Lacrima Solitaria

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Una voce rimbombò per tutta la zona.

-Dillo chiaramente: sei un umano o un gigante?- urlò un uomo robusto e alto.

Vicino a lui si trovava la donna con cui Eren aveva parlato quella stessa mattina.

Il giovane si sentiva sotto pressione: ma che razza di domanda era?

-SONO UN UMANO RAZZA DI IDIOTI!- rispose aggressivamente.

Il capitano non parve nemmeno ascoltarlo e con un gesto di mano, fece intuire ai cannonieri di caricare.

-Mi dispiace, ma non ci basta.- esclamò l'uomo.

Un colpo di cannone partì contro i tre ragazzi indifesi.

Eren di scatto si alzò e si mise davanti ai due amici.

Istintivamente si morse la mano, e una carcassa di titano apparì dal nulla, avvolgendo e proteggendo i giovani.

Eren riusciva a vedere in modo diverso, più ampio.

Le facce delle persone celavano paura.
Estrema paura.

Provò a levarsi da quelle carni che lo stavano avvolgendo con fermezza, pareva che non lo volessero lasciar andare.

Piombò a terra, e la chiave che teneva al collo nascosta, uscì dalla maglietta.

Ci fu un momento in cui il mondo parve immobilizzarsi.

Eren fu pervaso da ricordi che aveva completamente dimenticato.

Suo padre, con una siringa in mano, continuava a ripetergli di dover tornare nella loro casa a Shiganshina e aprire la porta della cantina con quella chiave.

"Devi farcela a tutti i costi. Solo così scoprirai il segreto dei giganti e salverai l'umanità." diceva suo padre con voce tremante.

Il moro tornò in sé solo dopo che Armin e Mikasa iniziarono a bombardarlo di domande.

A quel punto Eren non era in grado di pensare a nulla.

Cosa avrebbe dovuto fare in quel momento?

La rabbia iniziò la sua ascesa, ed Eren iniziò a camminare in direzione del capitano.

I soldati si misero sull'attenti, il capitano gli urlava di fermarsi.

A una ventina di metri da lui, si bloccò.

Armin lo stava tirando da un braccio.
Lo stesso braccio che il gigante gli aveva strappato prima di essere inghiottito.

-Che state facendo soldati!?- urlò spazientito l'uomo.

Armin guardò negli occhi Eren.

"Lascia fare a me."

Così il biondo iniziò a parlare, provando a difendere la complicata posizione in cui si trovava il giovane.

Mikasa gli raggiunse e prese per mano Eren.

Gli era davvero mancato.
Non si sarebbe più separata da lui, se lo era ripromesso.

Il biondo però non riuscì a concludere il suo discorso, perché l'uomo a comando pareva non ascoltare.

Non provava nemmeno a comprendere.

Era completamente accecato dalla paura, così come gli altri soldati.

L'uomo puntò un dito verso Eren e iniziò a gridargli insulti orribili.

Proprio quando il moro stava per rispondere, una voce calda lo fece fermare in tempo.

Dietro di lui si trovava il comandante Pyxis, che sorrideva beffardo.

𝐃𝐞𝐬𝐢𝐝𝐞𝐫𝐢𝐨 (𝐞𝐫𝐞𝐫𝐢-𝐫𝐢𝐫𝐞𝐧)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora