3. Sorry seems to be the hardest word.

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"Ma dove le ho infilate le chiavi del cancello stavolta.", sbuffo cercando il mazzo con il telecomando nella borsa di pelle nera.
"Sicura di averle prese? L'ultima volta le ho viste nello svuota tasche di Babbo Natale sul mobile nell'ingresso.", mi chiede Cesare mentre fa manovra nella strada di casa.
"Sicurissima, anche perché le ho usate quando siamo usciti.", ribatto io.
"Vabbè non importa, ci facciamo aprire da Claud...ah, guarda chi c'è con Claudio.", mi dice, facendomi un cenno con la testa in direzione del cancello.
"Quando mai.", borbotto io mentre scendo dall'auto accostata al marciapiede.
"Senti, già che ci sono, vado a fare un po' di spesa e poi porto a Nic le clip che deve montare per l'ultimo Around prima delle feste. Vorrei trovare tutto intero quando torno.", mi dice lanciandomi un'occhiata, passandomi la busta con il regalo appena comprato.
"Spiritoso.", ribatto io con una smorfia, per poi avvicinarmi ai due e salutarli.
"Ciao Isa, Chewbe è giù da me, magari lo porto su dopo la passeggiata.", mi informa Claudio.
"Grazie per avergli fatto «compagnia» Cla, siamo tornati il più in fretta possibile, so che devi andare a lavorare adesso.", gli dico io mentre gli dò una pacca leggera su un braccio e lo supero.
"Io stavo giusto andando via.", dice lei voltandosi appena verso di me, indugiando un attimo di troppo tra le braccia di Claudio, che sta salutando.
"Quando hai finito qua, sali un attimo. Devo chiederti una cosa.", dico in fretta alla bionda mentre già sto aprendo il portone, lasciandoli in cortile.
Salita in casa, metto anche questa busta con gli altri regali sotto l'albero e mi tolgo senza voglia gli stivali, depositandoli nella piccola scarpiera con le altre scarpe che usiamo tutti i giorni.
"Allora, dimmi, che mi volevi chiedere?", sbuca Giulia dalla porta di ingresso, che ho lasciato socchiusa apposta, per poi chiudersela alle spalle.
"Non so, tu devi dirmi qualcosa per caso?", le chiedo indirettamente poggiandomi al bancone della cucina.
"Cosa dovrei dirti? Anzi, cosa ti aspetti di sentirti dire?", ribatte lei avvicinandosi.
"Ah, sarei io che mi aspetto qualcosa? Fai sul serio o mi prendi per il culo, eh Giù?", continuo io sollevando un sopracciglio.
"Sono serissima. Cosa vuoi sentirti dire da me?", mi chiede ancora.
"Senti, se vuoi continuare a rigirare le domande, puoi anche andartene, non perdiamo altro tempo.", rispondo io, iniziando ad innervosirmi.
"Io non rigiro proprio un bel niente! Mi spieghi che cazzo vuoi sapere, sii onesta, almeno dimmi «Dai Giulia, raccontami come tutto è andato a rotoli negli ultimi due mesi mentre io ti sbatto in faccia la mia perfettissima vita con Cesare.». Avanti, dimmelo.", ribatte lei con violenza.
"Giulia, ma che stai farneticando, ma sei uscita di testa per caso?! Spiegami quale cazzo è il problema, perché non ti capisco proprio! Che cazzo c'entriamo io e Cesare in tutto questo, spiegamelo.", controbatto io gesticolando con foga.
"Niente, per l'appunto! Non sono cazzi vostri quello che faccio, chiaro adesso?! Sono fatti miei quello che succede, come mi comporto, le persone che scelgo di frequentare. Cazzi miei.", replica lei con altrettanta forza.
"Certo, cazzi tuoi, perfetto. Pensa tu che cogliona, io che pensavo fossimo amiche, pensa che cretina! Sei stata cristallina, guarda, quando decidi di venire a scoparti Claudio, fammi il favore, mettete un cartello fuori dalla porta, anzi meglio, direttamente sul portone, sia mai che ti incontri per le scale.", sputo fuori io dura.
"Io e lui non scopiamo. Non mi porta a letto, non limoniamo, non ci baciamo, non ci appartiamo da nessuna parte, tra me e Claudio non è successo un cazzo, okay?!", ribatte frustrata Giulia.
"Per quello che so io potrebbe essere tutta una cazzata quella che mi stai dicendo, dato che non mi hai raccontato niente e quello che so ho dovuto dedurlo da me, neanche se stessi giocando ad «Unisci i puntini». Tanto non sono cazzi miei, no? Non sono mica una tua amica, che bisogno c'è di venirmi a dire queste cose, no? Per me possiamo chiuderla anche qua, ho capito, fai come se non ci conoscessimo. La strada per la porta la conosci.", concludo io accondiscendente, ormai completamente sfinita da questo scambio tra me e Giulia, mentre le dò le spalle e vado nella piccola zona relax tra il salotto e la cucina, con i pugni stretti per il nervosismo, che mio malgrado mi ha fatto riempire di lacrime gli occhi.
Sento silenzio in casa, saranno passati pochi minuti da quando ho congedato Giulia, non ho nemmeno fatto caso alla porta che si chiudeva, o forse l'ha lasciata aperta dopo che è uscita, non ho sentito niente, al momento provo soltanto una sensazione di freddo intorno, non per la temperatura invernale, sempre più bassa con l'avvicinarsi del Natale.
No, è per quello che ho detto, per le parole che sono volate tra noi due, così cariche di frustrazione che fatico a riconoscerci dentro me e Giulia, non riconosco neanche più lei, la ragazza solare e spontaneamente genuina che mi accompagna dal primo giorno di università, è cambiata, come sono cambiata io in questi anni, e vorrei mangiarmi le mani se penso allo stress e alla stanchezza, alla rabbia immotivata, che sono volate in cucina. Percepisco un vuoto dentro, una presa alla bocca dello stomaco che sento risalire nell'esofago, quasi mi manca il respiro, provo una sensazione di nausea perché non meritavamo di scambiarci tutto quell'odio gratuito, avremmo dovuto morderci la lingua prima di scagliarcelo addosso. E invece ogni volta dobbiamo arrivare a questo punto, ad una situazione che mi mette un'enorme tristezza addosso, perché non riusciamo mai a parlare, con calma, senza fretta, ed ogni volta è sempre più difficile dirsi scusa, sembra che ogni lettera da pronunciare costi il doppio della fatica, più ci tieni e più è doloroso.
Sento ancora un groppo alla gola quando percepisco due dita che debolmente picchiettano sulla mia spalla, facendomi rialzare di scatto da quel piccolo gradino su cui neanche mi ero resa conto di essermi seduta, o, per meglio dire, afflosciata sopra, con le gambe ridotte a due spaghetti molli.
"Non è vero che non sono cazzi tuoi, non è vero, non è vero, scusa.", biascica lei con gli occhi azzurri velati di lacrime, le stesse che velano i miei castani. Mi abbraccia stretta, i capelli biondi che si mischiano con i miei color pece, i maglioni pesanti che si sfregano tra loro, le mani di entrambe che si aggrappano alle spalle dell'altra a sostenerci a vicenda, i corpi scossi dai deboli singhiozzi per il pianto che cerchiamo di nascondere.
"Lo so che non hai fatto niente con Claudio, sono stata cattiva. Tu non sei così, lo so, scusami, scusami.", le dico stringendola ancora, per poi staccarci piano e asciugarci in fretta le guance bagnate, finendo per sederci sullo scalino tra le due stanze, le braccia che si sfiorano tra loro, la sua testa poggiata sulla mia spalla.
"Perché non mi hai detto niente? Di tutta la situazione, di come stavi, come ti senti.", le chiedo guardando un punto fisso davanti a me.
"Perché già mi sento in colpa di mio, non volevo sentirmi dire anche da te che grande cazzata stavo facendo. O sto facendo ancora, non lo so.", risponde lei giocando con la manica del maglioncino bianco.
"Non ti avrei detto niente, Giù. Ci conosciamo da quanto, a momenti quasi dieci anni, pensi davvero che ti avrei giudicata per questa scelta?", domando allora io.
"Non lo so. Mi sono comportata di merda con Nicolas, siamo stati insieme quasi 3 anni e io sapevo che una delle cose che desidera di più è una famiglia, non ho mai detto niente, porca troia, abbiamo 28 anni, è normale che lui iniziasse a pensarci.", risponde lei.
"Avreste dovuto parlarne, sicuramente, ma non puoi fartene una colpa se non vuoi figli, non è la tua priorità nella vita, non deve esserlo per forza. E Nic l'ha capito, davvero, non voleva farti pesare questa scelta, ha sbagliato anche lui per come ha reagito, ma so che avete chiarito, era venuto qui prima di venire a parlare con te. È tutto a posto adesso, dagli un po' di tempo e passerà tutto. Capitolo chiuso.", replico io.
"Isa, per davvero tra me e Claudio non è successo niente.", riprende poi Giulia il discorso una manciata di minuti dopo.
"Lo so, ero solo arrabbiata, ti conosco, non useresti mai Claudio come «ripiego» dopo Nicolas. Ma, parlandoci chiaramente, mi stai dicendo che tra voi due non c'è proprio niente?" le chiedo.
"Non lo so. Non credo. Insomma, sto bene con lui, penso di essermi confidata con Claudio perché era la persona più «esterna» a tutta la faccenda, non avrebbe dovuto prendere le parti di nessuno dei due, per questo mi ci sono avvicinata. Siamo buoni amici, qualche volta mi porta con gli altri ragazzi del suo gruppo per una camminata in montagna, come lo scorso weekend, ma non siamo mai andati «oltre». Non lo sto escludendo a priori perché non lo so neanche io, non posso dirti né si, né no. Per il momento è un grossissimo boh.", finisce lei spiegandomi finalmente tutto.
"Giuli...la settimana scorsa mi ha contattata Luca.", butto fuori io.
"Lamba? E che voleva?", mi domanda.
"Non quel Luca. QUEL Luca.", preciso io.
"COMECOSA!? E che diavolo voleva quel cretino? Da quant'è che non vi sentite, che non lo vedi? Dalla triennale? No, okay, forse potresti averlo incontrato in città, ma da quanto non vi parlate? Ma che cazzo voleva quel microcefalo.", mi chiede parlando a raffica.
"L'ultima volta che ci siamo parlati è stato alla sua laurea, precisiamo, solo perché era lo stesso giorno di quella di Anna, la tipa che veniva con me alle superiori, non so se te la ricordi, spesso la trovavamo nei corridoi. Poi niente, sì e no ci salutavamo per strada il sabato sera se capitava di incrociarci, ma niente di più, basta.", preciso io.
"E allora si può sapere per quale cazzo di motivo ti ha scritto?", mi chiede ancora.
"Vuole una mano, capisci? Lui vuole un aiuto da me, ha saputo che ora sono fissa al Museo Archeologico e mi ha chiesto se metto una buona parola con il direttore del mio reparto, così magari gli affida qualche mostra.", rispondo io debolmente.
"Ma come cazzo si permette, no dico, ma da dove cazzo gli viene. Ma con quale minchia di diritto viene da te e pretende una cosa così grossa?! Ah certo, so già che ha pensato, «Guarda un po', la nuova responsabile del reparto Egizio del Museo, nonché una delle più giovani studiose emergenti della simbologia faraonica in Italia, è, per puro caso, la ragazza che ha per anni avuto una cotta per me, - aggiungerei ricambiata -, quindi perché non sfruttarla a mio vantaggio». Bella mossa, campione. Non gli avrai mica detto sì?!", mi dice tutto d'un fiato alzandosi e gesticolando di fronte a me.
"Ma ti sei bevuta il cervello? A parte che non è vero che sono una delle più giovani studiose blablabla, stai esagerando. Però col cazzo che gli dò questa soddisfazione, prima cosa non sarebbe professionale da parte mia visto il ruolo che ricopro, ma anche se fossi la più piccola rotella di quell'enorme ingranaggio del Museo eh, non conosco le sue competenze, quindi non mi metterei mai in cattiva luce con il direttore per favorire qualcuno soltanto perché è un mio conoscente. Secondo, non ci casco, non mi bastano due moine per farmi fare gli occhi dolci, questa storia è acqua passata da troppo tempo, non mi incanta un'altra volta. Semplicemente gli ho detto di contattare l'ufficio delle Risorse umane del Museo se voleva avere un colloquio con qualcuno, io non sono una segretaria e non faccio favoritismi per nessuno.", le spiego con assoluta tranquillità.
