I CAPITOLO

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Ritentai con un'altra forcina per vedere se funzionava. La misi con attenzione nella serratura della porta che era rimasta chiusa per troppo tempo fino a quel momento. Iniziai a muoverla con delicatezza in tutte le direzioni, cercando il meccanismo giusto. Non potevo passare un altro compleanno lì dentro. Appena sentii un clic da parte della serratura, sussurrai un "Sì!" per evitare che mio padre mi sentisse e aprii la porta. Libertà! Finalmente libera per il primo compleanno della mia vita!
Uscii dalla mia camera e feci una piroetta, poi un'altra, e un'altra... finché non mi girò abbastanza la testa e mi schiantai contro qualcuno. Feci un passo indietro e alzai lo sguardo lentamente: davanti ai miei occhi si trovava un altro Elfo, biondo, alto e slanciato. Davvero esistevano creature tanto belle al mondo?
"State attenta", disse quest'ultimo, squadrandomi.
"Perdonatemi, perdonatemi tanto", risposi io, facendo una riverenza giusto per non veder più i suoi bellissimi occhi azzurri.
"Voi siete...?", chiese l'Elfo.
A quella domanda girai sui tacchi e mi diressi nella direzione opposta alla quale volevo avviarmi qualche attimo prima. Chi era quell'Elfo così stupendo? Ma, soprattutto, esistevano Elfi al di fuori di mio padre, mia sorella e me? Quanti eravamo in quel mondo?
Appena attraversato un intero corridoio, mi ritrovai dietro a mio padre. Se mi avesse scoperta, sarebbe andato su tutte le furie, ma avrebbe anche potuto darsi che fosse la volta buona che mi lasciava uscire da lì e mi faceva vedere il mondo per com'era veramente. In fondo era il mio compleanno e pensavo di essere abbastanza al sicuro dopo tutti quegli anni.
"Padre", richiamai l'uomo di fronte a me che, al solo suono della mia voce, sobbalzò e si girò di scatto verso di me.
"Tinuviel, per quale motivo non sei in camera tua?", mi chiese con sguardo severo.
"Perché volevo chiedervi alcune cose e poi penso di avere il diritto di cambiare aria", dissi, tirando un sospiro di sollievo.
"Diritto? Cosa vai dicendo?", continuò a chiedermi Re Elrond, avvicinandosi sempre di più a me.
"Chiusa sempre in quella stanza, padre...", sussurrai, abbassando lo sguardo sui miei piedi.
"Conosci il motivo", mi ripose con tono freddo.
"Certo", replicai, alzando lo sguardo e notando le sue solite sopracciglia aggrottate, "ma io vorrei conoscere il mondo come avete fatto voi, padre", mi allontanai di qualche passo, facendo altre piroette senza schiantarmi di nuovo contro quell'Elfo bellissimo.
"Il mondo è un posto oscuro, più di quanto la tua mente possa lontanamente immaginare. Mi spetta proteggerti da ogni male", mi diede di nuovo la schiena, guardando verso quei posti lontani, abitati da creature di cui magari neanche conoscevo l'esistenza, e sospirò quasi malinconico.
"Ma sono abbastanza grande da potermi proteggere da sola ormai", incrociai le braccia al petto, fissando lo sguardo sulla schiena larga del Re Elrond.
"Anche i più grandi possono correre certi pericoli", continuò a mantenere la propria posizione su quest'argomento, girandosi però a guardarmi con la solita severità che gli si vedeva dipinta sul volto.
"Non voglio siate sempre voi a proteggermi, padre. Vorrei avere una vita mia, nonostante essa apparterrà sempre a voi", cercai di adularlo come meglio riuscivo.
"Tinuviel, nei tuoi occhi riesco a scorgere la stessa ribellione che mi ha cullato quando ero ancora sotto la protezione di mia madre e che mi ha reso ciò che sono oggi", disse, mettendomi una mano su una spalla, finalmente scoppiando quella bolla che sembrava avessi intorno al corpo perché non potevo ricevere una carezza di mio padre. "E non riuscirei a chiedere perdono a me stesso se ti accadesse qualcosa".
"Non può accadere più di quanto già è accaduto", risposi, ricordando i momenti peggiori. "Vorrei mi lasciaste libera, anche per poco, vorrei scoprire posti e creature nuovi".
"Puoi scoprirne leggendo anche solo la metà dei libri che possediamo", allontanò bruscamente la sua mano dalla mia spalla.
"Ma i libri non mi soddisferanno mai come succederebbe se vedessi i posti dal vivo", replicai, cominciando ad alterarmi.
"Quanto altro tempo ancora dovrò rimanere qui ad udire i tuoi contrattacchi?", mi chiese mio padre, aggrottando ancor di più le sopracciglia.
"Mia madre me l'avrebbe permesso, soprattutto oggi che è il mio compleanno", toccai finalmente il tasto dolente e mi avviai per tornarmene in camera mia.
"Tinuviel!", mi richiamò mio padre.
"Padre", mi girai verso di lui con sguardo imbronciato.
"Per evitare ulteriori discussioni, sono disposto ad arrivare ad un compromesso", disse rassegnato.
"Ditemi", lo invitai.
"Giorni orsono mi è stato rammentato che ti avrebbe giovato partecipare alla riunione che risiederà a breve".
"Di che riunione si tratta?", gli domandai.
"Avrà luogo un certo tipo di organizzazione, potrebbe interessarti?", rispose, ignorando la mia vera domanda.
"Sì, ma di che cosa si tratta?", continuai a chiedere con insistenza.
"La curiosità è insubordinazione nella sua forma più pura", Re Elrond sfoderò uno dei suoi sorrisi più maliziosi.
"Se non so di cosa si tratta, non vi parteciperò", punzecchiai mio padre col suo stesso sorriso.
Egli sospirò: "Ti dispiace accompagnarmi, principessa?".
"Certo che no, padre", gli porsi il braccio io. Lui lo strinse con la sua mano forte e ci avviammo fuori dalla stanza, verso la riunione che avrebbe cambiato ogni mia prospettiva. "Padre, potete dirmi di cosa si tratta?", proruppi io dopo qualche minuto. "Almeno un piccolo indizio".
"Bisogna fondare una compagnia, mia cara", mi rispose, raddolcendosi rispetto a prima.
"Per quale obiettivo?", continuai a domandare, imperterrita.
"Un obiettivo importante che ci permetterà di salvare il nostro mondo", mormorò mio padre.
"Ma io avevo semplicemente chiesto di poter vedere il mondo e adesso dovrei pure salvarlo?", chiesi, punzecchiandolo ulteriormente.
"Non lo salverai, capirai semplicemente come faremo", disse severamente. "Eccoci arrivati".
Mi girai verso lo spazio che mi si era aperto davanti e scorsi uno spiazzo circolare circondato dalla natura e, riunite su questo spiazzo attorno ad un tronco sezionato, sei creature. Ognuna di esse aveva caratteristiche diverse, dall'altezza ai lineamenti del volto, la barba, il colore dei capelli e degli occhi.
"Buongiorno, mio signore Elrond", salutò mio padre un Uomo molto alto e con la barba grigia molto folta.
"Buongiorno a voi, Mithrandir", rispose mio padre. "Ella è la mia prima figlia Tinuviel, sorella di Arwen".
"Buongiorno a voi, mia signora", mi salutò l'Uomo che mio padre aveva prima chiamato Mithrandir. "Non vi avevo ancora incontrata prima. Come mai questa mancanza, mio signore?".
"Tinuviel non è quasi mai a Gran Burrone, compie sempre lunghi viaggi", mentì mio padre. "Tinuviel, egli è Gandalf, lo Stregone Grigio, uno dei cinque Stregoni della Terra di Mezzo", il vecchio mi fece un cenno con la testa ed io risposi sorridendo. "L'Uomo accanto a lui è Aragorn, figlio di Arathorn, uno degli ultimi della dinastia di Isildur", Aragorn lo conoscevo sin dalla nascita: era stato il mio compagno di giochi e allenatore da sempre. Oltretutto, egli sarebbe stato il futuro sposo di mia sorella Arwen. Mio padre non sapeva nulla di tutto ciò e non avrebbe mai dovuto saperlo, per questo l'Uomo si limitò a farmi un calorosissimo sorriso. "Accanto a lui vi è un altro della nostra stirpe, proveniente però dal Reame Boscoso: Legolas, figlio di Thranduil", ed ecco di nuovo l'Elfo biondo che avevo incontrato prima. Mi scrutò con quegli occhi azzurro ghiaccio, che quasi mettevano soggezione.
