X. Victoria Griffith

38 5 3
                                    

Ci saremmo recati al numero 35 di Onlow Street per l'ora del the, così mi ero trovata ad avere l'intera mattinata gonfia di noia e di aspettative per il pomeriggio.

Avevo dormito in una strana posizione contorta e perciò avevo il collo spiacevolmente indolenzito ed una leggera cefalea. Mi ero comunque messa in testa che avrei usato la mattinata per fare qualcosa di produttivo e quindi mi misi sul grande tavolo della sala da pranzo armata di matite, gomma e la mia stilografica pronta per dedicarmi alle basi della stechiometria.

Avevo sempre apprezzato e avuto più successo nelle materie scientifiche come l'algebra, la geometria o le scienze, ma quella mattina, alle prese con le stechiometria delle reazioni chimiche, forse per il mal di testa o per la voglia di incontrare finalmente Victoria Griffith, non riuscii proprio a concentrarmi. I calcoli non funzionavano e dovetti controllare la tavola periodica più volte perché non mi ricordavo la formula di un elemento.

Mi arresi dopo neanche una ventina di minuti tirando più righe sul mio ultimo calcolo ed abbandonandomi con uno sbuffo allo schienale della sedia, rimanendo a fissare il foglio.

Decisi che avrei avuto bisogno di un bicchiere d'acqua fresca e mi sfregai gli occhi per via del mal di testa. La mia mente era però talmente affollata che rimasi lì seduta con le mani sul viso, mezza accasciata sulla sedia.

Ovviamente non mi accorsi di Sherlock che entrò nella sala da pranzo per prendere il giornale che era rimasto sulla tavola dopo la colazione.

"Pensavo che la chimica non ti facesse disperare tanto" mi disse con un tono carico di ironia, ma bonario. La mia testa scattò in alto il che mi provocò una spiacevole fitta alla nuca. Mi sentii abbastanza ridicola e goffa li su quella sedia, quindi drizzai la schiena e mi schiarii la voce: "Di solito non ha questo effetto." risposi quindi a Holmes.

Lui buttò un'occhiata più attenta al mio quaderno: "Problemi con la stechiometria?" mi fece ed io annuii rassegnata: "Non credo di essere abbastanza concentrata" gli dissi con un sospiro.

"Il fatto, mia cara Mila, è che questo non è un distanziamento psicologico adatto per te" mi spiegò come se fosse la cosa più ovvia al mondo. "Distanziamento psicologico?" feci.

Holmes annuì e si sedette sulla sedia di fianco a me: "Nella nostra mente abbiamo una parte conscia ed una inconscia. Possiamo controllare completamente quella conscia e lo facciamo così spesso che finiamo di scordarci di quanto potente può essere l'inconscio. In esso stanno archiviate molte informazioni e memorie della quale esistenza la parte conscia si è completamente scordata. Ora, nel momento che ci viene posto un problema o qualcosa su cui riflettere, nel mio e tuo caso la ricerca di Elise Holmes e l'incontro con la signora Griffith, tutta la nostra parte conscia si spreme per trovare una soluzione senza usare tutte le informazioni che magari sarebbero disponibili nell'inconscio e perciò si entra in un circolo vizioso senza fine. La cosa migliore da fare, per quanto possa sembrare strana, è non pensarci affatto e lasciare che la nostra mente affronti il problema per conto suo, senza il nostro costante controllo. Ed è questo il punto in cui salta in gioco il distanziamento psicologico. Può essere una qualunque attività che ti faccia pensare a qualcosa di completamente diverso, a patto che essa non sia troppo impegnativa per te cosicché il tuo inconscio abbia la possibilità di lavorare."

"E che attività avrebbero questo effetto?" chiesi pensosa. "Cambia di persona in persona. Per me funziona molto bene suonare il violino o andare a vedere un'opera a teatro o fumare la pipa, quando ancora lo facevo. Sta a te, Mila, trovare qualcosa che funzioni e sicuramente non si tratta di stechiometria." mi disse Holmes.

Questo fu uno dei tanti insegnamenti che il grande detective mi diede, ma è uno che tengo particolarmente a cuore fino al giorno d'oggi, dato che mi aprì veramente un mondo ed un nuovo modo di interagire con la mia mente, senza avere sempre la sete di tenerla sotto totale controllo. Anche se non l'aveva nominato capii quel giorno la malsana abitudine dell'iniezione di cocaina che Holmes aveva avuto in passato: era un modo per sfuggire al controllo che lui tendeva ad esercitare sulla propria mente, che però in alcuni casi capitava d'intralcio.

Sherlock, Lupin e io - Un'ultima missioneWhere stories live. Discover now