Tutti insieme.

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Raul.

Avere amici.
Essere amico di qualcuno, vuol dire persino regalargli la vita se ne ha bisogno.

Fernando è il mio migliore amico, quell'amico vero, quello a cui puoi raccontare anche il tuo punto debole, puoi raccontargli ciò che ti fa soffrire perché lui prima che tu glielo confidi, l'ha già capito.

Lui non ti dirà mai "tu sei un imbranato", ma ti darà un colpetto sulla spalla e dirà " Se non lo fai tu, lo faccio io".

Fernando è da mesi che ha bisogno di un aiuto e nessuno di noi è riuscito mai ad accorgersene.

Ci soffermavamo sul suo sorriso, sempre stampato sulle labbra e non abbiamo mai guardato i suoi occhi che giorno dopo giorno perdevano colore. Il mio amico ha scavalcato con me le mura di un castello, mi ha confessato il suo più grande desiderio e la sua più grande paura.

Vorrei girarmi e vederlo in piedi che sorride. Lui mi ha sempre detto che l'amicizia alcune volte deve essere annaffiata, che è come una rosa, ha la sua bellezza ma anche le sue spine e dipende da come la raccogli.

Noi: Io, Markus, Adelaide, Amelina e Daisy siamo tutti qui, seduti ad aspettare che il nostro amico superi l'operazione, con il desiderio di poter uscire tutti insieme, felici da questo ospedale, come quando usciti dal collegio.

Mia madre mi diceva sempre:  Molte cose alcune volte restano uguali, cambiano solamente posto o addirittura cambiano versione di come le vedi, ma nello stesso istante sono sempre le stesse.

A dire il vero, questa frase non riesco ancora a capirla. Cosa voleva dire?

«Raul, il dottore sta uscendo dalla sala operatoria!» Mi dice sottovoce Markus, mi giro velocemente.

«Come sta?» Hellie, la madre di Fernando si avvicina al dottore.

«È presto, stia tranquilla.»

Ma che cosa sta dicendo?

Mi allontano verso l'uscita, ho bisogno di staccare la presa, ho bisogno di restare solo, sono incazzato nero. Mi tolgo il giubbino lanciandolo nel cesto dell' immondizia, mi scende una lacrima.

«Raul, oi aspetta!» Mi segue Markus, mi fermo.

«Cosa c'è?» Chiedo asciugandomi una lacrima.

«Perché vai via?»

«Ho bisogno di restare solo, ho bisogno di staccare la presa, ho bisogno di cominciare ad accettare che Fernando stanotte mi lascerà, devo accettare che il mio migliore amico morirà lo stesso giorno dei miei genitori, devo cominciare ad accettare che resterò solo, quindi lasciami in pace!» Urlo asciugando le lacrime ma Markus si avvicina.

«Non sei solo, ci sono io con te» lo guardo, lui mi abbraccia ed io ricambio.

Ci sediamo su una panchina fuori dall'ospedale, l'aria natalizia si sente tanto.

«Lo sai, tempo fa mio fratello maggiore fu ricoverato qui» racconta mentre giocherella con il suo braccialetto.

«Perché?» domando.

«Nel nostro paese c'era la guerra, e lui fu colpito da colpi di pistola. Eravamo noi che prendevamo le armi. Quindi, mio padre rubò un'auto di un vecchio signore nobile e italiano, ai tempi di guerra, nel mio paese se fottevi i nobili, rischiavi la condanna a morte, ma lui rischiò. Di corsa arrivammo qui, il dottore ci disse che mio fratello era in gravi condizioni e difficilmente un' operazione l'avrebbe salvato, ma sai cosa successe? Mio fratello si salvò e continuò a combattere. Per salvare i miei genitori fu colpito di nuovo, ma si salvò sempre, ogni volta. Qui, i dottori sono esperti e Fernando si salverà. Non devi preoccuparti!» spiega sfiorando la mia mano.

«Ma cosa fai?» Faccio una smorfia allontanandomi.

«Non volevo toccarti!» Si scusa, lascio scivolare la rabbia e lo guardo.

«Raul so che forse dirai di no... ritroviamoci tutti noi fuori la sala operatoria. Possiamo provare ad aiutarlo restando tutti uniti!»

«Sono d'accordo.»

Prendo esempio da te.Tempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang