L'erede di Ahina Sohul (Elisa Rosso)

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Questa recensione sarà lunga. Probabilmente sarà la più lunga che abbiamo mai scritto fino ad oggi e se conoscete un pochino noi Cactus di Fuoco, avrete immediatamente capito il perché: parliamo di un libro brutto.
Non per spoilerare, ma il voto complessivo del romanzo in questione (che vedrete alla fine della recensione, come al solito) è il più basso che abbiamo mai assegnato.
Ringraziamo dunque il nostro lettore Pseudon1mo per averci consigliato questo libro e fatto subire così il supplizio di una sbrodolata infinita di trama claudicante con milleduecento cose che succedono in mezzo rigo e che sono scritte in modo così noioso che i nostri sguardi vagavano istintivamente fino alla fine della pagina, facendoci saltare un milione di scene e facendoci risvegliare, smarriti come bambini sonnambuli, solo durante le scene clou (se così si possono chiamare quei pezzettini in cui la trama ha una specie di brividino dopo decine di pagine di piattume&pattume).
Il romanzo che recensiamo oggi è "Il libro del Destino - L'erede di Ahina Sohul" di Elisa Rosso, un'autrice con un nome tanto anonimo e comune quanto il titolo della sua opera è pretenzioso.


Tenetevi forte, perché sarà un gran viaggio, molto diverso da quelli a cui siete abituati di solito.
Sapete che a noi piace descrivere la trama, almeno della prima parte del libro, in modo abbastanza ironico e dettagliato, non come se fossimo i cataloghi delle case editrici, ma come se stessimo raccontando una storia ad un amico. Ecco, per scrivere nel dettaglio la trama del "Libro del Destino - L'erede di Ahina Sohul" servirebbe il quadruplo (o il quintuplo) dello spazio che normalmente dedichiamo alla trama in una recensione, e ci sarebbe anche bisogno di diversi assaggi della prosa della scrittrice perché è qualcosa di... di... beh, giudicherete voi, perché ora lo facciamo.
Non ci tiriamo indietro. Vi racconteremo di questa trama nel dettaglio, occupando il quadruplo (o il quintuplo) dello spazio che normalmente dedichiamo ad una trama in una recensione e srotolando la matassa ingarbugliata perché diventi comprensibile anche per voi. Siamo coraggiosi. E volenterosi. E scriveremo la trama con il libro in mano perché non ci ricordiamo i nomi di niente e nessuno, compresa la protagonista (o il protagonista è un maschio? Boh).


1. La trama:
La storia si apre con una città (Ahina Nhife, o Ahina Sohul, ha due nomi) sotto un cielo rosso, con le mura tutta affumacchiate e (letteralmente) sporche di sangue. Insomma, ci son botte da orbi perché si sa che nei fantasy non è quasi mai "rosso di sera bel tempo si spera", ma "rosso di sera, schiattate tutti".
Conosciamo immediatamente il bad guy della storia, un tale Pseudos che ovviamente, essendo cattivo, ha una risata tipo buhahahahah e comanda goblin, troll e orchi, e tutte quelle creature bbrutte bbrutte.
Pseudos vuole diventare re, ovviamente, perché se sei cattivo e comandi i goblin è ovvio che vuoi farlo, no? Voi non vorreste?

"Pseudos se ne stava là, sul suo cavallo, a osservare compiaciuto le truppe di amorphi e di goblin che si riversavano nella capitale della terra di Nadesh. Sembrava godere delle urla delle donne e del pianto dei bambini. Sapeva che ben presto sarebbe diventato re."

Se volessimo fare un colpo di stato però, caro Pseudos, eviteremmo di stare ritti a cavallo con la faccia di qualcuno che gode delle urla delle donne e del pianto dei bambini. Sent'a noi: non ha la vocazione del re.

"Sarebbe stato l'unico erede al trono perché tutti i possibili pretendenti sarebbero tragicamente morti nell'assalto: nessuno avrebbe sospettato che era stato lui a organizzare la presa della città."

Veramente se muoiono tutti tranne lui e lui se ne sta sul cavallo a sogghignare, dire "occomesonobello occomesonointelligenzio" e lisciarsi i baffetti mentre la sua gente viene uccisa, secondo noi qualche sospetto ce l'avranno eh.
Allora, Pseudos parla con un troll immondo del Regno delle Nebbie (che ovviamente non ci viene descritto, come TUTTE le creature di questa storia) a cui chiede di trovare qualcuno, poi entra a palazzo.
Così, giusto per non sembrare ancora più sospetto agli occhi della popolazione, che lo ha appena visto parlare con un troll immondo.
Incontra un tizio con i capelli lunghi e un cerchietto d'oro in fronte.

"Sul volto di Pseudos si disegnò un sogghigno. – Galwan di Nadesh, mio re e mio cugino... "
Ah, grazie per lo spiegone, Pseudos! D'ora in poi saluteremo anche noi così la gente. "Peppe di Calabria, bidello dell'istituto scientifico e mio zio...".
Pseudos vuole che il re gli consegni un certo Libro del Destino, ma re Galwan gli rivela di averne strappato le pagine e di averle sparse per tutto il regno di Nadesh. Allora Pseudos vuole che il re e cugino gli riveli dove si trovano i suoi due figli e sua moglie, ma ovviamente Galwan non lo fa e Pseudos, invece di insistere, lo ammazza in una delle scene di omicidio meno ricche di pathos mai scritte.

"Improvvisamente si girò di scatto con la spada sguainata e gli mozzò di netto la testa. Poi, soddisfatto, si risedette sul trono del re."

Ok. Nel frattempo, visto che questo libro è pieno di salti di prospettiva e di tempo, andiamo a vedere che sta combinando la regina: lei sta scappando con un cavallo a tutta velocità insieme ai suoi figli, uno piccolo piccolo e tutto infagottato e l'altro seduto davanti a lei. Perché il re non sia scappato insieme a loro e sia invece rimasto a farsi tagliare la testa è un mistero che non verrà mai risolto. Forse.
Per via del galoppo forsennato, la donna perde il cappuccio, e l'unica utilità di questa cosa è per far vedere a noi, il lettore, che questa qua è un'elfa o una mezzelfa.

"Il cappuccio scivolò via dal capo della donna rivelando una cascata di capelli neri come l'inchiostro e le orecchie appuntite, ma lei non se ne curò: fuori dalla città era improbabile che la riconoscessero."

Allora, Pseudos pensa che nessuno lo collegherà all'assalto che chiaramente è stato ordinato da lui, e lasciamo correre... ma come diamine fa la Regina (LA REGINA!) a pensare che non la riconosceranno? E che cavolo di regina è che la gente non sa che faccia abbia? Cioè, è l'unica con gli occhi verdi come smeraldi, la cascata di capelli neri, le orecchie a punta e che porta due principini sul suo stesso cavallo, no?
Allora, facciamo un altro salto spaziale (e siamo solo nel prologo!) e andiamo a visitare un posto bellissimo...

"una terra arida e sassosa dove le uniche forme di vita erano i vermi che si contorcevano nel terreno asciutto"

Allora: nel terreno asciutto i vermi, se intendiamo i lombrichi (ma pure un sacco di larve, eh!), non ci sono. Queste creaturine hanno bisogno di umidità e durante i periodi caldi si rintanano a grandi profondità, dove l'acqua è ancora presente, e non stanno di certo a contorcersi nel terreno asciutto. Per di più, questi poveri cosi che diavolo mangiano, visto che sono le uniche forme di vita? Normalmente dovrebbero nutrirsi di materiale vegetale in via di decomposizione. Ma lasciamo perdere, è un fantasy: magari questi vermi sono come Pseudos e la Regina, sono convinti che sia improbabile una cosa molto probabile, tipo MORIRE DI FAME.
In questo posto bellissimo e sassoso c'è una figura nera e silenziosa, che ovviamente non ci viene descritta perché... perché... che schifo le descrizioni? Comunque, la nostra misteriosa figura si avvicina a un trono su cui sono sedute (sì, tutte e tre sullo stesso trono, è specificato) e incatenate tre spettrali figure grigie. Descritte così "tre spettrali figure grigie". Sono tutti figure in questa terra asciutta e sassosa, che volete?
La figura nera tende un pugno verso le figure grigie, lo apre e le loro catene si spezzano.
Nuovo salto spaziale! Il quarto, e siamo solo nel prologo.
C'è un tizio con un occhio giallo e un occhio verde seduto ad una scrivania e se la sta facendo addosso dalla paura. Il tizio con gli occhi spaiati chiama sua moglie e le dice che devono scappare, altrimenti il loro figlio morirà, perché i Mohrger (supponiamo che siano le tre figure grigie sul trono) si sono liberati.

"Sul bel viso della donna si disegnò un'espressione di puro orrore. – I Mohrger! Miei Dei, no! – mormorò mentre sulle sue guance iniziavano a scivolare lacrime silenziose."

Lei piange. Con lacrime silenziose.

"La donna si alzò e lo seguì, ma i suoi singhiozzi sempre più forti si confondevano ormai con le grida di angoscia degli elfi per il risveglio dei Mohrger e del loro terrore."

La scrittrice, evidentemente, non ha idea di cosa sono le lacrime silenziose.
Di nuovo salto spaziale! Il quinto in questo prologo!
Torniamo di nuovo dalla regina.

"La fuga della regina di Ahina Sohul durò dieci giorni e dieci notti. Infine la donna si arrestò in un bosco, smontò dalla sella e legò le briglie a un albero."

Ok. Dieci giorni e dieci notti. Voi potreste fuggire per dieci giorni e dieci notti senza fermarvi? Pensateci. Riuscireste a correre per dieci giorni e dieci notti? La maggior parte di voi non riesce a correre neanche per un'ora continuata. "Ma lei stava andando a cavallo!" diranno i nostri lettori, battendo le palpebre confusi. Infatti: i cavalli non hanno la stessa resistenza degli esseri umani. Un cavallo non potrebbe mai, MAI, neppure se fosse il più resistente e forte del mondo, correre per dieci giorni e dieci notti.
Diamo per scontato che la regina abbia legato all'albero le briglie di un cavallo morto ed essiccato. Dopo aver lasciato suo figlio maggiore con un cadavere di cavallo, fuori da un villaggio, la regina va da sola in una locanda.

"e chiamò l'oste. Senza una parola gli consegnò il fagottino che aveva con sé. L'uomo sobbalzò. – Ma no... mia regina – protestò. – Non potete...
– Decido io quello che posso o non posso fare – tagliò corto la donna"

Ah! Quindi lo vedi che senza cappuccio riconoscono subito che sei la regina? Non è così improbabile che ti riconoscano adesso!
In breve, la regina molla suo figlio piccolo all'oste.

"Non lasciò all'uomo il tempo di replicare, volse le spalle e se ne andò."

Esatto, proprio così. Una regina di grande educazione, vediamo. Proprio, regale.

"Ora lei e il figlio maggiore potevano riprendere con più calma la loro fuga verso est."

Caspita, perché certo quel neonato vi costringeva a correre velocissimi, eh. Comunque, la regina e il figlio continuano a scappare quando sbuca un drappello di amorphi (ma che cavolo sono sti amorphi? Mica vengono descritti. Ed è ironico, visto che amorphi significa proprio senza forma) e loro... esatto, continuano a scappare, ma un pochino più veloce. Visto? Visto, che non è servito a niente buttare via il neonato?

"Per un giorno e una notte interi la regina riuscì a sfuggire"

Ancora? Ma siamo seri? Su una carcassa di cavallo sfiancato e disidratato?

"ma poi il suo cavallo venne raggiunto da una freccia e si accasciò al suolo."

