𝕺𝖓𝖉𝖊

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Passai distrattamente il palmo pallido sulla candida e porosa carta, stirandone gentilmente i bordi.
Ero persa fra i mille crucci dei miei pensieri. Lo sguardo mi cadde sulle corte unghie mangiucchiate, rovinate dai momenti di tensione.

«Rose, ma mi stai ascoltando?». Sussultai, sorpresa dal tono affrettato e brutale di Erika.
Timidamente azzardai una rapida occhiata al suo volto fine.

Un ciuffo color miele le ricadeva sul viso, sfiorandole le labbra, impertinente.
Lo cacciò via in un flebile sbuffare, lieve refolo nell'incresparsi dell'aria.

Le nostre cosce scavavano morbidamente nel divano, le gambe aggrovigliate. Il tavolinetto di vetro arroccato davanti a noi era un ammasso di carte.

Le sue lussureggianti iridi tinteggiate di verde intenso mi si riversarono nell'anima. Pareva scrutare le sfaccettature più nascoste.

«No» scossi goffamente la testa, seguendo il dondolio di un ricciolo ramato sfuggito alla coda sciatta.
Era stata un blando tentativo di impedire a quei capelli ribelli di vezzeggiarmi le gote.

Mi morsi il soffice labbro inferiore, pensierosa. «Mi dispiace» soffiai infine, corrugando le sopracciglia.

«Fa nulla» mi rassicurò pacatamente, sventolando la mano minuta a mezz'aria. Si portò la bustina di carta alle labbra umide.

Ne intrappolò il contenuto, esibendosi in una smorfia nauseata nel saggiare il poco piacevole gusto della colla.
«Non stavo dicendo nulla di particolarmente importante» borbottò, passandomi un nuovo biglietto.

Un lieve senso di colpa mi bruciò nel fondo dello stomaco. Lei ascoltava ogni mio più flebile capriccio, eppure io non parevo esser capace di prestarle ascolto, neppure per un breve attimo.

Persa tra i pensieri, avvertii uno strano calore, soffice e piacevole, strusciarsi attorno alla mia caviglia. Avevo lasciato penzolare il piede, oltre il bordo del divano in pelle.

Abbassai lievemente lo sguardo, tra le folte ciglia ramate, sussultando sorpresa. Ritirai la gamba, accucciandomi fra i cuscini.

Studiai il pavimento, una smorfia di sorpresa. Scorsi un paffuto gatto aggirarsi sulla morbida superficie della moquette scura.

Aveva l'aria fiera, il petto in fuori.
La coda era dritta dritta, puntata verso l'alto. Sussultò, soffocando uno strano starnuto.

«Sta bene?» Domandai perplessa.
Osservai il felino prendere slancio più volte. Tentava la scalata al lussuoso divano. Non si gettava, però, mai davvero in un salto.

Le microscopiche unghiette si aggrappavano disperatamente al copri divano. I suoi grandi occhi gialli erano assottigliati, la sua pancia paffuta emetteva respiri pesanti.

Erika alzò lo sguardo dal mucchio di carta accatastata sul basso tavolinetto di legno posto dinanzi a noi.
Con un secondo di ritardo, comprese il senso della mia curiosa domanda.

Il suo sguardo si velò di tetra malinconia. Goffamente prestava soccorso al felino, offrendogli aiuto con le mani pallide, che vennero involontariamente macchiate dalla traccia fine di bianchi graffi.

«Non molto, in effetti» convenne cupamente la mia amica, senza volgersi a guardarmi.
Come se fosse fin troppo doloroso ammettere davvero in viso di qualcuno quella verità.

Vedere il suo volto tendersi in quel modo mi indusse un profondo stato di malessere. Parve avvertirlo poiché alzò nuovamente il capo, i corti ciuffi biondi scivolarono a lambirle il collo diafano.

sorgeva ancora, a malapena visibile, la traccia dimenticata di una cicatrice. «Non sarà tanto grave» Fornii, spostando la coda di riccioli su una scapola, annuì con veemenza.

ℭ𝔞𝔭𝔭𝔲𝔠𝔠𝔢𝔱𝔱𝔬 ℜ𝔬𝔰𝔰𝔬 𝔈 ℑ𝔩 𝔏𝔲𝔭𝔬Where stories live. Discover now