"Tinuviel, eh?", pronunciò queste parole in Elfico. "Figlia del crepuscolo..."
Mio padre non si curò di lui e continuò a presentarmi le ultime creature presenti nello spiazzo. "Egli è Gimli, figlio di Gloin, un Nano proveniente dalla Montagna Solitaria, aldilà di Ponte Lago Lungo", colui che mi era stato appena presentato era molto basso rispetto ad Aragorn e Legolas e aveva una barba rossiccia molto folta.
"Mia signora...", fece un inchino quest'ultimo, togliendosi l'elmo da sopra il capo. Io gli poggiai una mano sopra la testa, come ad intimarlo ad alzarsi.
"Accanto a Gimli, Boromir, figlio di Denethor, Sovrintendente di Gondor", l'Uomo era come Aragorn, ma la barba e i capelli erano molto più chiari. Lo guardai per poco più di una frazione di secondo negli occhi e lui subito distolse lo sguardo, inchinandosi di fronte a me e a mio padre. "Infine, ma non per importanza, Frodo, un Hobbit proveniente dalla Contea, a ovest di Gran Burrone", l'omuncolo era più basso ancora del Nano, con occhi chiari e i capelli ricci e scuri. Portava uno strano anello d'oro al collo, intrecciato ad una catenella d'argento. Quando si accorse che stavo fissando il prezioso oggetto, si affrettò a nasconderlo con la mano tra il suo petto e la camicia bianca che portava.
"Possiamo iniziare, mio signore?", chiese Gandalf, sedendosi su uno sgabello appena dietro di lui seguito dalle restanti cinque creature.
Mio padre fece un cenno con il capo e mi fece accomodare tra lui e Boromir, l'Uomo. "Frodo, è un problema per te mostrarci l'Anello?"
L'Hobbit dai ricci scuri si alzò e posò il suo anello sul tronco sezionato, districandolo dalla catenina d'argento.
"Siamo qui oggi per discutere sulla sorte dell'Anello...", mio padre continuò a rimarcare la parola 'anello', come se fosse stato l'oggetto più importante di questo mondo. "Esso venne forgiato grazie al fuoco del Monte Fato, circa tremila anni fa, e venne indossato da Sauron per molto tempo. Gli venne poi strappato durante una battaglia da Isildur, erede al trono di Gondor a quei tempi, e, dopo che quest'ultimo soccombette, l'Anello viaggiò ancora molto per la Terra di Mezzo, spargendo cattiveria e morte e rovina dovunque esso andasse".
"Mio Re Elrond, che modo ci consigliate per distruggerlo?", chiese Gimli, figlio di Gloin.
"L'unico modo è quello di distruggerlo dove è stato creato", suggerì Mithrandir con la sua voce profonda.
"Non potrebbe essere utilizzato per fini più utili per la nostra grande Terra?", intervenne Boromir.
"Di cosa state parlando?", saltò su mio padre.
"Non potremmo semplicemente utilizzarlo per sconfiggere Sauron?", continuò a chiedere l'Uomo.
"Finché l'Anello non verrà distrutto, Sauron non sarà mai sconfitto. Sauron è l'Anello", Legolas parlò per la prima volta, dopo non avermi tolto lo sguardo di dosso neanche per un secondo.
"Allora perché non distruggerlo adesso? Magari funziona allo stesso modo", il Nano si alzò, impugnando la sua ascia, e si avviò verso il tronco sezionato su cui era poggiato l'Anello. Dopodiché alzò le braccia per poi sferrare il colpo su di esso: l'ascia vibrò, facendo quasi cadere Gimli all'indietro per via del contraccolpo.
"Stavo per dirti che non avrebbe funzionato, Gimli, figlio di Gloin", disse l'Elfo dagli occhi azzurri.
"Non avrei lasciato che un Elfo mi desse ordini", rispose con voce aspra l'altro, guardandolo di traverso.
"Direi che spetta al Portatore dell'Anello decidere la sorte di quest'ultimo, siete d'accordo, mio Re Elrond?", parlò finalmente Mithrandir, dopo aver osservato tutta la scena senza batter ciglio.
"Certo, Gandalf... Frodo?", mio padre gli sorrise, incoraggiandolo a parlare.
Lo Hobbit si guardò intorno spaesato, osservando uno ad uno noi tutti e cercando poi lo sguardo di Gandalf perché gli desse un suggerimento od un sorriso d'incoraggiamento come aveva appena fatto Re Elrond. Lo Stregone finalmente si girò e gli fece un gesto con la mano, per intimarlo a decidere
"Io... direi di fare come ha suggerito Re Elrond", disse Frodo con la sicurezza di un topino impaurito.
"Bene, Frodo", lo rassicurò Aragorn, dandogli una pacca amichevole su una spalla e sorridendogli.
"Potrei considerare questa riunione...", cominciò mio padre.
"Padre, vorrei parteciparvi anche io", lo interruppi io di colpo, parlando per la prima volta con gli occhi di tutti gli altri che mi bruciavano sulla pelle.
"Come, mia cara?", fece finta di non aver capito lui.
Aragorn mi fece segno di tacere, ma io continuai: "Vorrei potervi partecipare, mi sembra un'avventura degna di me ancora. Non potete farmi ascoltare con voi la riunione di quest'organizzazione e pretendere che io non voglia poi parteciparvi".
"Figlia mia, non voglio che vi partecipi. Vorrei stessi a Gran Burrone con me per passare del tempo insieme per una volta", mi contraddisse, guardandomi ancora con severità.
"Padre, vi prego", lo supplicai io.
Re Elrond non fece in tempo ad aprir bocca che Aragorn intervenne: "Mio signore, Tinuviel sarà sotto la mia protezione. Non ci sarà lei dove non ci sarò io. Vi prometto che veglierò su vostra figlia come sempre avete fatto voi".
Mio padre sospirò e guardò aldilà del mio orecchio, come per ricordarsi tutto ciò che era successo. "Va bene, Aragorn, figlio di Arathorn, ma dovete veramente promettermi che Tinuviel sarà sempre con voi".
"Ve lo prometto", giurò l'Uomo, inchinandosi davanti a mio padre e scrutandomi un attimo prima di chinare la testa, come per ricordarmi che dovevo raccontargli cos'era accaduto.
"Penso che ci saranno anche altri membri nella Compagnia, mio signore", disse Gandalf, alzandosi e dirigendosi verso una siepe appena dietro di lui. Col bastone diede un piccolo colpo al cespuglio e ne uscì un gridolino. Ne emerse nuovamente un omuncolo alto quanto lo Hobbit dai ricci neri, o forse poco più. A differenza dell'altro, però, aveva i capelli di un biondo lucente e gli occhi di un verde acceso.
"Signor Gandalf", lo richiamò quest'ultimo. "Non lascerò che Padron Frodo superi quest'avventura pericolosa senza avere Samvise Gamgee al suo fianco".
Appena udì queste parole, a Frodo si illuminarono gli occhi e sorrise rassicurato dall'avere il suo amico al suo fianco per l'avventura più importante della propria vita e quella di tutti noi.
"Sam...", disse lo Hobbit dai ricci neri e l'amico si girò a guardarlo sorridente.
Al che, da due cespugli dietro mio padre ne uscirono altri due omuncoli, l'uno più alto dell'altro ed entrambi di quel biondo brillante che caratterizzava l'altro Hobbit. "Vogliamo venire anche noi", dissero all'unisono, guardando Mithrandir.
Lo Stregone guardò i tre Hobbit chiari di capelli, scrutandoli ad uno ad uno, dopodiché il suo sguardo si posò su Frodo. Appena Gandalf si rese conto dell'amicizia che legava i quattro, fece un sorriso calorosissimo e rispose: "Certo che verrete anche voi".
Gli Hobbit si abbracciarono e com'era bello vedere quattro creature che si completavano in quel modo splendido. Com'era bella l'amicizia vista da come la vedevo io in loro, così pura e fondamentale nella vita di tutti e quattro loro.

Non Può Valere più di Lui || Il Signore degli Anelli // COMPLETAWhere stories live. Discover now