Capitolo 2

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Ohio, 1858

Trascorsero giorni e giorni e io mi allontanavo sempre più dal Missouri – quindi da Margaret –, ma il cuore non volle seguirmi, rimase lì, con lei.

Trovai in fretta impiego come stalliere presso una villa vicino Ohio. I padroni non si vedevano mai e noi inservienti alloggiavamo in una piccola cascina ai confini della grande corte. Il lavoro mi piaceva: ero più a contatto con i cavalli che con gli esseri umani e ciò mi aiutava a pensare meno e a non dover dare spiegazioni sulla mia provenienza. Spesso gli altri inservienti, ragazzi della mia età, mi pregavano di raccontare loro qualche storia sul posto da cui provenivo oppure di leggere loro dai miei libri, ma rifiutavo sempre, mi fingevo indaffarato oppure spossato. Non ero lì per stringere amicizie. E non ero certo lì perché lo avessi desiderato... Il mio cuore era ancora pesante e addolorato e non desideravo altro che pace e solitudine.

Cominciai perfino a sentire la mancanza della mia famiglia, ogni giorno di più, e mi domandavo spesso cosa avessero pensato i miei genitori, soprattutto mia madre, quando si resero conto che non sarei tornato più. Mi domandavo cosa avesse raccontato loro John, l'unico che sapeva della mia fuga. E molto più spesso mi domandavo come stesse proseguendo la vita di Margaret. A quell'ora doveva essere già diventata la signora Mason e quel fatto non mi faceva chiudere occhio. Ero in pena per lei e più volte dovetti fermarmi dallo scriverle qualche lettera. Dovevo dimenticare la sua esistenza, ma non ci riuscivo, non sapevo come avrei potuto fare. Mi chiusi nel mio guscio, lasciando fuori il mondo che avevo attorno, e mi concentrai soltanto sul lavoro.

In quel modo riuscii a rimanere per i fatti miei per qualche mese e poco a poco gli altri inservienti capirono che non mi piaceva rispondere alle loro domande o raccontare loro i fatti miei così mi lasciarono in pace, almeno così mi parve, e ne fui momentaneamente sollevato.

La tranquillità durò poco anche lì e, quando mi resi conto che le cose stavano andando per il verso sbagliato, decisi di scappare nuovamente.

Accadde che una giovane s'infatuò di me e me lo fece intendere, ma uno degli inservienti le faceva la corte da molto prima. Io non ero intenzionato a prenderla in considerazione, ma gli altri cominciarono a detestarmi ancor più, appoggiando il loro amico. Per farmela pagare e per farmi allontanare avevano intenzione di fare in modo che i padroni pensassero stessi rubando qualche oggetto di valore dalla villa, ma scoprii i loro piani prima che fosse troppo tardi. Avevo risparmiato molto denaro e avevo ancora il mio cavallo, così decisi di partire.

Me ne andai a notte fonda, per non farmi notare da nessuno e per non dover dare spiegazione alcuna. Sperai che il mio viaggio fosse finito una volta arrivato in Ohio, ma a quanto pare non ero ancora destinato a mettere radici. Era già difficile dover stare lontano da quella che chiamavo casa e dalla mia amata, in più dovevo anche continuare a muovermi per riuscire a mantenere segreto il mio passato. Tutto ciò mi destabilizzò e mi rese ancor più cupo e corrucciato. La vita che immaginavo di fare si sgretolava sempre più davanti ai miei occhi, si stava riducendo tutto a una perenne corsa. Scappavo dal passato, scappavo dal presente, scappavo dall'amore... tutto ciò che desideravo era solo potermi fermare.

Avevo pensato a molti modi per fermare la mia corsa, per fermare il mio cuore, ma non ebbi il coraggio di farlo. La flebile speranza di poter, un domani, ricongiungermi con la mia amata mi rese codardo. Fu quella la spiegazione che mi diedi e oggi ringrazio Iddio per avermi reso codardo allora.

Il viaggio fu lungo e pieno di intoppi che non sto a raccontare. Arrivato nei pressi di Evansville, in Indiana, decisi di fermarmi. Ero all'incirca a metà cammino tra il Missouri e l'Ohio e temevo che, se avessi proseguito, non mi sarei fermato prima di Mason Ville. Tuttavia, per quanto lo desiderassi, non potevo permettere a me stesso di arrivare fin lì. Era trascorso poco più di un anno dalla mia partenza e di sicuro tornare non avrebbe giovato a nessuno, di certo non a me e al mio cuore dolorante; continuavo ancora a sperare che il tempo e la distanza avrebbero potuto alleviare il mio dolore. Non era ancora accaduto, ma la speranza non mi abbandonava. Speravo di svegliarmi una mattina, guardare il cielo azzurro e non pensare ai suoi occhi. Speravo di potermi coricare la sera senza avere la mente piena dei ricordi di cui ella era protagonista. Speravo di riuscire, un bel giorno, a guardare un campo di grano senza che esso mi rammentasse il colore dei suoi capelli.

Biografia di un Vampiro - L'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora