Capitolo 23

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La figura se ne sta appoggiata all'albero, tranquilla. Sente la mancanza di qualcosa, dentro al suo petto. Delle urla, forse? Avevano sempre fatto parte della sua lunga esistenza, ma ora non sente più nessuno urlare. È diventato un bisogno fisico tagliare, squarciare, rompere tutti i giocattolini che si muovono. Gli danno fastidio: come tempo fa era nato per essere lui stesso un giocattolo, ora odia qualsiasi cosa abbia lo stesso fine. Segue soltanto ciò che gli è stato insegnato dal suo padrone.

L'unico aspetto negativo di questo divertente gioco è che mai i giocattolini si possono riutilizzare, dopo aver terminato. È davvero un peccato, anche se prima si potevano trovare a ogni angolo delle strade che si muovevano o fermi, in gruppo, a gesticolare. Solo uno alla volta, però. Sono le regole.

L'alta figura ripensa con delusione a tutti i giocattolini che gli sono stati tolti dal Demone. Gli ha detto che deve sopravvivere per rigiocarci, ma non è giusto! Insomma, ognuno deve avere la possibilità di giocare quando e dove vuole! Nonostante questa giusta convinzione, però, la figura è intenzionata a riavere i suoi giocattolini. Per questo, dal momento in cui gli è stato detto ciò, ha cominciato a cacciare. Questa volta, non per gioco.

Ultimamente la figura si è spostata molto in questo bosco, e spesso ha sentito le urla che a lui piacciono tanto. Non erano causate da lui, però: aveva sempre tentato di raggiungerle per divertirsi, ma erano troppo lontane. E ogni volta si è sentito tremendamente solo.

Cacciando via dalla testa questi pensieri, la figura inizia a muoversi lentamente e in modo silenzioso. Questi sono sue caratteristiche da sempre: per catturare i giocattolini, per non farsi sentire e per sorprendere la preda alle spalle, senza farsi sentire. Perché il gioco che la figura vuole giocare, purtroppo, non è molto apprezzato.

Il suo gioco è mortale.

Ma è divertente!, pensa la figura.

Gliel'ha insegnato il suo padrone, sì. La figura poi, dopo averla appreso, ha giocato con lui. Con il bambino che era diventato uomo senza dirglielo.

E qui è successa una brutta, bruttissima cosa.

Il padrone è morto.

La figura non riusciva a capacitarsi del fatto che, magari, aveva commesso un errore. 'Nei giochi non si muore mai', c'era scritto a caratteri cubitali fuori dalla scatola di alcuni altri passatempi del padrone. E invece era successo. Era morto. Ma perché?

Col tempo, la figura aveva appreso che niente aveva sbagliato in quel momento, e niente avrebbe mai più sbagliato dopo. Il gioco era così. Le regole non erano come le altre. Lo stesso gioco era unico, contrastante con tutto e simile a niente.

Il suo gioco era uccidere, sostanzialmente.

Ma cosa poteva saperne, la figura? Non era mai stata educata a imparare concetti buoni o sbagliati, a distinguere il Male e il Bene. E così era successo che una volta l'uomo era rientrato a casa e aveva ucciso una ragazza. La figura in bianco e nero, che all'epoca era un pagliaccio variopinto, aveva visto tutto e assimilato.

Cosa poteva saperne, la figura?

Intanto, continua a scivolare nel buio come uno spettro, senza destare neanche i centenari pini che sorvegliano attentamente l'orizzonte. Il suo passaggio non comporta nemmeno uno scricchiolio di legno, un accartocciamento di foglie.  Si fonde con gli alberi, si mimetizza col terreno.

Ma non è introvabile.

Oh, no, è soltanto silenzioso.

All'improvviso, un odore strano: la figura arriccia il naso. Possibile? È proprio l'odore del suo giocattolino preferito. Sa che ci sono altre creature, ma non umani. Eppure è proprio questo che sente. Un umano solo ed impaurito.

Avanza nella notte, pregustando già il piacere delle urla che, finalmente, saranno a causa sua. Da così tanto tempo non lo fa! Ora ne è dipendente.

Ecco, una piccola luce in lontananza. Vuol dire che è un piccolo spazio senza alberi, cioè dove i suoi giocattolini si fermano a riposare. Come mai, si chiede inutilmente la figura, non si riparano all'ombra dei grandi alberi protettori? Oppure dentro buche nel terreno molto profonde, raggiungibili soltanto dagli incubi e dai veleni chimici?

Non ha risposta, e non se ne preoccupa. Non ha mai capito la mente dei suoi giocattolini, e mai la capirà. Ma l'importante è giocarci, no? Non capirne la funzione.

Come la figura ha dedotto, c'è un piccolo giocattolino disteso a poca distanza da una buca nel terreno. È rotto, per caso? Ma no, respira bene e regolarmente. Forse è stanco.

Il giocattolo apre gli occhi appena la figura fa il suo ingresso nella radura. Urla, ma inutilmente. Nessuno la sente, e nessuno corre in suo aiuto.

La figura abbranca con gli artigli le gambe del giocattolino, rompendolo leggermente ma in modo non irreversibile. Se lo porta dietro strisciando, mentre si immerge nuovamente nell'oscurità.

Un nuovo giocattolino con cui giocare.

Un nuovo passo verso la non-morte.

Deadline - Jeff the KillerWhere stories live. Discover now