sottile desiderio dell'uomo di confrontarsi con l'altro, di fare un paragone, e di affermare la propria superiorità e supremazia, senza un reale motivo, quasi per un istinto animale.

Sì, doveva proprio essere così.

Parve passato un attimo quando il citofono suonò e il piede svelto di Laura scalpicciava già su per le scale.

«Ciao, amore! i miei hanno insistito perché mi riportassi a casa entro mezzanotte e mezza... posso rassicurarli che vada bene?» chiese la ragazza con voce allegra, facendo capolino nella camera di Ares che, non appena la vide, le corse incontro con un calore e un affetto mai fino a quel giorno palesato.

Si preparò in fretta e in pochi minuti si avviarono in auto all'appuntamento.

Laura chiacchierava allegra senza notare nulla di inusuale ma, in Ares, qualcosa di strano di fatto c'era; ascoltava distratto la conversazione della propria ragazza, prestando invece un'ostinata attenzione alla radio che, insolitamente, aveva acceso; cambiava di continuo stazione, spazientito dall'inutile ricerca di qualcosa che non comprendeva, variava il volume, e sbuffava.

Poi, di colpo, passava da questo insulso stato di intemperanza a un calmo, se non più strano, stato di amorosa adorazione verso Laura; si voltava, la guardava parlare con tanta loquacità e brio e le sorrideva intenerito, guardandola con occhi che mai aveva avuto prima per lei.