Chi sei?

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Il sudore colava giù dalla sua fronte e si mischiava con la terra e lo sporco accumulati dopo mesi e mesi di prigionia. I Calunis erano dei mostri, dotati di lunghe zanne giallastre, tre file di denti affilati come rasoi, pronti a squarciare le gole dei prigionieri, artigli che spuntavano dalle nocche delle mani pelose, il corpo ricoperto da uno spesso strato di pelliccia nera, tranne per il loro capo. Lui ne aveva una di colore grigio, un bellissimo grigio, che addosso a quell'essere così spregevole perdeva tutta la sua vitalità e lucentezza. Avevano in dotazione delle armi potenziate: le balestre lanciavano frecce alla velocità di due colpi al secondo, per non permettere al prigioniero di scappare. Lui, ce l'aveva fatta. La fortezza Majakan era stata attaccata, lui ne aveva approfittato per uccidere un Calunis usando una pietra affilata nel corso dei sette mesi passati lì, conficcandogliela direttamente nel cuore, per poi estrarla e squarciare la sua gola con la stessa arma. Mentre quelle immagini si susseguivano senza sosta nella sua mente e le gambe gli dolevano per il troppo sforzo, i polmoni sembrava stessero andando a fuoco e la gola quasi serrata da un nodo invisibile, vide qualcosa che fece bloccare immediatamente i suoi arti dolenti e contratti. Un bambino, alto si e no un metro e quaranta, sdraiato a terra e rannicchiato su se stesso. Si avvicinò in tutta fretta, cercando di recuperare il bambino morente. Le sue dita toccarono qualcosa di denso e bagnato, e represse un conato quando verificò si trattasse di sangue rappreso. Cercò di spingere il braccio più lontano possibile, per girare il corpo nascosto nel buio. Con una forza disumana ce la fece, ma ciò che vide fece emergere lacrime che bruciavano mischiate alla polvere: bruciavano il cuore, corrodevano l'anima. Posò due dita sulla carotide del bambino, sentendo il battito leggero e debole, ma ancora presente. Prese a singhiozzare, mentre cercava in tutti i modi di tirarlo fuori da lì. Aveva il petto squarciato, un colorito violaceo e le labbra blu. Com'è possibile? Come può non essere morto? Martin decise di prendere una decisione estrema, quando vide l'acqua salire da un buco sul pavimento. Diamine, doveva sbrigarsi. Recitò una formula, ed ecco che le sue sembianze tornarono ad essere quelle di qualche anno addietro. Le orecchie a punta, i capelli blu lunghi fino alle spalle, con una treccina tutta colorata da perline e fili multicolore, gli occhi verdi e un fisico magro ma scolpito, e i suoi vestiti di sempre, fatti con pelle di bue e lana di pecora. Allungò le mani dinanzi a se, continuando a recitare la stessa identica formula per dieci minuti buoni. Guardò il bambino, era tornato, era tornato da lui. Il colorito era tornato, le labbra di nuovo rosee, la ferita sparita. Poi, cadde in ginocchio, stremato. Martin non poteva farcela, non era abbastanza potente. Riprese le sue sembianze da umano, si scagliò con tutta la forza che aveva sulle sbarre della cella umida e fredda, ma non ce la fece. L'acqua continuava a salire, salire, salire, e lui poteva solo sperare di riuscire a salvare il bambino. Improvvisamente questi iniziò a tossire, l'acqua gli era entrata nei polmoni, stava morendo. Martin urlava, urlava talmente tanto da avere le corde vocali distrutte. Poi, non ebbe il tempo di realizzare, che due frecce erano conficcate nel suo petto. Cadde a terra, ansimando e premendosi il torace, quando qualcosa di mistico accadde il bambino si librò in aria con una tale leggerezza, da sembrare un'allucinazione. Le braccia spalancate, gli occhi bianchi e volti totalmente al contrario, intorno a lui fumo nero, tanto, troppo. Portò le mani dinanzi a se, gridando queste esatte parole: "Io, figlio di Atarie, invoco te, padre, donami il tuo potere, o demone superiore!" e fu allora che saette nere si sparsero per tutta la sala, così come un'onda d'urto fatta di fumo, che uccise tutti, tranne Martin. Il bambino aprì da solo la cella, con un solo cenno della testa, mentre gli occhi ora erano neri. Ritornò a terra, chiuse le palpebre e la voce demoniaca di prima venne sostituita da una infantile che domandava al morente ragazzo chi fosse. Martin sorrise, poi tossì del sangue nero, e l'ultima cosa che pronunciò fu "tuo fratello". Lasciò finalmente andare se stesso, e vide dall'alto il bambino che piangeva con le ginocchia al petto, il suo corpo dissanguato, e vide persino suo fratello seppellire il suo corpo e piangere sulla sua tomba. In fondo, Martin sarebbe potuto andare via, correre lontano, eppure restò per lui, per l'unico componente della sua famiglia ancora in vita. Sorrise, e finalmente ebbe il coraggio di lasciarsi andare, per poi trovare la pace. Non era più solo, senza uno scopo, ora aveva una missione: proteggere suo fratello.

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~One Shots~ Sogno O Realtà?Where stories live. Discover now