Oh no, hanno ucciso il cadavere di cavallo. Ri-RIP.
Comunque, il ragazzino scappa grazie a una magia della madre (ma se è magica poteva usare questa cosa fin dall'inizio, no?) e la madre non sappiamo che fine fa. Tutto accade (come pure il resto delle cose avvenute nel capitolo) sotto gli occhi attenti dell'Aquila bianca, che ovviamente (come tutte le creature di questo libro) non viene descritta.
Ma chi cavolo è quest'Aquila Bianca?

"Solo lei aveva visto. Solo lei sapeva. Solo lei avrebbe ricordato."

Non lo sappiamo, ma lei ci tiene a sapere che invece lo sa. Qui finisce il prologo e già abbiamo una vaga voglia di prendere a pugni questo buco di logica.
Continuiamo!
Salto temporale di quindici anni: c'è un tale Bedwyr che è stato adottato da una famiglia di mercanti ed è tutto felice della sua vita fortunata.
Parlando un po' della sua famiglia e un po' dei suoi tratti facciali, la scrittrice ne approfitta pure per inserire uno spiegozzo della suddivisione geopolitica del paese:

"I reami di Tared, Vahls, Raden e infine Nemis, la regione di Ahina Sohul, la più importante. Il sovrano di quest'ultima regione, infatti, aveva potere su tutti e quattro i regni."

Ehm, se il sovrano dell'ultima regione aveva potere su tutti e quattro i regni, allora non erano quattro regni, vi pare? Era un solo regno. Tared, Vahls, Raden e Nemis erano dunque quattro regioni all'interno di uno stato che praticamente non ha un nome. Ma vi sembra il caso che ci mettiamo a spiegare la geopolitica di un mondo di cui non ci frega niente? Proseguiamo.
Bedwyr fa la legna nel bosco e torna verso casa, passando attraverso i cancelli della città, che sono presidiati da guardie, fra cui Nooth, il papà del suo migliore amico Rooth, ovvero un ragazzone sedicenne con i capelli tagliati a scodella (letteralmente). Il nostro boy porta la fascina di legna su un mucchio di altre fascine di legna: serviranno per la festa di addio, quando i ragazzi della città partiranno con i loro custodi.

"I custodi erano soldati molto esperti nell'arte della battaglia. Ogni anno venivano nelle città, portavano via con sé i ragazzi sedicenni che volevano diventare guerrieri e li sottoponevano a un lungo addestramento, sino a quando venivano considerati adulti"

Come vedremo anche in seguito, non si avranno età di riferimento, per questa come per altre cose. "Venivano considerati adulti" vi deve bastare, tanto non ci diranno a che età questo avverrà.
Bedwyr ha paura per il suo papà adottivo perché fuori dalla città è tutto un guazzabuglio di Amorphi che attaccano la gente e con questo pensiero in mente il ragazzo torna a casa, dove ci viene presentata la sua famiglia che però è molto inutile per la trama.
Questa recensione rischia di essere più lunga del libro, perché come diavolo si fa a raccontare in breve qualcosa che è già scritta meno che in breve?
Allora salteremo un mucchio di cose e parleremo solo delle più importanti qui. Non ce ne frega niente della sua famiglia, và. Anzi, ve la presenteremo solo con le parole di Bedwyr:

"E poi, guarda, siamo proprio la famiglia ideale secondo le teorie del nostro re [..] Pseudos sostiene che per servire il paese una famiglia deve avere un figlio che ne conservi la tradizione, e questo è Genod; un altro maschio che la onori come soldato, e io sin da piccolo ho sognato di diventare un grande condottiero. E poi ci vuole una femmina che ne assicuri una fiorente discendenza e, nel nostro caso, c'è Nelia."

Tranne che in questa società il marito non prenda il cognome della moglie o che un figlio maschio che provenga da una famiglia per bene non possa figliare, non capiamo perché debba essere proprio una donna ad assicurare una fiorente discendenza... che belli i buchi di logica! Ma se questa famiglia teorica ideale è stata descritta da quel cretino di Pseudos (che potremmo chiamare, sì, lo pseudo-re) ci crediamo che è così stupida.

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