"Come smonti tu la gente nessuno mai.", ribatte lei ridendo.
"Sai qual è il colmo? Mi ha detto che non c'è problema, che capisce la mia posizione nel Museo. E che avrebbe provato a contattarli per fare un colloquio, magari riesce a fare un salto a Bologna e ci vediamo per un caffè.", continuo ancora io mentre torniamo in cucina.
"E tu che gli hai detto? E, soprattutto, ne hai parlato con Cesare?", mi domanda ancora Giulia.
"Che dovevo rispondergli, scusa? Gli ho augurato buona fortuna per il colloquio e basta! Fine. A Cesare non ho detto niente semplicemente perché non me ne può fregare di meno, non sono più la ragazzina che gli moriva dietro, senza sapere di essere ricambiata, ho un lavoro che mi fa impazzire, un ragazzo che mi ama da morire, una bella casa, degli amici stupendi, che stracazzo mi importa di lui!", rispondo io, mai stata più convinta di qualcosa in vita mia.
"Meglio così, hai fatto benissimo. Senti, io adesso vado, si sta facendo tardi e devo passare a ritirare delle cose, altrimenti anche oggi me ne dimentico. Poi ci sentiamo.", mi dice lei abbracciandomi.
"Va bene, vai vai. La smetteremo mai di scornarci, un giorno?", le chiedo io stringendola.
"Amo, non succederà mai, siamo delle cazzo di drama queen. Okay, ora scappo per davvero.", mi saluta Giulia lasciandomi un bacio sulla guancia e uscendo alla velocità della luce dalla porta di casa.
Effettivamente mi accorgo che sono già le 20 e inizio ad avere un certo languorino, ma sono sola in casa, per cui decido di andarmi a rintanare con un libro nella mia piccola zona di tranquillità, tra la cucina e il salotto, su quello che Cesare ama definire il suo «divanone nerd», che in realtà è semplicemente un gradone in mezzo alla casa, rialzato di 1 metro e largo 2x2, su cui ci ha sistemato a caso dei cuscini, che gli critico sempre ma, devo ammettere, me ne approprio quasi tutte le sere per leggere qualcosa, spesso e volentieri con la compagnia di Chewbe e uno dei miei amati plaid a quadrettoni.
È esattamente questa la condizione in cui, all'incirca un'ora dopo, mi ritrova Cesare, avvolta nella coperta blu, con Chewbe addormentato sulle mie gambe, mentre messaggio con Pepi dopo aver finito il mio libro.
"Ho portato la cena. Pensavo di trovare la casa a soqquadro, vedo che siete state brave.", mi dice salendo anche lui sul divanone, lasciandomi un bacio sulla fronte, con due piccole buste in mano, facendo sbuffare il cane che va ad accucciarsi all'altra estremità.
"Non è volato nessun oggetto contundente, ma ci siamo urlate qualsiasi cosa, e, come al solito, ci siamo leccate le ferite a vicenda finito lo scontro.", gli dico stanca mentre lo lascio sistemare accanto a me, dandogli un lembo del plaid.
"Andiamo, racconta.", mi sprona passandomi una scatola con gli spaghetti di riso.
"Ha iniziato a dire che non erano cazzi miei, che come si comporta e chi frequenta non sono affari nostri, che volevo saperlo solo per «sbatterle in faccia la mia perfettissima vita con te», e io non ci ho visto più, le ho praticamente dato della mezza troietta perché dopo neanche due mesi che ha rotto con Nic si scopa tuo fratello.", gli riassumo velocemente, prendendo un boccone.
"Isa...", mi riprovera lui mentre addenta un raviolo al vapore.
"Lo so, eravamo arrabbiate, sono volate le parole sbagliate, ma abbiamo risolto, come sempre. Oh, a proposito, lei il 24 non c'è, tra un paio di giorni torna giù a Bari e passa le feste con i parenti. Noi quindi che programmi abbiamo?", gli domando io continuando a mangiare dalla mia vaschetta.
"Il 24 cenone da Nelson per tu sai cosa, siamo noi 4, Tonno e Penelope, gli altri sono un po' sparsi tra amici e parenti. Il 25 stiamo giù dai miei, saliranno anche i miei cugini, lo stesso il 26, ma si aggiungono anche zia Iana, le due sorelle di Nelson e lui con Beatrice. Forse nel pomeriggio ci raggiungono Frank e Cristina, ma non è sicuro, sono a pranzo dai parenti di lei a Verona.", mi informa lui.
"Direi un Natale bello fitto, considerando che l'anno scorso io ero in Egitto a fare uno scavo e tu eri con la febbre sul divano di Tonno, e poi io adoro tua zia, mi fa morire dalle risate. Magari faccio un dolce per Natale, poi chiedo a tua madre cosa prevede il menù, a parte i soliti tortellini.", replico io rubandogli un raviolo dalla sua confezione.
"E i tuoi?", mi chiede Cesare.
"Come al solito, dal lato di mamma, una vera rottura di palle, continuano ad andarci solo perché c'è nonna.", rispondo annoiata.
"Veramente parlavo di Capodanno. È ancora valido l'invito per il 31 e l'1 da tua zia?", mi domanda ancora.
"Ah, ma tu l'avevi presa sul serio, io pensavo volessi fare qualcosa con i regaz, sarei scesa solo io al massimo.", gli dico stupita.
"Quest'anno non abbiamo organizzato niente, Nelson e Bea andranno a Caorle, Nicolas sicuramente dalla nonna, il Ventupino rimane a Londra con Marci, Frank è Frank, non ci è mai dato sapere cosa fa, gli altri se non ho capito male partono il 28, si fanno una settimana in Austria.", mi spiega.
"Oh, quindi sei proprio intenzionato a farti cenone e pranzo con almeno 30 parenti del sud, più ovviamente amici e parenti acquisiti di cui neanche io ricordo i nomi.", gli dico mangiando l'ultimo boccone.
"Prima o poi doveva succedere, tu saresti scesa in ogni caso, tanto vale andarci insieme. E poi, modestia a parte, tua nipote mi adora, dille che arriva lo zio Cece con il più bel regalo che abbia mai visto.", replica Cesare gongolando, beccandosi un leggero pugno sul braccio, facendolo sporcare con la salsa di soia.
"Uffa, mi hai fatto macchiare il maglione grigio e sono tutto sporco, vieni qua tu.", e mi afferra per un braccio tirandomi sulle sue gambe, facendo aderire le nostre labbra con decisione.
"Ecco, ora hai anche tu la faccia tutta sporca.", mi dice ridendo a pochi centimetri dal mio viso.
"E allora puliscimi, che aspetti." gli chiedo guardandolo negli occhi.
"Non me lo farò ripetere due volte.", afferma mentre fa scontrare di nuovo le nostre labbra, stringendomi a lui con le mani sui miei fianchi, avvicinandomi al suo corpo per approfondire il bacio.

Salve a tutt* ❤️
Piccola noticina di fine capitolo: il ragazzo di cui Isa e Giulia parlano, Luca, è già stato citato nella storia principale nel 18° capitolo, in cui Isa spiega agli altri chi è e come ha vissuto quella "conoscenza", per cui non sorprendetevi se nei prossimi capitoli gli altri personaggi, con cui si parlerà del ragazzo, non saranno all'oscuro di chi sia, anzi, lo conoscono abbastanza bene e capiscono la reazione di Isa a questa "ripresa di contatti".
Non aggiungo altro, vi ricordo solo di farmi sapere, se vi va, se la storia vi sta piacendo con una stellina e/o commento.
A venerdì,
A.

P.S.: il titolo di questo capitolo riprende l'omonima canzone di Elton John di cui ero innamorata da piccola, soprattutto nella versione che registrò con i Blue (per i più giovani, un gruppo amatissimo nei primi anni 2000 che ebbe il picco di successo in Italia proprio con questa canzone o altri successi come Bubblin' e A chi mi dice).

Ed è con te. - Cesare CantelliWhere stories live. Discover now