LA SEGRETARIA PERFETTA

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9^ LA SEGRETARIA PERFETTA

-" Cara Maggie, il tuo sorriso indulgente mi ristora l'anima. Il mio obiettivo era quello di farti socializzare con i tuoi coetanei, devi cercare di ambientarti e per questo, il miglior modo è lavorare!" disse Amelia puntualizzando ogni singola parola.

-" E' da tanto che cerco un lavoro, ma tutte le opportunità, svaniscono in un batter d'occhio appena si fermano sul mio cammino" affermò Maggie con una smorfia.

-" Cara figliola, ricordati che non devi mai arrenderti, chiusa una porta si apre un portone e così che si dice no? E allora segui questa congettura, ascolta il tuo cuore e vedi dove ti porterà. Io ti aiuterò!" concluse piena di calore Amelia.

-" Ci proverò, ma non si illuda, non mi prenderanno mai come illustre segretaria del museo di Treton".

Il giorno fatidico arrivò come un lampo pungente, freddo e fragoroso. Il cielo cupo e obbrobrioso era infestato da tuoni e fulmini che rigavano l'aura celestiale del giorno precedente, con schegge abbaglianti e rumori assordanti. La rigogliosa sinfonia degli usignoli era mutata in drastica tempesta.

Amelia si svegliò molto prima del solito quella mattina e con la sua copertina di lino bianca, sobbalzò alla tuonata sprezzante che la indulse ad aprir gli occhi alle 6:30 del mattino.

-" Oh dannato tempo, questi tuoni ad agosto sono inconcepibili!".

E sbraitando quell'ammasso di parole ritorte, iniziò a vagare con passo impetuoso per tutta la stanza, in preda all'ira e al riverbero dei lampi, che scindevano il cielo, in tanti sontuosi frammenti.

Alle 9:00 l'atmosfera era identica all'indomito risveglio di Amelia. Improvvisamente i tuoni fragorosi si confusero con battiti di pugni sulla porta.

-" Maggie che ci fai ancora qui, oggi avevi l'appuntamento al Treton City Museum!" disse Amelia alzando il tono di voce per sentire ogni singola parola che pronunciava.

-" Lo so, ma come faccio con questo maledetto temporale?" domandò quasi tra sé e sé.

-" Non ti farai mica scoraggiare da questi ridicoli tuoni?!"

-" Ma...siamo nel bel mezzo di una tempesta!" affermò Maggie spazientita.

-" Su andiamo, ti accompagno io!"

-" Amelia, ma è impazzita, lei ha un cuore fragile, è anziana!" sentenziò Maggie con il tono più autoritario che potesse avere.

-" Un taxi ci sarà pure no? Quindi andiamo!"

E senza riuscire a convincere Amelia, di aver avuto un'idea tutt'altro che sagace, Maggie fu costretta a star agli ordini dell'inflessibile duce.

E con addosso scialli e berretti, si diressero verso un taxi, che con gran velocità le portò al Treton City Museum. Entrate nella portineria, le due donne rimasero sbalordite dal lussureggiante atrio dove esposti in piedistalli ornamentali, si sfoggiavano dei meravigliosi e variopinti vasi giapponesi satsuma, in ceramica dipinta a mano. Come invece, piccoli souvenir, sotto forma di portachiavi, erano dei preziosissimi astucci per unghie in oro e pietre preziose. Aveva letto un libro che parlava delle antiche tradizioni cinesi e un paragrafo, trattava proprio dell'usanza dei sovrani cinesi di portare le unghie lunghe come sinonimo di superiorità, nei confronti della misera servitù. Dato che l'effetto di vedere quelle luride e disgustose unghie lunghe era sgradevole all'occhio, si pensò di coprirle con quei preziosissimi astucci esposti in quel museo, arricchiti da pietre inestimabili, così da accentuare lo status sociale e dire in poche parole quanto ricchi si fosse.

Tralasciato quel dettaglio Amelia si concentrò sul legno massello, che invadeva l'intera portineria e su quella carta da parati regale, effetto boiserie, che donava un tocco di supremazia ad ogni parete. E si fece così tanto trasportare dalla brillantezza del lampadario vittoriano, da rimanere accecata dalla luce evasiva delle lampadine gialle.

-" Amelia, devo andare. Sono molto nervosa!" disse Maggie.

- " Finalmente! Devi stare tranquilla tesorino e mi raccomando dimostra di essere spigliata e attenta, vedrai che farai un figurone! Io andrò nel frattempo in esplorazione" continuò Amelia senza prender fiato. E vedendo Maggie allontanarsi, si addentrò in quel luogo di acculturazione.

Sorpassato l'atrio, del quale aveva ispezionato ogni centimetro, si ritrovò in una grande e sontuosa libreria, con tutti i manoscritti del grande Francis Scott Key Fizgerald, grande scrittore e sceneggiatore statunitense, considerato uno fra i maggiori autori dell'Età del jazz e dei cosiddetti " ruggenti anni Venti". Continuando con la reminiscenza dei bei tempi andati, Amelia si addentrò nella stanza adiacente alla libreria, dove con grande stupore, osservò ogni singolo quadro bellico della dura Roma. D'un tratto inciampò durante la contemplazione del condottiero Marco Licinio Crasso, durante una spedizione ai confini di Roma e per non cadere nuovamente come un sacco di patate, si aggrappò al quadro in fase di osservazione, ma essendo una tipetta grassottella, abbracciò il ritratto cadendo di sasso.

Per fortuna erano appena le 10:00 del mattino e l'ora di esposizione era solamente della 17:00 alle 19:00 e per questo, nessuno eccetto Marco Licinio Crasso si sarebbe accorto di nulla. Nel riposizionare il quadro al suo posto, Amelia sporse lo guardo a destra e a sinistra, per confermare a se stessa, che non ci fossero stati spettatori al suo clamoroso tracollo. Voltando lo sguardo a sinistra, si chiese l'utilizzo di quella piccola porticina al centro tra due pilastri reggenti.

Lei era lì, snaturata dalla sua insolita posizione. Era una piccola porta fuorviante, un occulto passaggio, che conduceva all'ignoto. Quel crepuscolare varco socchiuso, portava in un'ombra inquietante, tale da sopprimere ogni tuo respiro stentato e capace di smozzarti il senno.

I passi di Amelia avanzavano rigidamente e ostentavano un movimento torpido. Il suo braccio allungatosi prontamente verso la porticina socchiusa e la sua mano tremante adagiatasi sulla maniglia gelida, sollecitarono con veemenza l'apertura del varco e con grande stupore e malinconico rammarico, quella tanto terrificante porticina spettrale, racchiudeva il vuoto e l'ombra dell'oblio.

" Come è possibile!" pensò Amelia confusa e stravolta da quella travolgente eccitazione trasformatasi in delusione.

Una stanzetta semplicemente e banalmente vuota, con una piccola lampadina appesa al soffitto, un po' guasta, che a scatti illuminava e rabbuiava la cameretta. Nessuna finestra e nessun mobile; nessuna decorazione e una moquette verde oliva che sfigurava ancor di più quella stanzetta ambigua.

Amelia rabbrividì per un attimo, il suo sesto senso le diceva di andarsene immediatamente, ma il suo cuore vinceva le sue sensazioni sinistre.

Iniziò a camminare lungo la stanza, accompagnando l'indice sulla parete destra. Quel muro ingiallito, freddo e umido, donava alla stanzetta un effetto macabro. A fine parete Amelia notò delle screpolature, che con il tempo avevano forgiato un buco all'angolo, molto profondo. Infilando la mano, Amelia fece una scoperta raccapricciante.

In fondo a quel buco, aveva toccato e afferrato con la sua mano sinistra ancora prensile, qualcosa di morbido e setoso, quasi vellutato. Gesticolando con le mani estrasse una ciocca di capelli rossi, gremiti da qualcosa di solidificato. A primo impatto sembrava argilla rossa, ma portando quella ciocca increspata verso il suo viso, Amelia si accorse che in realtà quel ciuffo era impregnato di sangue rappreso. Scandalizzata da quell'orribile scoperta agitò la mano contenente la ciocca e facendola scivolare, si diresse accennando una leggera corsa, stremata dallo spavento, verso la portineria. Diritta e col viso segnato dallo sgomento, si sedette su una delle poltroncine d'attesa, sperando con tutte le sue forze, che quel che aveva visto, non fosse realmente ciò che pensava che fosse.

All'arrivo di Maggie si alzò con molto imbarazzo, cercando di emulare un convincente sorriso.

-" Sono stata assunta come segretaria personale del direttore, che ancora devo conoscere. In realtà sono ancora sotto prova, in quanto dovrà essere il direttore ad acconsentire la mia assunzione. Ma il vicedirettore ha detto che sarei stata la segretaria perfetta!" continuò estasiata Maggie.

-" La segretaria perfetta..." ripeté Amelia senza badare a ciò che aveva detto prima e sbarrando i suoi occhi tremuli, abbracciò la ragazza meccanicamente, senza alcun sentimento, assorta nei suoi distorti e tenebrosi pensieri.

OMICIDIO AL TRETON CITY MUSEUMDonde viven las historias. Descúbrelo ahora